A Damasco nei giorni scorsi è arrivata una delegazione italiana del “Fronte Europeo per la Siria”, l’organizzazione transnazionale vicina al mosaico neofascista che tentò di organizzare una manifestazione a Roma il 15 giugno scorso a sostegno della Siria. Nella delegazione a Damasco (e non è la prima in questi due anni) compaiono alcuni noti personaggi del neofascismo italiano come Di Stefano e Feola (candidati di Casa Pound), Giovanni Pierro di Stato e Potenza, Matteo Caponnetti dell'associazione Zenit. Purtroppo nella delegazione hanno ritenuto di dover partecipare anche persone con un passato di sinistra o addirittura libertario (Ramadan, Rossi, Fallisi) che da tempo hanno totalmente abbassato le difese immunitarie ritenendo irrilevanti le pessime compagnie.
L'insistente attenzione e l'iniziativa dei gruppi neofascisti a sostegno della Siria in questi mesi non sono una novità, sono l'effetto della prevalenza di una visione tutta geopolitica che nega e disprezza una visione di classe della rottura storica in corso a livello internazionale. E' la derivazione di un certo antiamericanismo neofascista (che pure provocò duri scontri nel mondo neofascista tra i nostalgici della RSI e i pragmatici del fronte anticomunista mondiale) che ha sempre agito dentro la realtà italiana. Questa opzione è stata irrilevante quando nella sinistra agiva una visione internazionalista e antimperialista, ha guadagnato spazi (seminando e raccogliendo disorientamento e “disorientati” cronici) quando dentro la sinistra hanno prevalso l'eurocentrismo, l'equidistanza tra le ragioni degli oppressori e degli oppressi (clamoroso il caso della questione palestinese) e il pacifismo collaterale al PD. Difficile dimenticare i consensi di una parte dei movimenti pacifisti alla “guerra umanitaria” di D'Alema nel 1999 in Jugoslavia, il totale silenzio e accettazione della Nato, il sabotaggio delle manifestazioni a sostegno dei diritti dei palestinesi o i devastanti voti in Parlamento sulla missione militare in Afghanistan durante il secondo governo Prodi.
Nel mosaico neofascista agisce da sempre una componente che ha cercato di infiltrare e contaminare la mobilitazione sulle questioni internazionali. Non solo sulla Palestina (dove è più evidente la strumentalizzazione in funzione antiebraica) ma anche sul Nicaragua sandinista, sulla lotta nell'Irlanda del Nord, sull'Iraq. In realtà il “terzoposizionismo” dei fascisti svela la propria natura sulla contraddizione principale: l'Europa. La visione geopolitica dei fascisti parte del presupposto che l'egemonia statunitense (e/o israeliana) vada contrastata con l'emersione di nuovi soggetti forti, di nuove potenze che la contrastino. In tal senso l'idea dell'“Europa nazione” dei fascisti rimane l'idea del “destino comune” dei popoli europei ad emergere come potenza dominante, ispirata ai tradizionali “valori cristiani e occidentali” contro i “valori corrotti statunitensi”, il “complotto giudaico”, “l'influenza islamista” tra gli immigrati nelle metropoli europee. Dunque ogni paese che si oppone all'egemonia statunitense va sostenuto, soprattutto se in questi paesi c'è un'enclave cristiana (Iraq, Egitto, Siria) destinata a perdere l'agibilità di cui ha sempre goduto dentro regimi laici e non islamisti come appunto era l'Iraq e come sono la Siria o l'Egitto del golpe militare. Non a caso in tutti e tre i paesi, le comunità cristiane si sono sempre schierate contro gli interventi militari esterni che destabilizzavano lo status quo.
Una prevalenza della geopolitica (dove “i nemici dei miei nemici sono miei amici”), l'evidente logoramento dell'egemonia statunitense (ai quali rimane solo l'elemento della supremazia militare, mentre sul piano ideologico ed economico annaspano con evidenza dentro la crisi in corso), il collateralismo con il Vaticano e la difesa della “cristianità minacciata” (dai jihadisti in Siria o in Egitto o dal “complotto ebraico-statunitense”), ha assicurato ai gruppi neofascisti una certa agibilità e visibilità nelle iniziative sulle varie crisi e conflitti internazionali che si susseguono dal 1991 in poi.
Inutile sottolineare come proprio dal 1991 in poi – con la fine del bipolarismo Usa-Urss – si sia approfondito il totale sbandamento della sinistra sulle questioni internazionali. In primo luogo continuando ad alimentare l'illusione di una natura e funzione progressiva dell'unificazione europea - in realtà guidata dai grandi gruppi capitalisti e dal ceto politico che ne rappresenta gli interessi. In secondo luogo rendendosi subalterni al dogma della superiorità del modello eurocentrista, democratico, occidentale. In terzo luogo c'è stato ad esempio l'appiattimento sulla tesi della globalizzazione (versione moderna della tesi del superimperialismo) piuttosto che sulle contraddizioni che venivano emergendo dalla competizione globale (conflittualità interimperialista), una tesi che per anni ha impedito di cogliere la tendenza delle contraddizioni e della crisi. In quarto luogo perdendo completamente di vista una analisi dei settori sociali e delle soggettività che spingono il processo storico sulla strada dell'emancipazione piuttosto che su quella della conservazione o della regressione. Emblematici gli schematismi e le sbandate nella lettura dell'Islam politico.
La discussione in proposito – a sinistra – sarebbe lunga e per molti aspetti dirimente e lacerante. Su questo è stato prodotto molto materiale utile (1) e soprattutto c'è il processo storico – la concretezza dei fatti – a separare le cantonate dalla realtà. Ma c'è un ultimo aspetto che invece riguarda l'immediato, anzi i prossimi giorni e le prossime ore.
Nella mobilitazione contro l'attacco alla Siria ci sono settori di “sinistra” che utilizzano strumentalmente gli inquinanti di guerra (le iniziative di fascisti) per screditare e indebolire la mobilitazione e dipingere chi non si schiera con i ribelli siriani (cosa francamente indigeribile) come contaminati o subalterni alle iniziative dei gruppi fascisti o come “amici di Assad”. E' una operazione stupida e controproducente che ricorda parecchio le campagne denigratorie degli anni peggiori del PCI nei confronti dei movimenti antagonisti.
La mobilitazione contro la guerra alla Siria da parte delle potenze imperialiste e i loro alleati regionali si sta dando i suoi parametri e i suoi obiettivi con crescente chiarezza. I fascisti saranno tenuti alla larga come è sempre avvenuto. Che qualcuno abbia abbassato le difese immunitarie dell'antifascismo è accaduto spesso in passato e purtroppo non solo sulle questioni internazionali o la Siria. Ragion per cui è meglio parlare di cose serie, ad esempio come agire dentro una crisi che stavolta ha tutte le caratteristiche per mettere in moto una escalation di straordinaria gravità. Non c'è solo la geopolitica a determinare il quadro, stavolta c'è una crisi di sistema che rende i gruppi dominanti, a partire dagli USA, insicuri della propria – e passata – capacità di gestire tutti i passaggi. Potremmo essere alla vigilia di una “rottura della storia” con un peso specifico assai superiore ai conflitti che abbiamo visto in questi anni e contro cui, giustamente, ci siamo mobilitati. O si comincia a ragionare dalla consapevolezza su questo o è meglio lasciar perdere ogni discussione.
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