Mentre Bruxelles e il FMI festeggiano i numeri del Pil greco, la realtà è un’altra: la Grecia sta solo rimandando il conto di un disastro annunciato. Sono queste le conclusioni che si possono trarre da un rapporto redatto dal Levy Economics Institute, che smaschera la grande menzogna delle politiche di austerity: dopo anni di tagli selvaggi, salari strozzati e privatizzazioni, Atene non è affatto “salva”. Anzi, la crescita odierna si regge su una montagna di debito estero, svendita del patrimonio pubblico e un mercato del lavoro allo sbando.
L’economia greca ha registrato una crescita del 2,3% nel 2024, superiore alla media europea, ma questa ripresa nasconde gravi fragilità strutturali. Questo dice il rapporto, in merito ai limiti strutturali dell’economia greca che non è riuscita, più di un decennio dopo la devastante crisi del debito del 2011, a superare gli squilibri profondi che ne hanno minato lo sviluppo.
Nonostante i dati positivi su Pil, occupazione e consumi, il modello di sviluppo rimane insostenibile, secondo gli autori del report, in quanto basato su un eccessivo indebitamento estero, una crescente dipendenza dalle importazioni e un trasferimento massiccio di proprietà immobiliari a investitori stranieri.
Uno dei motori della crescita che ha permesso alla Grecia le ‘mirabolanti’ (si fa per dire) performance degli ultimi anni è stato il Recovery and Resilience Facility (RRF), il Fondo di Ripresa e Resilienza post-pandemico europeo da 650 miliardi, che ha finanziato investimenti pubblici, mentre i consumi privati hanno beneficiato temporaneamente di trasferimenti statali. Tuttavia, con l’esaurirsi di questi fondi nel 2027, il Paese rischia una brusca frenata. Infatti, l’RRF ha una natura temporanea ed è stato concepito per esaurirsi nel 2026.
Un altro punto critico è il deficit delle partite correnti, che nel 2024 ha raggiunto il -5,3% del Pil e potrebbe aggravarsi ulteriormente (-10,6% nel 2026), alimentando il debito del paese verso l’estero. Secondo gli autori, infatti, la crisi del debito prima e le misure di austerity poi hanno contribuito a distruggere la capacità produttiva del paese, con un grande numero di imprese sparito o aquisito da competitor stranieri.
La guerra in Ucraina e l’aumento dei prezzi dell’energia che ne è conseguito hanno comportato una nuova esplosione della bilancia delle partite correnti, e il conseguente fallimento della strategia che sperava di portare la bilancia in pareggio attraverso la depressione della domanda interna.
Il settore turistico, nonostante i record di presenze, non basta a compensare lo squilibrio commerciale. Anzi, la crescita del turismo ha aumentato le importazioni, peggiorando il deficit. Inoltre, la vendita di immobili a stranieri (attraverso programmi come il Golden Visa) sta trasferendo ricchezza all’estero, mentre l’aumento dei prezzi delle case rende difficile l’accesso al mercato per i residenti.
Sul fronte del lavoro, la Grecia sconta ancora bassi salari (la quota salari sul Pil è al 34,7%, contro una media Ue del 57%) e un tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa (52,8%). La disoccupazione ufficiale (9,4%) nasconde una realtà più drammatica, dal momento che esiste una discrepanza tra il numero di disoccupati registrati dall’ufficio statistico di riferimento (ELSTAT) e l’agenzia dei servizi per l’impiego (DYPA), che invece riporta quasi il doppio di persone registrate come disoccupate, molte delle quali senza sussidi.
Le proiezioni del Levy Institute sono molto più pessimistiche di quelle del governo greco, della Commissione Europea e del FMI: si prevede una crescita di appena dello 0,9% nel 2025 e una recessione dell’1,3% nel 2026. Senza un cambio di rotta, che includa una riforma del sistema produttivo e politiche salariali più eque, la Grecia rischia di ritrovarsi in una nuova crisi, aggravata dal peso del debito pubblico e dalla dipendenza dai capitali esteri.
L’Europa ha trasformato la Grecia in un parco giochi per turisti e speculatori immobiliari, mentre i greci faticano ad arrivare a fine mese. E quando i fondi Ue si esauriranno, resterà solo il buco nero dei conti pubblici. L’austerity non ha risolto nulla: ha solo preparato la prossima crisi.
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