Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

04/04/2025

Quei dazi calcolati “a caso”

Viene giù tutto, e pure in picchiata. Le borse di tutto il mondo hanno reagito decisamente male all’ordine esecutivo di Trump che ha imposto dazi all’intero pianeta.

A Wall Street, ieri sera, l’indice Dow Jones ha chiuso perdendo il 3,11%, mentre il Nasdaq (i titoli delle aziende tecnologiche) ha lasciato sul terreno il 3,79%. Stessa situazione, grosso modo, per le piazze europee ieri ed anche stamattina, accompagnate da quelle asiatiche che hanno lavorato quando qui è notte (Tokyo e Seul, visto che in Cina è un giorno festivo).

In decisa controtendenza solo la borsa di Mosca, che guadagna intorno al 2%. Si vede che le “sanzioni durissime” euroatlantiche hanno messo in ginocchio la Russia, no?

Con la solita ironia Maria Zakharova, portavoce del ministero degli esteri, ha infierito sull’Unione Europea: “La Russia commercia ormai pochissimo con l’America o con l’Unione Europea: abbiamo sostituito i MacDonald con ristoranti e prodotti locali, abbiamo sostituito Ikea con i nostri artigiani. E nonostante le sanzioni continuiamo a svilupparci, nel primo trimestre del 2025 la crescita sarà di circa il 3%.
Quindi non c’è bisogno di agitarsi. Seguiremo il consiglio di Lao Tzu e ci siederemo in riva al fiume, aspettando che il corpo del nemico passi galleggiando. Il cadavere in decomposizione dell’economia dell’UE”
.

Battute a parte, “i mercati” sembrano preoccupati non solo dai dazi – che in fondo erano ormai attesi e in qualche misura già “scontati” dalle quotazioni delle settimane scorse – ma soprattutto dalle minacce di recessione (il primo trimestre negli Usa sembra che si chiuderà con un terrificante -3,7% del Pil) e dall’incredibile modo in cui sono state calcolate le percentuali da applicare ad ogni singolo paese.

Già ieri, a botta calda, il Financial Times era inorridito davanti a tanto pressapochismo. Ma con il passare delle ore la “formula” con cui sono stati “pesati” i singoli dati è apparsa come uno scherzo da idioti. Che purtroppo guidano la prima superpotenza del pianeta...

L’amministrazione Trump, infatti, non ha preso per nulla in considerazione gli eventuali dazi effettivamente applicati da ogni singolo paese nei confronti di merci e servizi Usa, ma ha semplicemente calcolato il differenziale presentato dalla singola bilancia dei pagamenti.

Come sintetizza il prof. Marco Veronese Passarella, “Se, ad esempio, il disavanzo commerciale USA con l’UE è di 200 mld, mentre le importazioni USA di prodotti UE sono state di 510 mld, allora il dazio implicito UE su prodotti USA è calcolato come: 200/510 = 0.39 = 39%”.

A quel punto viene fatta una divisione a metà ed esce fuori il presunto “dazio reciproco arrotondato” pari al 20% (effettivamente deciso per l’area UE).

Un simile modo di calcolare è da idioti – ripetiamo – non solo perché mette insieme “capra e cavoli” (fattori economici completamente differenti), ma in prims perché totalmente astratto rispetto a quel che viene materialmente scambiato tra due paesi. E infatti il Financial Times ironizzava pesantemente chiedendo “e le banane?”.

Due parole sono necessarie per capire la battuta. In qualsiasi “mercato”, anche precapitalistico o futuristico, si scambiano prodotti diversi provenienti da ambiti specializzati, per motivi industriali o anche semplicemente naturali. Nei mercati antichi, per dire, si incontravano prodotti provenienti dalle montagne e si scambiavano con quelli delle pianure e del mare (o dei fiumi).

“Le banane”, insomma, non crescono negli Stati Uniti e dunque, se si vogliono avere a tavola, vanno importate. Magari da paesi poverissimi che hanno individuato in quel prodotto l’unica cosa che possono mandare in Occidente o altrove, autocondannandosi spesso alle “monoculture” che rischiano di distruggerli sia sul piano ambientale che economico (se “cambia la moda” o qualcun altro produce a prezzi ancora inferiori).

Quei paesi, proprio perché poveri, difficilmente acquisteranno molto dagli Stati Uniti, e dunque la bilancia commerciale reciproca sarà totalmente sbilanciata, forse fino al 100%. Applicare un dazio del 50% a quel paese, dunque, magari ridurrà la domanda di banane da parte dei cittadini Usa (che si ritroveranno il prezzo decisamente aumentato), ma non cambierà di una virgola il rapporto economico quantificato dalla bilancia commerciale. Invece di un miliardo l’anno quel paese esporterà banane negli Usa magari solo per 500 milioni, ma lo “sbilancio” sarà comunque del 100%.

È questo modo di “fare i calcoli” che ha portato a decidere sanzioni anche per isole sperdute, coperte di ghiaccio e di neve, abitate quasi solo da… pinguini, come le Heard e McDonald, al largo dell’Antartide.

Ma l’esempio delle “banane” ci aiuta anche a intuire le possibili reazioni ai dazi. Chi le produce, non potendone più vendere nella stessa misura agli Usa, sarà costretto a mangiarsele (“domanda interna”) oppure a cercare nuovi clienti. E magari ne troverà anche di disposti a pagare un prezzo migliore.

La rottura del “mercato globalizzato”, insomma, mette in moto reazioni e alternative fin qui impensabili. Ma adesso disperatamente necessarie...

L’Unione Europea monopolizzata dai lobbisti delle multinazionali sembra ora decisamente avviata sulla strada del riarmo per tornare a “controllare le filiere” di rifornimento delle risorse di cui è priva, come ai “bei tempi” del colonialismo bruto. Purtroppo per lei quasi da nessuna parte troverà ancora i “poveri selvaggi” senza armi né cognizione delle dinamiche di mercato. Il suprematismo bianco ha fatto il suo tempo: deve solo decidere se entrare in guerra col resto del mondo o se prendere l’autostrada della cooperazione tra pari.

Prima che sia troppo tardi...

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento