Ieri, il Tg3, nell’edizione delle 12, ha dedicato uno dei titoli di apertura e poi un lungo servizio all’attacco russo sulla città ucraina di Kryvyi Rih. Un attacco vile compiuto contro dei civili, condotto con missili balistici e che ha causato 18 morti tra i quali 6 bambini. Un attacco orribile e nessuna giustificazione può valere quando si bombardano dei civili innocenti.
Mentre, invece, all’attacco aereo israeliano alla scuola “Dar Al-Arqam”, nel quartiere di al-Tuffah, a nord-est della città di Gaza, che ospitava unicamente sfollati, che ha coinvolto diversi missili ad alto potenziale distruttivo, uccidendo oltre 130 persone, per lo più donne e bambini, e ferendone centinaia, sempre il Tg3 delle 12 ha dedicato pochissimo spazio con la consueta conta dei morti messa in fondo alla notizia.
E come se non bastasse, al termine della stesso telegiornale, la testata Rai ha mandato in onda un servizio sulla strage del 7 ottobre 2023 contenente una narrazione di quei fatti perfettamente in linea con i dettami dell’hasbara, dalla quale, sono sparite tutte le responsabilità israeliane emerse successivamente sull’applicazione della famigerata direttiva Hannibal e che ha ripetuto le trite e ritrite fake news sulle violenze sessuali e sulle torture subite dagli ostaggi israeliani, peraltro smentite ampiamente dagli stessi ostaggi (come ha fatto, ad esempio, Noa Argameni in conferenza stampa) e perfino dai media mainstream, New York Times compreso.
Appena ieri, giravano on line (bada bene) le scene devastanti del pesantissimo attacco aereo israeliano alla scuola “Dar Al-Arqam”. Nei video si vedono persone in mezzo al fumo delle bombe che corrono terrorizzate e corpi resi irriconoscibili dalle esplosioni. Quei corpi, tra cui principalmente quelli di donne e bambini, sono arrivati all’ospedale smembrati e carbonizzati, per la maggior parte a pezzi.
Una strage orribile che, tuttavia, è stata raccontata dai principali mezzi di informazione occidentali con poco risalto e sempre dopo il solito incipit “proseguono le operazioni militari dell’esercito israeliano a Gaza...”. Una cosa normale, insomma...
Lì, a Gaza, non ci sono giornalisti internazionali, lì non si raccolgono testimonianze. Lì, dentro il lager-Gaza, non ci sono inviati dei grandi mezzi di informazione occidentali ma solo giornalisti palestinesi che vengono sistematicamente uccisi dai cecchini israeliani. Ed oltre ai giornalisti-martiri palestinesi, a documentare i continui massacri ai danni della popolazione civile di Gaza, ci sono i video prodotti con i cellulari dei civili scampati alla morte.
Tutti quegli orrori vengono nascosti o minimizzati dal grande sistema mediatico occidentale e, dopo la rottura della tregua, se ne sta parlando ancora di meno: il genocidio del popolo palestinese è, ormai, normalizzato, a Gaza come in Cisgiordania.
Ma stessa sorte spetta, ad esempio, alla minoranza alawita in Siria che continua ad essere massacrata, in questi giorni, dalle forze para-governative del nuovo regime siriano dei tagliagole qaedisti di al Jolani, che, a dispetto del suo recentissimo passato, ora gode di ottimi rapporti con l’Occidente e, soprattutto, con l’Unione Europea che gli ha tolto le sanzioni e sostiene attivamente la sua opera di “transizione”.
Ed analoga sorte spetta anche alla popolazione yemenita, la quale, dopo un decennio di bombardamenti sauditi sostenuti da diversi paesi occidentali, ora viene attaccata anche dai caccia USA ed Israeliani. Un paese, lo Yemen, che, dopo oltre un decennio di conflitto, continua a vivere una delle crisi umanitarie più gravi del nostro tempo. Ma anche di questa vicenda, se prima si diceva assai poco (in genere a notte fonda, su Rai3) ora non si dice più nulla.
Insomma, siamo davanti all’applicazione sistematica di uno sconcertante e vergognoso metodo dei due pesi e delle due misure, ovvero, di ciò che, con un anglismo, ormai siamo usi a chiamare “doppio standard”. Ma quella che divide le vittime in umani (quelli come “noi”) e subumani (tutti gli altri) non è più informazione: è propaganda di guerra.
Ed ora che l’Unione Europea chiama i suoi cittadini alla guerra (ed all’economia di guerra) mi ritorna in mente un lontano avvertimento che fece Giulietto Chiesa alcuni anni prima di lasciarci: attenzione, le guerre moderne non iniziano più con le armi e le bombe. Iniziano con le bombe mediatiche, con i titoloni dei giornali che indicano ossessivamente e compulsivamente il prossimo nemico.
Demonizzazione del nemico e disumanizzazione delle vittime dei crimini compiuti dai paesi nostri “partner” (come ha definito Israele l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, Kaja Kallas, durante una una recentissima visita nello “stato ebraico”) sono due facce della stessa medaglia: propaganda bellica al servizio dell’ideologia e del culto della guerra.
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