Il governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha presentato ieri la relazione sul bilancio 2024 dell’istituzione che presiede. A pochi giorni dalla prossima riunione della BCE che dovrà decidere se continuare sulla strada del taglio dei tassi di interesse o meno, l’economista italiano si è fatto più cauto rispetto a precedenti dichiarazioni.
Al di là dei nodi di bilancio – che comunque chiude in utile netto –, della spinta a procedere sulla digitalizzazione e dell’analisi dello stato di salute delle filiali, gli elementi davvero interessanti discussi dal governatore all’Assemblea dei Partecipanti di Bankitalia sono stati quelli di previsione dello scenario economico nei prossimi mesi.
L’azione combinata delle tensioni geopolitiche e di quelle commerciali “penalizza gli scambi internazionali e accentua la frammentazione dell’economia mondiale, contribuendo al rallentamento dell’attività produttiva. L’economia europea, già segnata dalla stagnazione del settore manifatturiero, risente in modo particolare di queste dinamiche a causa della sua forte esposizione al commercio estero”.
Poco più di un mese fa, Panetta aveva esposto in maniera chiara e diretta come i problemi che la UE sta affrontando sono problemi di sistema, ovvero di quel modello export oriented che si è infranto sulla fine della seconda globalizzazione. La ripresa ipotizzata si è arenata su di un mercato interno strozzato e uno estero incerto, bloccando anche credito e investimenti.
Per questo Bankitalia era stata fino a oggi tra i principali fautori del taglio dei tassi, sperando che una moneta a buon mercato potesse svolgere almeno parzialmente la funzione di riattivare l’economia. Una soluzione tampone, ma che comunque era resa possibile dall’inflazione in riduzione, pur senza pensare che ciò potesse sostituirsi a interventi di altra natura.
Panetta, infatti, già da dicembre ha sostenuto a più ripreso la necessità di approfittare di questa finestra di cambiamento degli equilibri mondiali per fare un passo avanti sugli Eurobond. Con essi si poteva aiutare l’integrazione del mercato dei capitali comunitario, così come attrarre capitali data la maggiore sicurezza di questo tipo di titolo, offrendo dunque anche maggiori garanzie per tutti i paesi membri.
Nella proposta di Panetta, l’obiettivo era usare il debito comune per finanziare parte del piano Draghi per la competitività della UE. Ma negli ultimi mesi quegli 800 miliardi all’anno si sono trasformati nel riarmo e nella difesa europea, nel tentativo di rispondere alla crisi industriale ed economica con l’economia di guerra.
Soprattutto, di Eurobond è diventato davvero difficile parlare, mentre della flessibilità sui vincoli di bilancio si potrà avvantaggiare per lo più solo la Germania (trascinando inoltre con sé anche un aumento del servizio sul debito degli altri paesi UE). Insomma, le dichiarazioni fatte questa volta da Panetta sembrano parlare del fatto che tale finestra di opportunità si sta chiudendo.
Per quanto l’inflazione si avvicini all’obiettivo del 2%, con gli ultimi dati provenienti da Spagna e Francia rassicuranti per la BCE e che hanno spinto in molti a scommettere su ulteriori tagli dei tassi, le possibili tensioni sui prezzi tornano a far preoccupare. Il primo aprile arriveranno i dati sull’inflazione nell’Eurozona, ma la vera incognita arriva il giorno dopo: i dazi statunitensi (e i contro-dazi europei).
L’impatto delle nuove tariffe potrebbe far alzare i prezzi, e anche Panetta ha affermato che “guardando al futuro, la lotta all’inflazione non può ancora dirsi conclusa. Sarà essenziale monitorare con attenzione tutti i fattori che potrebbero ostacolare il ritorno all’obiettivo del 2%”, che già si considerava difficile da raggiungere entro il 2025.
“Da un lato – ha detto il governatore di Bankitalia – la debolezza dell’economia europea e le tensioni geopolitiche stanno frenando consumi e investimenti, contribuendo a contenere l’inflazione. Dall’altro lato, l’aumento dell’incertezza (dovuto soprattutto agli annunci, talora contraddittori, sulle politiche commerciali degli Stati Uniti) impone cautela nel percorso di diminuzione dei tassi ufficiali”.
È questa la contraddizione con cui dovrà fare i conti la politica monetaria. Paradossalmente, un’inflazione che è tenuta a bada solo grazie alla stagnazione dell’economia e un’instabilità del quadro economico, potrebbe spingere verso la stagflazione, cioè verso una crescita in pratica inesistente e il ritorno di una fiammata inflazionistica.
Non è assolutamente un dietrofront totale sul taglio dei tassi, ma è la presa d’atto che lo scenario che deve affrontare la UE è sempre più difficile e in cui le soluzioni suggerite, prima ancora che con la capacità di mettere d’accordo gli stati membri, devono fare i conti con la rottura del legame euro-atlantico fino a oggi base e fondamento delle scelte di Bruxelles.
Le borse europee, dopo un’iniziale tenuta, a ridosso dell’introduzione dei dazi sono andate pesantemente in rosso, con gli investitori che hanno dirottato ulteriormente i propri soldi verso beni rifugio come l’oro (di cui il prezzo spot e future continua a salire).
Nel giro di pochi giorni molti nodi verranno al pettine. Non tutti, ma molti.
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