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27/04/2025

Effetto dazi: Apple vuole trasferire la produzione di iPhone per gli USA in India

Mentre, secondo Bloomberg, la Cina sta valutando di esentare dalle sue tariffe al 125% alcuni prodotti statunitensi (attrezzature mediche, sostanze chimiche, aerei in leasing, prodotti della filiera dei semiconduttori), e allo stesso tempo Pechino nega ogni tipo di contatto con la Casa Bianca, Apple corre ai ripari di fronte allo scenario di guerra commerciale.

Il Financial Times, infatti, ha riportato che alcune sue fonti confermano la volontà della compagnia con sede a Cupertino di rilocalizzare le attività di assemblaggio degli iPhone venduti negli States in India, già dalla fine del 2026. Una mossa che, se portata a termine, sarebbe un esempio enorme di reshoring delle filiere nella frammentazione del mercato mondiale.

Non è un fulmine a ciel sereno: da tempo la società sta portando avanti la diversificazione delle proprie forniture e cerca nuovi e vantaggiosi luoghi dove portare avanti l’assemblaggio dei suoi dispositivi. È chiaro che se ora si vuole accelerare questo processo con decisione, ciò sarebbe un segnale importante di come ci si aspetti che il braccio di ferro con la Cina sia destinato a peggiorare.

Apple ha già segnalato una perdita di capitalizzazione pari a 700 miliardi di dollari, a causa dell’esposizione delle sue filiere a questo tipo di turbolenze commerciali. E non a caso, tra fine marzo e i primi giorni di aprile, si era affrettata a far arrivare quanti più telefoni possibile dai siti indiani, e ora probabilmente vuole mettersi ai ripari prima di altre crisi.

Anche i dati economici confermano come questa decisione proverrebbe dalla poca fiducia in una risoluzione del contrasto commerciale con Pechino. I costi di produzione in India sono maggiori di quelli cinesi di circa il 5-8%, rivela Reuters, con picchi fino al 10%. E rimane il nodo per cui molti dei componenti assemblati sono ancora prodotti in Cina.

Ma se consideriamo i dazi reciproci, anche se gli iPhone sono stati momentaneamente esentati dalle pesanti tariffe statunitensi, rimangono quelli di base del 20% per tutti i prodotti cinesi. La tariffa imposta a Nuova Delhi è del 26%, ma anche questa è stata sospesa e, stando alle parole del vicepresidente statunitense Vance in visita in India, i due paesi sono a un buon punto di un accordo commerciale bilaterale.

Spostare la produzione dei telefoni Apple negli impianti indiani significherebbe fare in modo che da essi escano la maggior parte degli oltre 60 milioni di iPhone venduti annualmente negli USA. Ad oggi, l’80% di questi proviene dal Dragone, un risultato raggiunto in circa due decenni di rapporti economici che ora vorrebbe essere ridirezionato nel giro di pochi mesi.

L’impegno è di proporzioni enormi, se si considera che il Financial Times lo quantifica in un raddoppio della produzione attualmente realizzata in India, che è comunque diventata uno degli hub mondiali dell’assemblaggio di smartphone. Apple ha importanti contratti con attori centrali del settore come la taiwanese Foxconn e l’indiana Tata Electronics.

Alla richiesta di commenti sia Apple sia Foxconn non hanno ancora risposto, mentre Tata ha proprio rifiutato di rilasciare qualsiasi dichiarazione in merito. Va però segnalato che le due compagnie poste sotto contratto dall’azienda statunitense già dallo scorso anno hanno cominciato a importare set di componenti pre-assemblati dalla Cina.

Il fatto che Foxconn e Tata abbiano in costruzione due stabilimenti in India, oltre ai tre già esistenti, fa pensare che ci si stia effettivamente preparando a un salto industriale significativo. Il 28% degli oltre 232 milioni di iPhone spediti nel 2024 erano diretti verso gli States: è di quest’ordine di produzione che parliamo, che rappresenterebbe un profondo cambiamento delle filiere globali.

Anche Google, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe avviato trattative con la multinazionale indiana Dixon Technologies per spostare dal Vietnam (sottoposto a dazi al 46% e meta di una recente visita di Xi Jinping) la produzione del suo smartphone Pixel. Tutto dipende dalla buona riuscita delle trattative commerciali, cosa di cui Trump potrebbe approfittarne sul piano strategico.

Garantire a Nuova Delhi più accondiscendenza sulle tariffe, mentre le Big Tech spostano in India parte delle loro attività, con significativi ritorni economici per il paese, potrebbe diventare uno strumento del tycoon per indebolire la solidità dei BRICS che, come già accenatto per il dollaro, sono la principale minaccia alla decadente egemonia stelle-e-strisce.

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