Dispiega i suoi i suoi effetti l’indebolimento dell’Asse della Resistenza, in particolare dalla caduta della Siria baathista in poi. Le varie fazioni palestinesi protagoniste del “diluvio di Al-Aqsa”, che prima godevano di libertà di movimento in Siria e, di riflesso, in parte anche in Libano e altrove, ora sono oggetto di attacchi e arresti pretestuosi, che evidenziano come sia in atto una strategia coordinata fra paesi arabi, in particolare Siria, Giordania e Libano, per reprimerle e normalizzare il quadro politico palestinese.
Anche nell’ambito delle trattative per riprendere il cessate il fuoco a Gaza, la Giordania preme per esiliare migliaia di combattenti di Hamas.
In questa situazione, cerca di riemergere e di reimporsi come interlocutore unico l’Autorità Nazionale Palestinese, per trarre vantaggio dell’indebolimento degli altri; le trattative che, nei mesi scorsi, erano state spinte dalla Cina e da altri soggetti per cercare un accordo fra tutte le fazioni palestinesi, che facesse entrare Hamas nell’OLP e stabilisse forme di governance unitaria su Gaza, sembrano naufragate.
Tuttavia, l’amministrazione USA – verso i quali questi soggetti (Siria, Libano, Giordania, ANP) lavorano per apparire interlocutori credibili – non sembra dar loro credito, ma è concentrata nell’interlocuzione, oltre che con l’alleato sionista, con quelle che ritiene le vere potenze regionali, amiche o nemiche che siano, ovvero Arabia Saudita, Turchia e Iran.
Sulla linea di condotta della nuova Siria qaedista verso i Palestinesi abbiamo già riportato in dettaglio.
Riportiamo ora un articolo di Al-Akhbar riguardante gli attacchi ad Hamas portati qualche giorno fa da Giordania e Libano.
Anche nell’ambito delle trattative per riprendere il cessate il fuoco a Gaza, la Giordania preme per esiliare migliaia di combattenti di Hamas.
In questa situazione, cerca di riemergere e di reimporsi come interlocutore unico l’Autorità Nazionale Palestinese, per trarre vantaggio dell’indebolimento degli altri; le trattative che, nei mesi scorsi, erano state spinte dalla Cina e da altri soggetti per cercare un accordo fra tutte le fazioni palestinesi, che facesse entrare Hamas nell’OLP e stabilisse forme di governance unitaria su Gaza, sembrano naufragate.
Tuttavia, l’amministrazione USA – verso i quali questi soggetti (Siria, Libano, Giordania, ANP) lavorano per apparire interlocutori credibili – non sembra dar loro credito, ma è concentrata nell’interlocuzione, oltre che con l’alleato sionista, con quelle che ritiene le vere potenze regionali, amiche o nemiche che siano, ovvero Arabia Saudita, Turchia e Iran.
Sulla linea di condotta della nuova Siria qaedista verso i Palestinesi abbiamo già riportato in dettaglio.
Riportiamo ora un articolo di Al-Akhbar riguardante gli attacchi ad Hamas portati qualche giorno fa da Giordania e Libano.
*****
Da Amman a Beirut: si intensifica la campagna regionale per isolare Hamas
Da Amman a Beirut: si intensifica la campagna regionale per isolare Hamas
Amal Khalil – Al Akhbar
In un solo giorno, Hamas si è ritrovata al centro di una crescente campagna regionale, con eventi occorsi in Giordania e Libano che riguardavano accuse relative a disordini pubblici e attività legate alle armi.
Tutto era iniziato in Giordania con lo smantellamento di una “cellula terroristica”, per poi estendersi rapidamente al Libano, dove le autorità hanno avviato una serie di arresti e raid, suggerendo l’esistenza di un più ampio allineamento regionale con le richieste israeliane e americane di contenere il gruppo.
Le autorità giordane hanno annunciato l’arresto di 16 individui, sostenendo che fossero legati ai Fratelli Musulmani e coinvolti nella pianificazione di attacchi e nella fabbricazione di razzi.
La Giordania ha informato Beirut che la cellula si era addestrata in campi affiliati ad Hamas, innescando un’ondata di arresti in Libano, in particolare in aree come Beirut, Sidone, Tiro e Nabatiyeh. L’esercito libanese ha anche annunciato di aver arrestato il gruppo responsabile dei recenti lanci di razzi contro la Palestina occupata.
Secondo Al-Akhbar, da marzo sono state arrestate più di trenta persone per attività missilistica. Solo tre sono ancora in stato di fermo: due palestinesi e una donna libanese, arrestate ad Al-Zahrani. I detenuti hanno affermato di aver agito in modo indipendente per solidarietà con Gaza, sebbene una fonte di sicurezza li abbia collegati ad Hamas e un’altra abbia riferito che le impronte digitali di un detenuto corrispondevano a quelle trovate su un lanciarazzi, innescando ulteriori raid.
Contemporaneamente, i servizi di sicurezza libanesi hanno arrestato persone con l’accusa di traffico di armi. In un caso, quattro palestinesi e un libanese sono stati arrestati per aver contrabbandato armi dal campo di Rashidieh; il leader del gruppo ha ammesso di essere affiliato ad Hamas, ma ha insistito sul fatto che l’attività fosse per motivi personali.
Altri due palestinesi sono stati arrestati a Sidone – un figlio di un funzionario di Hamas, l’altro un parente – con accuse simili. Ulteriori arresti si sono verificati nella Bekaa, sebbene la maggior parte sia stata successivamente rilasciata. Anche un alto funzionario di Hamas detenuto a Beirut è stato rilasciato, e un uomo del campo di Nahr al-Bared rimane in custodia per presunta raccolta fondi.
Fonti di Hamas hanno espresso sorpresa per il collegamento tra gli arresti in Libano e la “cellula giordana”, suggerendo che l’obiettivo sia riaprire il dossier sul possesso di armi da parte delle fazioni palestinesi, con il pretesto di misure di sicurezza. Hanno riconosciuto l’uso di armi nel Libano meridionale in coordinamento con Hezbollah a sostegno di Gaza, ma hanno sottolineato di aver aderito al cessate il fuoco e di non aver intrapreso alcuna azione per violarlo.
Gli osservatori ritengono che la campagna faccia parte di un più ampio sforzo regionale per indebolire le fazioni della resistenza, in particolare in Libano, Siria e Giordania, per assecondare le pressioni di Stati Uniti e Israele e in continuità con gli sforzi per disarmare Hezbollah.
In Libano, si stanno moltiplicando le richieste di disarmare i campi profughi ed espellere alcuni leader palestinesi. In Siria, il presidente ad interim Ahmad al-Sharaa ha già iniziato a chiudere gli uffici delle fazioni e a espellere alcuni esponenti. Queste azioni contrastano con il trattamento riservato a Fatah e all’Autorità Nazionale Palestinese, che rimangono protetti grazie alla loro cooperazione con i governi ospitanti.
Si prevede che il presidente palestinese Mahmoud Abbas visiterà presto la Siria e il Libano per incontrare funzionari governativi e leader di fazione.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento