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06/04/2025

Corea del Sud - Destituito il presidente, elezioni entro inizio giugno

Il 4 aprile la Corte costituzionale della Corea del Sud ha confermato all’unanimità l’accusa di impeachment per il presidente Yoon Suk Yeol, arrestato lo scorso 15 gennaio, non senza porre resistenza. Il politico sudcoreano è stato dunque definitivamente rimosso dal suo incarico.

Yoon, che si trovava a governare senza una maggioranza, aveva dichiarato la legge marziale lo scorso 3 dicembre, in vista di una complessa approvazione della legge di bilancio. L’ormai ex presidente aveva giustificato le sue azioni dicendo di voler proteggere il paese dalle “forze comuniste nordcoreane” e di voler “estirpare gli elementi ostili dallo stato”.

Giustificazioni che hanno sempre funzionato bene in un paese teoricamente ancora in stato di guerra col vicino settentrionale e in cui la vita politica è stata costellata da continui colpi di stato. Questa volta però il tentativo golpista non ha trovato nemmeno l’appoggio del partito del golpista, nonostante le guardie presidenziali e molti sudcoreani si siano schierati con lui.

La Corte costituzionale ha infatti sottolineato che Yoon “non si è limitato a dichiarare la legge marziale, ma ha continuato a commettere atti che hanno violato la Costituzione e la legge, tra cui la mobilitazione delle forze militari e di polizia per ostacolare l’esercizio dell’autorità dell’Assemblea nazionale”.

Del resto, Yoon aveva perseguito una linea fortemente conservatrice ed era già stato accusato di aver abusato dei suoi poteri, soprattutto per difendere la moglie coinvolta in alcuni scandali. È il secondo caso nella storia del paese che un presidente viene sottoposto a impeachment, e il primo in cui viene arrestato e detenuto.

Dal Partito del Potere Popolare, che sosteneva l’ex governo, fanno sapere che “è deplorevole”, ma la formazione politica “accetta solennemente e rispetta umilmente la decisione della Corte costituzionale. Ci scusiamo sinceramente con il popolo”. Stessa cosa che ha fatto anche Yoon, che fino a oggi aveva mantenuto invece un atteggiamento decisamente sprezzante.

Il fatto che questa decisione venga etichettata come “deplorevole” deriva probabilmente dal fatto che, dunque, verranno indette nuove elezioni, e l’opposizione del Partito Democratico di Corea, guidato da Lee Jae-myung, è data ovviamente per favorita. Il voto dovrà essere organizzato entro 60 giorni, e alcuni media hanno già indicato il 3 giugno come data papabile.

A guidare la Corea del Sud fino alle elezioni, e a organizzarle, sarà Han Duck-soo, primo ministro e presidente ad interim. Anch’egli era inizialmente finito sotto impeachment, respinto però dalla Corte costituzionale. Ha dichiarato che farà “il massimo per assicurare lo svolgimento regolare e giusto delle elezioni presidenziali”.

Infatti, in molti hanno manifestato a favore della destituzione di Yoon, ma ad ogni modo il paese è piuttosto spaccato. Un sondaggio di Gallup Korea ha mostrato che solo il 60% degli intervistati crede che debba essere permanentemente rimosso dal suo incarico: un buon 40% pensa che magari sia stato anche un atto illegittimo, ma ciò non deve portare alla sua destituzione.

Nel frattempo, continuano le mobilitazioni e anche i disordini causati dai sostenitori di Yoon. I suoi legali continuano a indicare il procedimento come un’azione tutta politica, mentre il loro assistito rischia ora l’ergastolo o addirittura la pena di morte (che non viene comunque eseguita nel paese dalla fine degli anni Novanta).

In occasione della sentenza della Corte costituzionale, erano stati dispiegati nella capitale Seul ben 14 mila poliziotti. Un numero che dà l’idea di quanto si tema una possibile precipitazione della situazione. Un ultimo appunto sulle mobilitazioni: i sostenitori di Yoon sono scesi in piazza con la bandiera sudcoreana e quella statunitense, come si può vedere in questo video de Il Messaggero.

In questa fase di forti tensioni anche tra alleati e di ridefinizione degli equilibri mondiali, bisogna tenere presente che le elezioni di giugno non potranno mai essere solo un affare interno.

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