Gli attacchi dell’amministrazione Trump alle università statunitensi stanno crescendo di intensità ma cominciano anche a incontrare resistenza e, paradossalmente, anche con argomentazioni caratteristiche del sistema “proprietario” e privatistico che domina le relazioni sociali negli USA.
La task force dell’amministrazione ha individuato almeno una sessantina di università da sottoporre a revisione perché accusate con il pretesto di “non aver contrastato l’antisemitismo” nelle proteste contro il genocidio dei palestinesi a Gaza e il governo di Netanyahu.
Oltre a tagliare le esenzioni fiscali agli atenei sotto accusa, il governo sta anche valutando la possibilità di rivedere il sistema che le rende idonee a ricevere finanziamenti federali, compresi i prestiti agli studenti e ai ricercatori. Contemporaneamente gli agenti dell’Ice vanno a caccia degli studenti stranieri che sono sono stati protagonisti attivi delle proteste contro il genocidio dei palestinesi.
L’Università di Harvard, la più antica università americana e una delle maggiori università private del paese, ha dato il “la” alla resistenza contro Donald Trump.
Il preside dell’ateneo, Alan Garber, ha dichiarato che Harvard “non rinuncerà alla propria indipendenza né rinuncerà ai propri diritti costituzionali” e che “nessun governo, indipendentemente dal partito al potere, dovrebbe dettare cosa possono insegnare le università private”.
La presa di posizione di Harvard è la risposta al diktat da parte dell’amministrazione Trump di uniformarsi alle richieste che vanno dallo smantellamento delle tendopoli degli studenti pro-palestinesi, alla soppressione dei programmi dedicati alla diversità fino alla revisione dei criteri di ammissione di studenti e professori in base alle loro posizioni politiche e alle loro dichiarazioni pubbliche, anche quelle espresse via social. Ma nell’argomentazione emerge con forza anche la contraddizione tra il carattere “privato” dell’ateneo e l’intromissione “federale”, una contraddizione molto, ma molto, amerikana.
Il preside di Harvard Garber ha infatti spiegato il suo rifiuto di ottemperare ai diktat dell’amministrazione Trump perché questi, “vanno oltre il potere del governo federale” e “minacciano i nostri valori come istituzione privata dedicata alla ricerca, alla produzione e alla diffusione della conoscenza”.
La replica di Trump non si è fatta attendere: “Forse Harvard dovrebbe perdere il suo status di esenzione fiscale – ha scritto su Truth – ed essere tassata come un’entità politica se continua a promuovere ‘malattie’ ispirate/sostenute da politica, ideologia e terrorismo”. Qualche ora dopo l’amministrazione ha annunciato di aver congelato più di 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni e 60 milioni di dollari in contratti con l’università di Harvard.
La Columbia University di New York, che si era subito piegata ai diktat dell’amministrazione Trump dopo il taglio di 400 milioni di dollari di sovvenzioni, ha fatto marcia indietro dichiarando che non accetterà alcune delle misure imposte e così annunciano di fare anche le università di Princeton, Yale e il Mit di Boston.
Nei giorni scorsi la Casa Bianca aveva annunciato di aver già congelato più di un miliardo di dollari per la Cornell University.
L’università già a marzo aveva ricevuto una lettera del Dipartimento dell’Istruzione che la esortava ad adottare misure per proteggere gli studenti ebrei, altrimenti sarebbero state soggette a “potenziali misure coercitive”. La stessa lettera era stata inviata anche ad altri atenei.
C’è poi il crescente clima di repressione e intimidazione dentro e intorno alle università. Nelle ultime settimane, diverse decine di studenti stranieri sono stati arrestati dagli agenti dell’Ice, l’agenzia federale sull’immigrazione, e adesso rischiano l’espulsione. I casi più clamorosi sono quelli di Mohammed Khalil, Rumeyza Ozturk e Mohsen Mahdawi arrestati dagli agenti e in attesa di espulsione. A loro sostegno sono state raccolte più di un milione di firme.
È evidente come dietro le pretestuose accuse di antisemitismo e alle nuove indicazioni sui criteri da introdurre per assunzioni, programmi e ammissioni, emerga la precisa volontà dell’amministrazione Trump di sottomettere al proprio controllo le principali università del paese considerate dalla destra americana come le “incubatrici di eversione progressista e ostili ai valori conservatori”.
Una caccia alle streghe in piena regola. Ma, come in passato ha già spiegato qualcuno, anche negli Stati Uniti prima hanno cominciato con i comunisti... e adesso ce n’è per tutti.
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