Si era molto castellato intorno all'incontro, fissato per oggi, tra Sergio Marchionne e il segretario della Fiom, Maurizio Landini.
Il recente riavvicinamento tra il “ribelle cauto” e la craxiana segretaria della Cgil, sancito dall'accettazione Fiom dell'accordo interconfederale sulla rappresentanza sindacale – che non abbiamo esitato a definire “fascista” – aveva fatto pensare a una possibile “finestra di rientro” in Fiat per i metalmeccanici della Cgil. In una posizione magari un po' contorta, ma non più “fuori” dagli stabilimenti, come un “sindacato di base qualsiasi” (una delle paure più forti, in casa Fiom).
Dall'altra parte, la recentissima sentenza della Corte Costituzionale contro il Lingotto, aveva messo l'azienda torinese in una situazione ritenuta imbarazzante: o un accordo con la Fiom o una radicalizzazione oltre il limite della legalità. Qualcosa di impensabile per un'impresa che da un secolo condizione le forme dello sviluppo industriale italiano, la politica e tutti i poteri minori.
E invece il faccia a faccia tra Fiat e Fiom "è andato male. Fiat nei fatti non intende applicare la sentenza della Corte Costituzionale e ha riproposto come condizione il fatto che la Fiom riconosca l'accordo che non ha firmato”.
Maurizio Landini è sembrato sinceramente sorpreso dell'atteggiamento di Marchionne, il che conferma i dubbi sulla sua capacità “strategica” nella gestione del conflitto. “L'assurdo – ha spiegato all'uscita dell'incontro tenutosi nella sede romana del Lingotto – è che dovremmo riconoscere l'accordo che ci ha esclusi per poter avere i diritti che sono stati sanciti dalla Corte Costituzionale".
"Non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare a quello che la Consulta ha dichiarato e cioè che un sindacato rappresentativo ha il diritto di esistere, di essere presente e di poter svolgere la propria attività sindacale dentro ai luoghi di lavoro". "Chiediamo al Governo di far applicare la sentenza della Corte Costituzionale. Di leggi inutili e incostituzionali a favore di Fiat, il Governo ne ha fatte abbastanza, come l'articolo 8 di Sacconi". "A settembre abbiamo il diritto di rientrare e metteremo in campo tutto quello che potremo fare perché venga rispettato, anche le vie legali".
"Fiat non è stata disponibile a fissare nessun nuovo incontro" e quindi ora non resta che chiedere al governo – ovvero a nessuno – un intervento che Fiat probabilmente rigetterebbe come estraneo alle dinamiche del libero mercato.
In questo paese non c'era soltanto Berlusconi a ritenersi al di sopra della legge. C'è anche, da sempre, la Fiat. Ma non sembra che quest'ultima sia disposta a cambiare la propria posizione. Quando ne trarrà le conseguenze, il povero Maurizio Landini?
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