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17/04/2025

Gloria e morte alla nuova tecnologia

“Morte a Videodrome, gloria e vita alla nuova carne” era il motto ripetuto da Max Renn, in Videodrome (1983), prima di uccidersi con un colpo di pistola. La “nuova carne” sono le escrescenze tumorali provocate dalla visione della terribile trasmissione Videodrome, che si insinua nei salotti delle case canadesi e americane nei primi anni Ottanta, in un momento in cui si infittiscono – anche qui da noi – le televisioni private che trasformano gli individui in esseri robotici dotati di telecomando, rigorosamente rinchiusi fra le mura domestiche. Al posto dello schermo televisivo e della “nuova carne” provocata dalla visione di Videodrome, nel nuovo film di David Cronenberg, The Shrouds (2024), abbiamo la nuova tecnologia che si insinua nei più reconditi interstizi della morte. Perciò, “gloria e morte alla nuova tecnologia”: “morte”, in questo caso, nel senso antitetico di poter durare di più e di poter essere ancora più pervasiva accompagnando gli individui fin nella tomba. Il produttore di video industriali Karsh, interpretato da Vincent Cassel (fa un po’ impressione vedere Cassel anziano ed elegante – lo ricordiamo soprattutto per la sua interpretazione del ragazzo di banlieue in L’odio di Kassovitz – acconciato per somigliare a Cronenberg), il protagonista del film, non riesce a rassegnarsi alla perdita della moglie Becca e fa allestire un tecnologico cimitero nel quale può osservare, tramite schermi particolari, il processo di decomposizione del corpo. Gli “shrouds” del titolo sono dei sudari dotati degli ultimi ritrovati della tecnologia che avvolgono il corpo dei defunti, permettendo appunto la visione.

Se in Videodrome la tecnologia anni ’80 degli schermi televisivi si insinuava nelle coscienze delle persone, manipolando la sfera sensoriale e percettiva tramite nuove escrescenze di carne, in The Shrouds le nuovissime tecnologie penetrano fin nella tomba, avvolgendo gli esseri umani per l’eternità. Non ci si può staccare dai defunti, lo dimostra pienamente l’angoscia lancinante che avvolge Karsh, elegante uomo d’affari circondato dai più raffinati strumenti tecnologici; ha perfino una specie di avatar della moglie defunta, creato dalla IA, Hunny, che compare nel suo smartphone offrendogli i più svariati consigli. Eppure, Karsh, figlio della più artefatta contemporaneità tecnologica e dei suoi strumenti, non riesce a staccarsi dalla moglie defunta e utilizza quegli stessi strumenti per scendere sottoterra con lei. La credenza nella tecnologia sostituisce la credenza in pratiche magiche, diffusesi largamente nell’Europa orientale del Settecento, legate alla resurrezione dei cadaveri. Come l’uomo del Settecento, nelle remote lande orientali dell’Europa, crede nei vampiri che vengono a cercarlo di notte, così Karsh e gli individui contemporanei credono nella tecnologia che riesce a eliminare la distanza lancinante dai propri cari defunti. I sudari tecnologici non sono troppo diversi dai sudari che, secondo quella stessa credenza, venivano ‘masticati’ dai defunti redivivi (cfr. F. P. de Ceglia, Vampyr. Storia naturale della resurrezione, Einaudi, Torino, 2023, p. 120 e seguenti). Non a caso, in alcune sequenze oniriche, Karsh viene visitato nottetempo dalla moglie rediviva, col corpo segnato da orrende ferite, che si corica sul letto vicino a lui: l’immagine del revenant della defunta è provocata dall’ossessione per la tecnologia, dalla valenza ‘demonica’ e magica di essa, che crea figure fantasmatiche e vampiresche.

Gli uomini obnubilati dalla tecnologia sono poco diversi da coloro che ripongono una cieca fede nelle superstizioni e nelle pratiche magiche. Il revenant di Becca non è provocato dall’influsso misterioso di uno sconosciuto pianeta “pensante” come in Solaris (1972) di Andrej Tarkovskij, tratto dal romanzo di Stanislav Lem ma da una tecnologia divenuta quotidiana, insinuatasi nei più piacevoli e intimi spazi domestici. Così, Hunny, la IA, si insinua negli angoli più reconditi dell’altrettanto ipermoderna casa di Karsh, manipolando e controllando la sua identità. Al posto dello schermo anni ’80 che campeggiava nel salotto di Renn, nella casa di Karsh ci sono smartphone e schermi ultrapiatti dei computer, telecamere e sensori, una intelligenza artificiale parlante che sembra provare emozioni e percezioni umane. Se nel 1961, in cui Stanislav Lem ha scritto Solaris, o nel 1972, in cui Tarkovskij ha realizzato il suo adattamento, i revenant sotto forma di inquietanti cloni dei propri cari defunti potevano provenire solo dalle plaghe più misteriose dello spazio profondo, quindi dalla fantascienza, nel 2024 essi giungono dalla tecnologia e non si tratta più di fantascienza. La tecnologia è reale, non è fantascienza e non è nemmeno più magia o superstizione. È un sostituto di essa che pervade le vite – e anche le morti, come vediamo nel film – degli individui.

Karsh è un burattino nelle mani della tecnologia: come si affida al suo cimitero tecnologico per stare vicino a Becca, così ugualmente si affida a Hunny e alla sua Tesla a guida autonoma nella quotidianità. Il marchio “Tesla” che campeggia sul volante mentre Karsh viene letteralmente condotto dall’auto, è la sineddoche mostruosa dei nuovi stregoni e maghi della contemporaneità, i potenti manager delle corporation globali. Uno di questi è proprio Elon Musk, reggitore dei fili della magia contemporanea, instillatore di nuove credenze nel pubblico dei media, capace di dare adito a sempre nuove teorie di complotto o negazionismi climatici di ogni tipo. C’è un nesso inequivocabile tra crescita esponenziale delle nuove tecnologie e dei loro manager inseriti nella bolla del capitalismo globale e nuove teorie di complotto che vanno ad impattare sull’inesorabile riscaldamento globale che stiamo attraversando. Se in Videodrome nessuno poteva salvarsi dall’avvento della “nuova carne”, dalla pervasività degli schermi televisivi, in The Shrouds la contemporaneità ipertecnologica non ci lascia scampo e ci segue ovunque, senza requie, fin in quella “tomba ignuda” di leopardiana memoria.

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