Venticinque poliziotti sono stati condannati a 624 anni di reclusione a testa per aver preso parte al massacro del carcere brasiliano di Carandiru, nel 1992, quando una rissa fra bande rivali si trasformò in una rivolta sedata con incredibile violenza dalle forze dell’ordine, che provocarono 111 morti fra i detenuti.
Il gruppo di poliziotti è stato accusato della morte di 53 detenuti nell'ambito della seconda parte di un processo in corso a San Paolo che dovrà giudicare in totale 79 agenti. Lo scorso aprile, 23 agenti sono già stati condannati a 153 anni di reclusione ciascuno per l'omicidio di 13 dei 111 detenuti uccisi. Il processo è stato diviso in quattro parti per consentire alla giuria di analizzare i fatti sulla base dell’ordine di ingresso degli agenti nei vari padiglioni del carcere in cui sono avvenute le morti. La rivolta del 2 ottobre 1992 iniziò a causa di una lite tra due prigionieri e si diffuse rapidamente all'interno di quella che era all'epoca una delle più grandi prigioni di tutto il Sud America, al cui interno erano rinchiusi ben 10.000 detenuti. La difesa dei poliziotti sostiene che gli stessi agirono per legittime difesa. Ma secondo l’accusa i detenuti furono giustiziati uno ad uno dai poliziotti e nessuno di questi rimase ferito, a smentita della pericolosità dei prigionieri e della tesi della ‘legittima difesa’. Ci sono voluti più di 20 anni per l'apertura del processo che è stata possibile solo quando il caso è stato sottratto ai tribunali militari per essere trasferito sotto la giurisdizione della magistratura ordinaria.
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