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25/04/2025

Un 25 Aprile all’altezza delle sfide

Mai come dopo ottanta anni dalla Liberazione del paese dal nazifascismo e dalla fine della Seconda Guerra Mondiale il Mondo in cui viviamo sta facendo i conti con i mostri che pensava di aver seppellito otto decenni fa.

Le contraddizioni che portarono al più devastante conflitto in Europa sembrano addensarsi una in fila all’altra: guerre commerciali, riarmo, competizione esasperata sui mercati e sul piano ideologico.

Come ci ricorda lo storico Graham Allison le guerre vengono scatenate sicuramente per motivi economici e geopolitici (e questi ci stanno tutti), ma anche per “questioni di onore”, ovvero reputazione e perdita di autorevolezza di questo o quel governo. E le classi dominanti europee oggi danno questa esatta sensazione, alimentando un avventurismo militare estremamente pericoloso.

La sconfitta del nazifascismo che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale aprì una nuova fase storica dopo quella che con la Prima Guerra Mondiale aveva messo fine alla Belle Epoque, ossia la prima grande globalizzazione del sistema capitalista mondiale avviata negli ultimi venti anni dell’Ottocento.

In quella nuova fase storica i comunisti ebbero un ruolo da protagonisti, sia perché in molti paesi avevano dato vita alla Resistenza partigiana contro l’occupazione nazista, anche senza attendere l’arrivo delle truppe alleate o sovietiche, sia perché i comunisti misero in campo una idea di società alternativa a quella delle disuguaglianze e della guerra che aveva trascinato il Mondo nella catastrofe.

I liberali in Occidente si professano antinazisti e anticomunisti e così hanno provato a riscrivere la storia in Europa a loro immagine e somiglianza.

Ma è sufficiente grattare appena un po’ sotto la superficie di documenti come la Risoluzione adottata e rinnovata ogni anno dal Parlamento europeo, per verificare come siano molto più determinati come anticomunisti che come antinazisti. Nel secondo caso il loro timore riguarda la sfera della politica, nel primo, oltre la politica, riguarda soprattutto la rimessa in discussione dei rapporti di proprietà, un tema al quale liberali e capitalisti sono molto più sensibili che alla stessa libertà.

È questa la ragione per cui una certa retorica antifascista liberale non può che suscitare forti perplessità.

Anche in Italia l’antifascismo liberale – di destra e “di sinistra” – si limita a condannare gli errori del fascismo limitandoli a quelli della entrata in guerra e delle leggi razziali. Di tutto il resto se ne vorrebbero far perdere le tracce, talvolta in modo sfrontato, altre invitando “alla sobrietà” nelle celebrazioni del 25 aprile.

L’antifascismo a intermittenza e limitato ad un “lontano passato” è diventato spesso una critica debolissima e del tutto inefficace, soprattutto per le nuove generazioni, alle quali andrebbero invece spiegate le responsabilità del neofascismo anche dal dopoguerra a oggi, quello coinvolto nelle stragi di stato, negli omicidi politici, nel sostegno a tutte le avventure belliche all’estero e reazionarie all’interno.

Alla prova del fuoco – la guerra – possiamo dunque verificare come le convergenze tra destra (neofascista o liberale) e liberali di “sinistra” diventino fin troppo evidenti, nei linguaggi come nelle scelte concrete, sia sul fronte ucraino che su Gaza. Ed è così che assistiamo alla stessa complice inerzia verso un genocidio in corso, quello dei palestinesi.

Questo 25 aprile ha un suo grande valore politico non solo perché celebra a cifra tonda l’anniversario della Liberazione del nostro paese e della sconfitta del nazifascismo in Europa. Per noi è stato sempre un momento per rivendicare il diritto alla resistenza di ogni popolo, incluso quello palestinese.

Ma il 25 aprile di quest’anno sarà anche un passaggio della urgente mobilitazione contro la guerra e il riarmo delle prossime settimane e della rivendicazione del ruolo dei comunisti nella sconfitta del nazismo che in tanti intendono a negare, rimuovere o addirittura criminalizzare.

Facciamo sì che ogni giorno che ci attende sia un 25 Aprile, una resistenza tenace, permanente, offensiva.

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