I dati sulla crescita dell’occupazione in Italia contengono parecchi scheletri nell’armadio. Se nel nostro paesi i salari sono i più bassi a livello Ocse, per i neo-assunti e i giovani lavoratori la forbice diventa ancora più profonda. Dunque si lavora ma si viene pagati poco.
Osservando i salari dei dipendenti nel settore privato si scopre che oltre ad una media già di per se modesta (solo 22.839 euro lordi l’anno) quella dei giovani lavoratori scende a 15.616 euro. Ma questo solo nel caso di un posto di lavoro stabile e per milioni di giovani non è affatto così.
Viene rilevato che il 40,9% dei lavoratori sotto i 35 anni ha un contratto precario, a tempo determinato o stagionale. Ma il dato è andato peggiorando perché i dati relativi ai nuovi contratti stipulati nel 2023 vedono salire la quota dei lavori precari tra gli under 30 addirittura al 79,8% dei casi. Si tratta di contrattini della durata che va tra una settimana e un mese di lavoro.
Con questi lavori a fine anno si racimolano briciole di salario: 9.038 euro lordi per chi ha un contratto a termine e 6.433 per gli stagionali. Molto meno di mille euro al mese. Ma intanto le statistiche possono affermare – facendo gonfiare il petto alle donne e uomini di governo – che l’occupazione è cresciuta e che tutto va bene sul fronte sul lavoro.
I dati qui sopra, inoltre, non rendono una sorpresa il fatto che la forza lavoro sta invecchiando. “Dal 2004 al 2024 – ha detto il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli – gli occupati sono 1 milione 631 mila in più (+7,3%): il saldo positivo sintetizza un calo di oltre due milioni di occupati tra i giovani di 15-34 anni e di quasi un milione tra i 35 e 49 anni, più che compensato dall’aumento degli over 50, pari a quasi 5 milioni”.
I giovani scappano da un paese che non offre possibilità. Chelli ha sottolineato che nel decennio 2013-2022 sono espatriati oltre un milione di cittadini italiani, di cui circa un terzo, 352 mila, aveva tra i 25 e i 34 anni. Di queste persone, il 37,7% – oltre 132 mila – avevano la laurea. Se parliamo di chi è tornato nel Bel Paese, “i rimpatri di giovani della stessa fascia d’età sono stati circa 104mila, di cui oltre 45mila laureati”.
Ha poi continuato: “mentre il Nord e il Centro riescono a compensare le uscite dei giovani laureati grazie ai movimenti migratori provenienti dal Mezzogiorno, quest’ultima ripartizione registra una perdita netta di 168mila individui tra il 2013 e il 2022, un’erosione di capitale umano che ne riduce la capacità di sviluppo e la possibilità di recupero a fronte di possibili shock esogeni”.
Al solito, il governo si fregia delle statistiche che gli fanno comodo, nascondendo inoltre la realtà di povertà che soggiace ad esse.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento