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19/04/2025

I costi e i conti del riarmo europeo

Le proposte della Commissione europea sul riarmo, se diventeranno operative, faranno lievitare le spese militari dei paesi della Ue dentro la NATO da meno degli attuali 200 miliardi di euro l’anno nel 2021 a quasi 600 miliardi di euro nel 2029. Anche a occhio si tratta di un cambiamento epocale. Questo imponente aumento di spese militari europee sarà finanziato a debito, anche se non tutti i paesi europei lo considerano accettabile o economicamente sostenibile. Ma non è questo l’unico problema.

Come già segnalato dal Rapporto Draghi sulla competitività, il sistema della difesa europeo resta ancora fortemente frammentato sulla base delle industrie e delle politiche militari nazionali e sul come superare questo problema le proposte della Commissione europea ancora non hanno trovato la quadra.

L’Unione Europea continua a dipendere ancora molto dalle importazioni per gli apparati della difesa. Secondo l’Ispi viene calcolato che il 40% degli approvvigionamenti proviene dall’estero, il doppio rispetto agli Stati Uniti. Dal 2022, un incremento rapido delle spese si è inoltre tradotto nell’acquisto di sistemi d’arma “pronti all’uso”, aggravando però questa dipendenza e portando le importazioni al 70-80% dell’ approvvigionamento.

Il piano della Commissione europea prevede che i 150 miliardi di euro di acquisti comuni dovranno essere riservati per almeno il 65% all’industria europea, e per il 35% ai soli paesi terzi che abbiano siglato “patti di sicurezza” con l’UE, dove in posizione prevalente ci sono gli Stati Uniti e Israele.

L’Ispi riporta un sondaggio tra esperti di difesa europea dove viene indicato come l’orizzonte temporale immaginato dalla Commissione per rendere l’Europa militarmente “autonoma” dagli Stati Uniti (4 anni), potrebbe essere solo appena sufficiente. In alcuni sistemi critici (intelligence e sorveglianza dallo spazio, soppressione delle difese aeree nemiche e attacco a lungo raggio), il tempo necessario sarà quasi sicuramente superiore.

C’è poi il tema degli investimenti nel comparto difesa. Dall’attacco russo all’Ucraina del febbraio 2022 a oggi, in Italia sono stati piuttosto contenuti. In particolare, gli investimenti per nuovi equipaggiamenti sono rimasti sostanzialmente fermi a 7 miliardi di euro l’anno. In confronto, oggi la Germania ne spende 26 (erano 9 solo quattro anni fa), la Francia 17 e la Polonia 16. Spagna e Paesi Bassi, che nel 2021 investivano la metà dell’Italia, l’hanno raggiunta o addirittura superata.

Per l’Italia, le proposte della Commissione potrebbero tradursi in una ulteriore spesa per 95 miliardi di euro in quattro anni, di cui almeno 12 entro la fine del 2025. Se, come sembra probabile, l’Italia scegliesse di finanziare questo incremento a debito, il deficit pubblico italiano (oggi al 4%) anziché ridursi gradualmente fino al 3% rischia di risalire fino al 4,6%.

Le proposte della Commissione europea prevedono maggiori spese per 800 miliardi di euro in quattro anni. Il nodo però è come spendere i 650 miliardi di euro previsti “a debito”, forzando le rigide regole del Patto di stabilità che per tre decenni hanno martoriato con l’austerity i bilanci e le spese sociali di molti paesi aderenti alla UE.

L’obiettivo del piano è quello di aumentare le spese militari dei paesi NATO dell’UE dal 2% del PIL (raggiunto in molti casi già l’anno scorso) a circa il 3,5% entro il 2029.

Se l’Unione Europea dovesse davvero realizzare gli obiettivi indicati della Commissione, nel 2029 la spesa militare in Europa arriverebbe a circa 580 miliardi di euro: quasi il doppio rispetto ai 305 miliardi spesi nel 2024, oltre il triplo se confrontati con i 190 miliardi spesi nel 2021.

Il piano della Von der Leyen distribuisce l’aumento delle spese militari in proporzione al PIL dei singoli paesi. La spesa militare tedesca ad esempio, passerebbe dai 90 miliardi di euro attuali a circa 170 nel 2029, rendendo la Germania una potenza militare di notevoli dimensioni. Un inquietante salto indietro nella storia europea.

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