Dalla guerra del 2009 contro i tamil alla colonizzazione delle loro terre: le politiche cingalesi lo specchio di quelle israeliane. E Tel Aviv fornisce armi e addestramento.
Alla fine del 2008 a Toronto ho preso parte alle proteste contro
l'attacco israeliano di Gaza. Come altra gente in tutto il mondo,
abbiamo chiesto la fine immediata della guerra. All'Università di York,
dove ero studente, abbiamo mobilitato il campus per difendere i
diritti palestinesi. Pochi mesi dopo, le bombe cadevano sulla mia stessa
gente, nella regione di Vanni in Sri Lanka. Ancora una volta siamo scesi per le strade di Toronto per protestare.
Ho capito che seppure le nostre terre fossero oceani lontani, i palestinesi e i tamil hanno molto in comune. Nell'ambito della "guerra al terrore" gli eserciti israeliano e cingalese hanno dichiarato battaglia alle popolazioni civili.
Il Tribunale Permanente dei Popoli, a Roma, ha commissionato un rapporto
indipendente che ha riconosciuto lo Stato dello Sri Lanka colpevole di
aver bombardato ospedali, operazioni umanitarie e anche "zone sicure"
dichiarate dal governo, in aperta violazione della legge umanitaria
internazionale. Un rapporto delle Nazioni Unite ha stimato che tra gennaio e maggio 2009 sono state uccise tra le 40mila e le 75mila persone.
Le statistiche del governo cingalese hanno rivelato che quasi 147mila
persone risultano disperse: nessuno sa se sono morte, ferite o detenute
in prigione.
Il maggior fornitore di armi
Ma ci sono altre connessioni dirette. Israele è il principale
fornitore di armi del governo cingalese e lo provvede anche di
assistenza militare strategica. Con il beneplacito degli Stati Uniti,
Israele ha venduto allo Sri Lanka partite di jet Kfir e di droni.
Israele ha anche fornito le navi di pattugliamento Dvora, usate in
maniera estensiva contro i tamil. E infine Israele ha fornito
addestramento alla Special Task Force, un'unita commando brutale della
polizia cingalese.
Le similitudini non finiscono qui. Sia i palestinesi che i tamil sono
soggetti ad un processo di colonizzazione. Negli anni Ottanta, Israele
ha offerto aiuto allo Sri Lanka per la costruzione di colonie armate
per la sola etnia sinhal (la maggioranza in Sri Lanka) nella provincia
orientale, con l'obiettivo di creare zone cuscinetto (buffer zone)
intorno alla popolazione dei tamil.
La strategia impiegata è stata la stessa di Israele in Cisgiordania:
distruggere l'aspirazione della popolazione locale all'esistenza
nazionale e rendere impossibile ogni soluzione politica fondata sulla
sovranità popolare. Esattamente come in Palestina, la confisca di
terre e la colonizzazione in Sri Lanka stanno frammentando l'unità
nazionale e sociale del popolo tamil, in tutta la loro patria storica, a
Nord e a Est dell'isola. Come ha scritto all'inizio di quest'anno
il giornalista e attivista per i diritti umani Nirmanusan Balasundaram,
l'effetto è quello di minare ogni possibilità di creazione di una
nazione contigua.
Un dialogo farsa
Nella Cisgiordania occupata, questo processo si svolge all'ombra del
"dialogo", che sempre più palestinesi giudicano una farsa con le colonie
israeliane che mangiano sempre più terre. Dopo la guerra del 2009, il
governo dello Sri Lanka ha usato la retorica della "ricostruzione" e
dello "sviluppo" per oscurare il processo di rapida colonizzazione.
Per i tamil, "lo sviluppo post-conflitto" è diventato un'altra forma
di contro-insurrezione, per la quale le colonie sinhal, la
militarizzazione guidata dallo Stato e i brogli palesi minacciano la
relazione storica dei tamil con la loro terra.
