Il livello di pensiero a cui si è inabissata la “sinistra comunista” in questo paese è piuttosto bassino, diciamo così. La morte di papa Bergoglio è diventata la cartina tornasole di un malessere ideologico (filosofico, politico, valoriale, vedete voi…) più che preoccupante.
Come scrive una compagna molto saggia, sul delirio acefalo dei social, “Non so se mi danno più ai nervi quelli che attaccano Papa Francesco o quelli che lo esaltano”. Un po’ come sta avvenendo con i reazionari e i “liberal per la guerra”, che prima hanno inveito/sbuffato contro le sue esternazioni e ora ne celebrano la “grandezza”... preparandosi come prima a fare il contrario.
Si deve necessariamente partire, a nostro avviso, dalla serena accettazione del fatto che un papa – qualunque papa, passato e futuro – è il capo della Chiesa cattolica, una istituzione con 2.000 anni di vita che è stata di tutto e di più, nella sua storia. Culla dei Torquemada e riferimento discusso da Camilo Torres, trono dei Woytila e angoscia dei monsignor Romero, riparo dei tanti preti complici del nazifascismo e, all’opposto, degli Ernesto Cardenal.
Che significa? Che stiamo parlando di una religione, non di un partito politico. Di una religione, non di un’ideologia con tanto di statuto filosofico aperto al confronto. Ci credi oppure no, e neanche Anselmo d’Aosta ti potrà aiutare...
Una religione però particolare – il cristianesimo in generale, prima degli scismi (ortodossi, Riforma, sette varie) – che per la prima volta mise in campo un’idea universalistica, contrariamente alle precedenti. Universale nel duplice senso: accessibile a tutti gli esseri umani e postulando il fatto che tutti fossero uguali. Ovviamente davanti a un dio e lasciando che sulla terra le cose andassero come sono sempre andate (patrizi e plebei, nobili e volgo, padroni e proletari, ecc.).
Ma la novità storica – e di pensiero – era dirompente: se tutti gli uomini sono (potenzialmente) uguali viene meno il principio metafisico su cui fondare la differenza tra potenti e schiavi, tra ricchi e poveri. Ci sono poi voluti quasi 2.000 anni per arrivare a concepire – e provare a costruire concretamente – una società di uguali anche sulla terra, senza aspettare l’aldilà.
Ma da lì ha preso piede l’abbozzo di idea. Non a caso, si affermò inizialmente come religione degli schiavi, costretti peraltro a celebrare i loro riti nelle catacombe.
Una religione per di più monoteista – come l’ebraismo prima e l’Islam poi – che andava a rompere per sempre l’illusione criminale che potesse esserci “un popolo eletto da un unico dio”, ossia il fondamento religioso di qualsiasi suprematismo, per fede o razza o classe.
Delle tre religioni monoteiste, va ricordato, solo una – la più vecchia – è rimasta nazionalista o “mono-popolo”, e quando ha incrociato la fase rampante del colonialismo occidentale ha visto nascere al proprio interno l’ala sionista che ora dice esplicitamente di considerare il resto dell’umanità untermenschen. Da eliminare, se intralcia la strada degli “eletti”...
Non è insomma un caso, ma un frutto della Storia e del pensiero marcio suprematista, che tra tante espressioni di cordoglio – spesso ipocrita, a volte sincero – spicchino per virulenza aggressiva i messaggi che circolano nelle chat della comunità ebraica romana (spacciata per completamente schierata con Netanyahu e il genocidio in Palestina). Sulla stessa linea della tardiva cancellazione dell’unico messaggio di cordoglio formale pubblicato inizialmente – un atto burocratico quasi antipatizzante – per decisione del governo genocida.
Qualcosa di molto simile al delirio della deputata trumpiana Marjorie Taylor Greene, che ha pubblicato su X il post in cui dice: “Oggi ci sono stati importanti cambiamenti nella leadership mondiale. Il male viene sconfitto dalla mano di Dio”.
“Non so se mi danno più ai nervi quelli che attaccano Papa Francesco o quelli che lo esaltano”. Anche all’ultradestra, naturalmente...
Ma una religione universalista ha l’ovvia pretesa di poter tenere dentro tutti, anche se non sono mai mancati in nessuna religione gli integralisti che pretendono di far entrare nella testa degli uomini il proprio dio personale a forza di martellate...
Questo significa che noi comunisti, generalmente anche atei (ce ne sono stati e ce ne saranno ancora di cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, confuciani, animisti, ecc), non possiamo giudicare un papa – o un qualsiasi prete – per quel che è (un prete, appunto), ma solo per quel che fa. Come ogni altro essere umano, insomma.
E tra un don Milani e un pedofilo, tra un prete guerrigliero e uno nazigolpista, la differenza la vediamo netta. E la vedono anche gli altri, che siedano a Washington oppure a Tel Aviv o in qualche redazione dalle poltrone instabili...
Del resto già Marx e poi Lenin avevano avvertito sulle “trappole” sparse sul sentiero della critica radical-democratica della religione. Se infatti la religione è “un prodotto necessario della condizione di alienazione in cui versa l’uomo in quelle società che sono impiantate sullo sfruttamento” è di fatto impossibile pretendere che questa scompaia prima dei rapporti sociali che la rendono “necessaria” al potere dominante, se non altro come “illusione” con cui invitare le classi sfruttate a rinviare all’aldilà la prospettiva di una liberazione dalla sofferenza, “alimentando le virtù della pazienza e della rassegnazione”.
Si può insomma essere atei e non mettere la “lotta anti-religiosa” al posto di comando, o ai “primi punti del programma”, per molte ragioni. Perché ciò distrae la classe sfruttata dal suo primo e vero obiettivo: il rovesciamento dei rapporti sociali di sfruttamento. Ma anche perché quella “distrazione”, in molti paesi, rischia di toglierti anche i consensi sociali indispensabili per una rivoluzione.
Sarà un caso, ma anche Mao e Fidel non si preoccuparono affatto della fede religiosa dei rispettivi popoli nel percorso che portò alla vittoria (Lenin mandò i bolscevichi alla manifestazione indetta dal Pope Gapon, nel 1905; certo, con indicazioni precise per trasformare la richiesta pietista in rivoluzione...).
E proprio Fidel seppe distinguere benissimo tra un Woytila che si presentava a Cuba per portarvi una “rivoluzione arancione” ante litteram, dopo la caduta dell’Unione Sovietica (cui aveva pesantemente contribuito in prima persona), e un Bergoglio con cui scambiare opinioni, regali e propositi per un mondo meno infame e diseguale.
La vista è forse il più importante dei sensi. Se non ci vedi bene, se ti sembra tutto uguale, cambia gli occhiali...
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