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03/08/2013

Israele, lo Sri Lanka e il genocidio in slow-motion

Dalla guerra del 2009 contro i tamil alla colonizzazione delle loro terre: le politiche cingalesi lo specchio di quelle israeliane. E Tel Aviv fornisce armi e addestramento.

Alla fine del 2008 a Toronto ho preso parte alle proteste contro l'attacco israeliano di Gaza. Come altra gente in tutto il mondo, abbiamo chiesto la fine immediata della guerra. All'Università di York, dove ero studente, abbiamo mobilitato il campus per difendere i diritti palestinesi. Pochi mesi dopo, le bombe cadevano sulla mia stessa gente, nella regione di Vanni in Sri Lanka. Ancora una volta siamo scesi per le strade di Toronto per protestare.

Ho capito che seppure le nostre terre fossero oceani lontani, i palestinesi e i tamil hanno molto in comune. Nell'ambito della "guerra al terrore" gli eserciti israeliano e cingalese hanno dichiarato battaglia alle popolazioni civili. Il Tribunale Permanente dei Popoli, a Roma, ha commissionato un rapporto indipendente che ha riconosciuto lo Stato dello Sri Lanka colpevole di aver bombardato ospedali, operazioni umanitarie e anche "zone sicure" dichiarate dal governo, in aperta violazione della legge umanitaria internazionale. Un rapporto delle Nazioni Unite ha stimato che tra gennaio e maggio 2009 sono state uccise tra le 40mila e le 75mila persone. Le statistiche del governo cingalese hanno rivelato che quasi 147mila persone risultano disperse: nessuno sa se sono morte, ferite o detenute in prigione.

Il maggior fornitore di armi

Ma ci sono altre connessioni dirette. Israele è il principale fornitore di armi del governo cingalese e lo provvede anche di assistenza militare strategica. Con il beneplacito degli Stati Uniti, Israele ha venduto allo Sri Lanka partite di jet Kfir e di droni. Israele ha anche fornito le navi di pattugliamento Dvora, usate in maniera estensiva contro i tamil. E infine Israele ha fornito addestramento alla Special Task Force, un'unita commando brutale della polizia cingalese.

Le similitudini non finiscono qui. Sia i palestinesi che i tamil sono soggetti ad un processo di colonizzazione. Negli anni Ottanta, Israele ha offerto aiuto allo Sri Lanka per la costruzione di colonie armate per la sola etnia sinhal (la maggioranza in Sri Lanka) nella provincia orientale, con l'obiettivo di creare zone cuscinetto (buffer zone) intorno alla popolazione dei tamil.

La strategia impiegata è stata la stessa di Israele in Cisgiordania: distruggere l'aspirazione della popolazione locale all'esistenza nazionale e rendere impossibile ogni soluzione politica fondata sulla sovranità popolare. Esattamente come in Palestina, la confisca di terre e la colonizzazione in Sri Lanka stanno frammentando l'unità nazionale e sociale del popolo tamil, in tutta la loro patria storica, a Nord e a Est dell'isola. Come ha scritto all'inizio di quest'anno il giornalista e attivista per i diritti umani Nirmanusan Balasundaram, l'effetto è quello di minare ogni possibilità di creazione di una nazione contigua.

Un dialogo farsa

Nella Cisgiordania occupata, questo processo si svolge all'ombra del "dialogo", che sempre più palestinesi giudicano una farsa con le colonie israeliane che mangiano sempre più terre. Dopo la guerra del 2009, il governo dello Sri Lanka ha usato la retorica della "ricostruzione" e dello "sviluppo" per oscurare il processo di rapida colonizzazione.

Per i tamil, "lo sviluppo post-conflitto" è diventato un'altra forma di contro-insurrezione, per la quale le colonie sinhal, la militarizzazione guidata dallo Stato e i brogli palesi minacciano la relazione storica dei tamil con la loro terra.

L'esperienza palestinese - in particolare, gli Accordi di Oslo firmati da Israele e dall'OLP nel 1993 - è stata d'esempio per i tamil. Un accordo internazionale con l'India prevede che lo Sri Lanka tenga elezioni il prossimo settembre per un Consiglio Settentrionale Provinciale, come gesto supposto di riconciliazione. Gli Stati Uniti spingono per il voto, nonostante le serie riserve della società civile tamil e dei rifugiati della diaspora.

Se eletto, il consiglio fornirebbe ai tamil solo la percezione della auto-determinazione - simile al caso dell'Autorità Palestinese - mentre l'occupazione militare continuerà a dominare ogni aspetto della vita civile. I poteri del consiglio resterebbero sotto il controllo del governo dominato dall'etnia sinhanl, con sede a Colombo, la capitale cingalese, e il suo governatore sarebbe nominato direttamente dal presidente dello Sri Lanka.

Al di là della facciata di auto-determinazione, il crimine di apartheid resta un fatto concreto per i tamil in Sri Lanka, come lo è per i palestinesi sotto il controllo israeliano. Il modo in cui lo Sri Lanka tratta i tamil a Nord e a Est rientra nella definizione di apartheid contenuto nella Convenzione Internazionale sull'eliminazione e la repressione del crimine dell'apartheid del 1973.

L'apartheid è il dominio di un gruppo razziale o etnico su un altro. La Convenzione non si riferisce solo alla situazione particolare dell'apartheid sudafricana o a quella di maggioranze oppresse da minoranze. Condanna ogni pratica che rientri nella definizione.

Senza dubbio, ci sono differenze importanti tra l'oppressione subita dai palestinesi e quella sofferta dai tamil (e dai neri del Sud Africa). Ma allo stesso modo Israele e Sri Lanka sono colpevoli di discriminazione, repressione e frammentazione territoriale di territori rubati.

La struttura unitaria dello Stato dello Sri Lanka pone tutti i poteri nelle mani dell'etnia sinhal, negando ai tamil l'accesso egualitario all'educazione, all'utilizzo della propria lingua, alle proprie terre e all'autodeterminazione.

Esperienza comune

Alla luce di questa esperienza comune, i popoli palestinese e tamil stanno subendo un lento - ma inesorabile - genocidio. I massacri a Gaza e Vanni sono stati portati avanti per uccidere dei civili, per causare gravi ferite fisiche e mentali e per imporre condizioni di vita che producono una parziale e graduale distruzione fisica - il tutto senza alcuna opposizione da parte dei Paesi del mondo. Entrambi possono essere considerati casi di genocidio, secondo la definizione delle Nazioni Unite.

Nel caso dello Sri Lanka, fino a quando si parlerà di linguaggio della "riconciliazione", si continuerà a portare avanti la stessa strategia e a godere degli elogi delle grandi potenze. Ma la realizzazione delle aspirazioni dei nostri popoli non dipende dai capricci di governi stranieri. È nelle mani del popolo tamil, come l'aspirazione ad una Palestina libera è nelle mani dei palestinesi, ed è nelle mani del movimento di solidarietà internazionale. Sostenendo le lotte degli altri e imparando dalle loro storie, possiamo fare un passo in più verso un mondo più giusto.

Sia per i palestinesi che per i tamil, gli attacchi del 2008 e del 2009 sono stati parte di una più ampia storia di spossessamento, occupazione e genocidio. I nostri popoli hanno molto in comune nella lotta per la pace e la giustizia. I nostri oppressioni hanno anche loro molto in comune.

*Krisna Saravanamuttu è un attivista residente in Canada. È membro del comitato della Canadian Peace Alliance e portavoce del National Council of Canadian Tamils.

Traduzione a cura della redazione di Nena News

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