Tra pochi giorni gli ispettori della troika saranno di nuovo ad Atene, per chiedere nuovi tagli, nuovi sacrifici, nuovi licenziamenti. Le sezioni antiterrorismo della polizia greca avvertono che alcuni gruppi di estrema sinistra non meglio identificati starebbero organizzando attentati contro alcuni simboli del capitalismo, lanciando l’allarme su un possibile ritorno del terrorismo. Ma in Grecia il terrorismo è già all’opera, e si chiama ‘austerity’. Disoccupazione ufficialmente al 27,6%, milioni di greci sotto la soglia di povertà, malnutrizione, sistema sanitario in bancarotta, Pil in calo del 4,4% solo quest’anno…
E negli ultimi giorni due nuove ‘notizie’ non fanno che aggravare il quadro. La prima è stata diffusa ampiamente dai media nostrani, come se fosse una notizia di costume: da oggi nel paese è entrato in vigore un nuovo provvedimento destinato a permettere a milioni di greci indigenti di potersi rifornire di generi alimentari altrimenti inarrivabili. La norma permette infatti a negozi e supermercati di poter vendere prodotti scaduti a prezzi inferiori a quelli normali, a patto di sistemare i prodotti in questione su scaffali appositi e di segnalarne l’avvenuta scadenza. Nulla di male, in teoria. Sugli scaffali rimarranno solo pasta, riso, prodotti da forno e pochi altri, che si conservano a lungo anche dopo la data di scadenza. Nell’ex opulento occidente ogni giorno milioni di tonnellate di alimenti ancora mangiabili finiscono nella spazzatura, con buona pace di chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena. Ma chi controllerà la qualità degli alimenti scaduti venduti a cittadini che dovranno scegliere così tra la propria salute e la possibilità di nutrirsi adeguatamente? Immediata la reazione dell'Associazione dei Consumatori che denuncia: la misura del ministero per lo Sviluppo economico "trasformerà il paese in un enorme immondezzaio, dividendo i consumatori in due categorie, quelli di serie A e quelli di serie B". Una questione di orgoglio, dunque?
Molti greci hanno già dovuto metterlo da parte, il proprio orgoglio, oltre a quello nazionale. Di questi giorni la notizia che un milione di greci, pur di non perdere il proprio posto di lavoro e in attesa di tempi migliori – verranno mai? – di fatto continua a svolgere la propria occupazione senza percepire alcun compenso, alcuno stipendio. A scoprire il ritorno in auge in occidente dello schiavismo, e non solo più per gli immigrati, è stato l'Ispettorato del lavoro dell'Ika (il maggiore istituto di previdenza sociale greco) che, al termine di un'indagine, ha reso noto di aver scoperto che nel settore privato - su un totale di 1 milione e 800.000 dipendenti - soltanto 700.000 di essi ricevono lo stipendio, oltretutto ridotto rispetto al passato, ogni fine mese. Nel rapporto dell'Ika non si precisa se le aziende, ritardando il versamento degli stipendi o non pagandoli affatto, stiano approfittando della crisi economica né viene indicato cosa si dovrebbe fare per evitare queste evidenti violazioni della normativa sul lavoro. I ritardi nel pagamento degli stipendi vanno da un minimo di tre ad un massimo di 12 mesi, ma ci sono anche lavoratori che ormai temono di non essere mai più pagati e che il governo non farà nulla per difendere i loro diritti. Dai dati dell'Ika risulta inoltre che quest'anno un milione di lavoratori greci si sono visti rifiutare dalle aziende il pagamento delle ferie e che, nonostante le norme in vigore e le multe che ogni tanto vengono inflitte ai datori di lavoro disonesti e profittatori, i reclami da parte dei dipendenti sono piuttosto rari perché temono di essere licenziati e perché alle compagnie costa molto meno pagare le multe, assai contenute, che gli stipendi degli impiegati.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento