Qui non si tratta di coincidenze, ma di conseguenze obbligate. Che poi il tutto configuri una specie di ripetizione della Storia, anche questo è un fatto. Ma, a occhio, non si presenta solo come farsa...
Quel che sta avvenendo in Europa grazie a quei mostri senza cervello che dirigono l’Unione Europea è piuttosto chiaro, a volerlo vedere.
Prima abbiamo dovuto sopportare trenta anni (qualcuno in più, ma non cambia il discorso) di politiche di austerità. Ossia compressione dei salari, accoppiata al taglio della spesa sociale (welfare, sanità, pensioni, istruzione, ecc.), per favorire la “competitività delle imprese sul mercato mondiale”.
In parole più semplici, è stata sostenuta una politica commerciale neo-mercantilista che privilegiava le esportazioni grazie proprio ai bassi salari (e al limitato costo dell’energia, “calmierato” dai generosi rifornimenti di gas russo a basso costo). Guarda caso, si tratta dei due soli elementi del processo produttivo su cui si può “fare concorrenza”, visto che per tutti gli altri (materie prime, componentistica, ecc.) i prezzi sono internazionali, praticamente uguali per tutti i produttori.
I bassi salari hanno ovviamente compresso la “domanda interna”, ossia i consumi popolari, sopravvissuti in parte grazie a merci cinesi a basso costo (finché i salari di Pechino non sono arrivati molto vicino ai nostri) e a un po’ di rapina coloniale residua in Africa.
Queste politiche pro-imprese che hanno svalutato radicalmente il lavoro e il salario sono state gestite da partiti neoliberisti che mantenevano solo esternamente le apparenze (le insegne, diciamo...) della “sinistra ragionevole”. In mancanza di alternative credibili, la rabbia dei ceti popolari impoveriti si è così andata indirizzando quasi dappertutto sulla destra, più o meno estrema.
Queste politiche pro-imprese fondate sul pauperismo sono alla fine arrivate comunque al punto di rottura economico/sistemico con la guerra in Ucraina (perso il gas russo, auto-tagliate le esportazioni verso Mosca e Pechino per applicare le sanzioni unilaterali decise da Washington) e infine con la radicale frammentazione del mercato globale, ora certificata dai dazi di Trump.
L’“inversione a U” che sarebbe necessaria, secondo una logica economica “responsabile”, si dovrebbe nutrire di salari più alti (se quello che puoi produrre non puoi più esportarlo devi “consumarlo in loco”; ma serve una massa di acquirenti che possano spendere...) e costruzione di rapporti commerciali tra pari con paesi e aree economiche diverse dal “patto euro-atlantico”, peraltro sciolto dal “socio di maggioranza”.
Non sembra però questa la strada presa dalle élite “europeiste”, in realtà in balia di una miriade di lobby (a Bruxelles operano legalmente almeno dieci lobbisti per ogni parlamentare) e di un pugno di multinazionali.
L’idea uscita dal cappello puzza di antica fogna: riarmo e preparazione alla prossima guerra.
Appena si smette di farsi ipnotizzare dalle bandierine e dai discorsi ufficiali, peraltro, si scopre che quegli “800 miliardi” per ReArm Europe non ci sono. Al massimo ce ne stanno 150, ma togliendoli al già deficitario fondo per la “coesione sociale”. Ossia a quelle poche politiche ancora in vita per ridurre le disuguaglianze più clamorose. Al welfare, insomma.
Gli altri 650 andranno messi dai singoli Stati – se li hanno – oppure trovati sul mercato finanziario (pagando interessi più alti, visto che quasi tutti sono già appesi alla riduzione obbligatoria del debito pubblico imposta dall’“austerità”, che comunque continua).
E qui arriva la seconda scoperta. L’unico paese europeo che può riarmarsi abbondantemente grazie al basso debito pubblico è la Germania.
La quale, già da tempo, si era portata avanti con il lavoro in quest’ambito. È per esempio notizia di ieri – fonte: POLITICO, la testata Usa di ascendenza “dem” e per questo finanziata dal quasi soppresso programma UsAid – che l’esercito tedesco ha inaugurato ufficialmente una base militare in Lituania, destinata ad ospitare una brigata corazzata di 5.000 soldati, la 45°, appena costituita.
