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20/04/2025

“Senza tregua!”, gridano gli scemi di guerra

C’è un modo piuttosto semplice di individuare i guerrafondai ad oltranza. Semplice, ma infallibile. Basta vedere le reazioni a un qualsiasi segnale di “distensione”, da qualsiasi parte provenga (dando per scontato che, in guerra, difficilmente quel segnale può arrivare da qualcuno che non sia una delle parti in conflitto).

Così il mondo mediatico “europeista” ha reagito malissimo sia alla frustrazione statunitense per l’andamento dei negoziati sull’Ucraina, sia alla imprevista dichiarazione di una tregua pasquale da parte di Putin, valida per 30 ore fino alla mezzanotte di stasera (20 aprile).

Sulla seconda era facile la previsione. Bastava aspettare la solita sparata di Zelenskij – “la tregua è una finta” – per veder allinearsi tutti gli scribacchini mainstream. Del resto, se sei un propagandista di medio livello che fin qui ha applicato lo schema bipolare “tutto quel che viene da Kiev è buono, tutto quel che viene da Mosca è male”, non ti viene più facile soppesare oggettivamente i fatti.

La “prova” che la breve tregua è comunque una “finta” starebbe in un drone che ha colpito nella regione di Kherson, lanciato circa un’ora dopo “l’ora X”, e nei droni che continuano a sorvolare l’Ucraina – senza sparare o bombardare – evidentemente per controllare che l’esercito ucraino non approfitti della sospensione per preparare altre “sorprese”.

Facile anche collegare la decisione di Putin alla frustrazione dell’amministrazione Trump, che il giorno prima aveva platealmente affidato a Marco Rubio – segretario di Stato, ossia ministro degli esteri – il messaggio “Stiamo cercando di capire molto presto, e parlo di pochi giorni… se questa guerra potrà mai finire. In caso contrario, il presidente dirà ‘Abbiamo finito’.”

Di fatto un ultimatum rivolto sia a Mosca che a Kiev: o fate sul serio o rinunciamo a fare da mediatori (e già questa sembra una barzelletta, visto il ruolo degli Usa in questa guerra, sia pure nella “versione Biden”).

La risposta positiva è arrivata dal Cremlino, diplomaticamente accorta e politicamente “furba”. Impossibile definire con sostantivi o aggettivi pubblicabili quelle arrivate da Zelenskij o dai “volenterosi”.

Le domande che ci si sarebbe dovuto porre, qui in Europa, erano semplici ma pesanti come macigni: cosa implica la rinuncia Usa alla trattativa? Continueranno ad armare Kiev come prima o sospenderanno anche l’intelligence satellitare e l’invio di armi?

Tutto per arrivare infine alla domanda da migliaia di miliardi: come potrebbe “l’Europa”, da sola, sostenere credibilmente l’esercito ucraino in disfacimento?

Non è un segreto per nessuno, tantomeno per i militari, che senza il contributo statunitense i paesi europei, sia pur “volenterosi” – Francia e Gran Bretagna, più qualche frattaglia – potrebbero fare ben poco. Al massimo mandare un po’ di truppe proprie, comunque in numero ridotto (si è parlato fin qui di 20.000 uomini) e con poche dotazioni missilistiche convenzionali (i Taurus tedeschi).

Ma col grave rischio di provocare una reazione russa escalatoria, cui non si potrebbe rispondere appellandosi all’art. 5 della Nato. Senza gli Stati Uniti, infatti, l’Alleanza non esiste, operativamente; sarebbe solo un’operazione “volenterosa” per cui sarebbe complicato invocare l’ombrello nucleare Usa dopo aver sfidato le indicazioni di Washington.

Un panorama da “guerra asimmetrica”, ma con stavolta una parte dell’Occidente – quella “muscolarmente scarsa” – nella parte dei destinati ad essere pestati senza poter nemmeno rispondere per le rime.

Un panorama terrificante, per chi ragiona responsabilmente, ossia soppesando le conseguenza delle proprie decisioni e la forza dell’avversario.

Un panorama che non attraversa neanche per un attimo la mente ottenebrata di politici e propagandisti pasciuti del “suprematismo occidentale” – ora ribattezzato dalla nostra non amabile premier “nazionalismo occidentale”, con qualche violenza persino contro il proprio background – e quindi convinti che davanti alla “nostra volontà” gli altri (chiunque altro: sia la derelitta Somalia che la Cina o la Russia) non possano far altri che inchinarsi.

E che quindi procedono senza esitazioni nel perseguire quella che chiamano una “pace giusta”, ossia il ritorno alla situazione pre-2014, prima del golpe filo-occidentale di Majdan, alimentando oltre ogni raziocinante aspettativa una guerra ormai perduta.

Una “pace giusta attraverso una guerra scema”, fino all’ultimo ucraino... In cui rischiamo tutti di finire contando sul fatto che, come sempre, saremo noi – il Popolo – a fare la carne da cannone.

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