L'esperienza palestinese - in particolare, gli Accordi di Oslo firmati
da Israele e dall'OLP nel 1993 - è stata d'esempio per i tamil. Un
accordo internazionale con l'India prevede che lo Sri Lanka tenga
elezioni il prossimo settembre per un Consiglio Settentrionale
Provinciale, come gesto supposto di riconciliazione. Gli Stati Uniti
spingono per il voto, nonostante le serie riserve della società civile
tamil e dei rifugiati della diaspora.
Se eletto, il consiglio fornirebbe ai tamil solo la percezione della
auto-determinazione - simile al caso dell'Autorità Palestinese - mentre
l'occupazione militare continuerà a dominare ogni aspetto della vita
civile. I poteri del consiglio resterebbero sotto il controllo del
governo dominato dall'etnia sinhanl, con sede a Colombo, la capitale
cingalese, e il suo governatore sarebbe nominato direttamente dal
presidente dello Sri Lanka.
Al di là della facciata di auto-determinazione, il crimine di apartheid
resta un fatto concreto per i tamil in Sri Lanka, come lo è per i
palestinesi sotto il controllo israeliano. Il modo in cui lo Sri Lanka
tratta i tamil a Nord e a Est rientra nella definizione di apartheid
contenuto nella Convenzione Internazionale sull'eliminazione e la
repressione del crimine dell'apartheid del 1973.
L'apartheid è il dominio di un gruppo razziale o etnico su un altro. La
Convenzione non si riferisce solo alla situazione particolare
dell'apartheid sudafricana o a quella di maggioranze oppresse da
minoranze. Condanna ogni pratica che rientri nella definizione.
Senza dubbio, ci sono differenze importanti tra l'oppressione subita
dai palestinesi e quella sofferta dai tamil (e dai neri del Sud Africa).
Ma allo stesso modo Israele e Sri Lanka sono colpevoli di
discriminazione, repressione e frammentazione territoriale di territori
rubati.
La struttura unitaria dello Stato dello Sri Lanka pone tutti i poteri
nelle mani dell'etnia sinhal, negando ai tamil l'accesso egualitario
all'educazione, all'utilizzo della propria lingua, alle proprie terre e
all'autodeterminazione.
Esperienza comune
Alla luce di questa esperienza comune, i popoli palestinese e tamil
stanno subendo un lento - ma inesorabile - genocidio. I massacri a Gaza e
Vanni sono stati portati avanti per uccidere dei civili, per causare
gravi ferite fisiche e mentali e per imporre condizioni di vita che
producono una parziale e graduale distruzione fisica - il tutto senza
alcuna opposizione da parte dei Paesi del mondo. Entrambi possono essere
considerati casi di genocidio, secondo la definizione delle Nazioni
Unite.
Nel caso dello Sri Lanka, fino a quando si parlerà di linguaggio della
"riconciliazione", si continuerà a portare avanti la stessa strategia e a
godere degli elogi delle grandi potenze. Ma la realizzazione delle
aspirazioni dei nostri popoli non dipende dai capricci di governi
stranieri. È nelle mani del popolo tamil, come l'aspirazione ad una
Palestina libera è nelle mani dei palestinesi, ed è nelle mani del
movimento di solidarietà internazionale. Sostenendo le lotte degli altri
e imparando dalle loro storie, possiamo fare un passo in più verso un
mondo più giusto.
Sia per i palestinesi che per i tamil, gli attacchi del 2008 e del 2009
sono stati parte di una più ampia storia di spossessamento, occupazione e
genocidio. I nostri popoli hanno molto in comune nella lotta per la
pace e la giustizia. I nostri oppressioni hanno anche loro molto in
comune.
*Krisna Saravanamuttu è un attivista residente in Canada. È membro
del comitato della Canadian Peace Alliance e portavoce del National
Council of Canadian Tamils.
Traduzione a cura della redazione di Nena News
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