Si tratta, bisogna notare, del primo dispiegamento permanente di truppe all’estero a partire dalla Seconda Guerra mondiale (altre operazioni militari – come Onu o come “volenterosi” in Afghanistan – erano comunque programmaticamente temporanee). Il che, benché tenuto sotto traccia, è una novità rilevante.
“Abbiamo una missione chiara: garantire la protezione, la libertà e la sicurezza dei nostri alleati lituani sul fianco orientale della NATO”, ha dichiarato il comandante, il generale di brigata Cristoph Huber, “Così facendo, proteggiamo anche il territorio NATO e la Germania stessa”.
Si potrebbe ovviamente contestare questa strana logica, praticamente “israeliana”, per cui la “protezione” del proprio paese, per essere davvero efficace, deve partire da fuori dei propri confini, allargando così di fatto i confini stessi (sia d’accordo oppure no il paese “ospitante”). Ma è inutile, temiamo...
Il progetto della base non è ovviamente nato oggi, ma all’inizio della guerra in Ucraina, sintetizzando spinte all’opera già da tempo. Segno che l’orientamento guerrafondaio come risposta eventuale alla crisi (la crescita economica, in Europa, è sostanzialmente ferma da oltre un decennio...) è stato elaborato piuttosto a lungo. Non si tratta insomma di una risposta improvvisata...
Del resto, si dice apertamente che per la Germania è un passo importante per abbandonare la sua reputazione di “potenza militare riluttante” (disarmata di fatto dal disastro della Seconda Guerra Mondiale). Annunciando le misure, peraltro, il neo cancelliere Friedrich Merz s’è lasciato andare a un terroristico “La Germania è tornata!”
E la Lituania, che confina con l’exclave russa di Kaliningrad e con la Bielorussia alleata di Mosca, considera questa mossa “vitale per la sua sicurezza nazionale”. Scacco matto...
Militarmente parlando la pretesa è quasi ridicola (una brigata in più o meno non cambia i rapporti di forza), ma sul piano diplomatico è evidente che eventuali “mattane” anti-russe fatte da lituani, estoni o lettoni trascinerebbero in un attimo la Germania (e tutta l’Unione Europea) ben dentro una guerra. Con o senza l’ombrello nucleare Usa.
Il posizionamento tedesco tra i baltici rafforza dunque anche il faraonico piano di riarmo polacco – altra piccola potenza ferocemente anti-russa e fin qui pro-statunitense, ora col fiato corto – mettendo ancora più frecce a disposizione dell’arco che questi piccoli guerrafondai senza atomica vorrebbero usare per “mettere a posto definitivamente” la Russia (che invece ne ha in abbondanza). Sembra chiaro che non c’è solo Zelenskij ad aver perso il senso della realtà...
Deliri e ambizioni che ora il riarmo tedesco permette di coltivare meno clandestinamente, rinverdendo passate alleanze e collaborazionismi anti-sovietici della prima metà del secolo scorso.
Sorvoliamo per ora sulla “doppia esposizione” di Varsavia – che si illudeva di poter utilizzare le vie di trasporto tedesche per ricevere armamenti statunitensi, mentre ora si vedrà attraversata da armamenti tedeschi destinati ad est – e vediamo di chiudere il cerchio.
Le politiche di austerità hanno impoverito le popolazioni e fatto riemergere i fantasmi nazisti, persino lì dove era stata posta la massima cura perché ciò non avvenisse (in Germania, appunto, dove cresce l’AfD).
Le politiche di riarmo faranno riempire gli arsenali invece che i frigoriferi e le pance, soprattutto lì dove c’è abbastanza margine di bilancio per finanziare la produzione e/o l’acquisto di armamenti (in Germania, appunto).
Risultato prevedibile (e forse persino previsto e voluto): i neonazisti probabilmente si ritroveranno con una possibilità di andare davvero al governo quando il riarmo tedesco sarà sufficientemente completato.
Bingo.
Senza atomica sarebbe comunque una farsa, anche se molto dolorosa – ancora una volta – per il popolo tedesco e quegli sciagurati europei che si faranno di nuovo abbagliare dalla mitologia del “suprematismo bianco” (quello solo “ariano” era un po’ troppo “restrittivo”, com’era arrivato a teorizzare persino un Breivik qualsiasi...).
Siamo ancora in tempo per evitare che questo “destino” si compia.
Ma, a occhio, è ora di darsi una svegliata...
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