In queste ore ho ricevuto moltissime
esortazioni ad accettare la proposta di candidatura alle elezioni
europee con la lista Tsipras, per la circoscrizione Sud. In tutta
franchezza non mi aspettavo una tale mobilitazione intorno al mio nome.
Sono sinceramente onorato per gli appelli e le raccolte di firme a
sostegno della mia candidatura e per i tanti messaggi di apprezzamento
che ho ricevuto. Con rammarico, tuttavia, devo comunicare che non posso
accettare la proposta di candidatura alle europee: il personale
contributo alla critica dell’ideologia dominante non termina ed anzi
trova adesso nuove ragioni, ma in questo momento della mia vita il mio
posto deve essere all’università, con gli studenti.
Le persone a cui vorrei dire grazie sono
numerosissime. Ne cito solo alcune e chiedo scusa ai tanti che per mere
ragioni di spazio non menzionerò. Vorrei ringraziare Barbara Spinelli,
che ha speso parole di elogio nei confronti del “monito degli economisti”
e Paolo Flores d’Arcais, che mi aveva annunciato l’intenzione dei
comitati a sostegno della lista Tsipras di indicarmi per la candidatura.
Ringrazio anche Vladimiro Giacché, con il quale condivido molte tesi e
previsioni. E ringrazio Gianni Rinaldini, che mi aveva onorato
comunicandomi l’appoggio di tante compagne e compagni della FIOM. Tengo
inoltre a ringraziare Paolo Ferrero, Fausto Sorini, Claudio Grassi e gli
altri dirigenti dei partiti che hanno sostenuto con convinzione la mia
candidatura. Ringrazio i compagni e gli amici delle varie realtà di
movimento, con i quali avevo collaborato ai tempi del social forum di
Firenze e che in questi giorni hanno rinnovato parole di fiducia nei
miei confronti. A tutti dico che non farò mancare il mio contributo di
analisi e di proposta alle future iniziative che abbiano come fulcro
l’interesse delle lavoratrici e dei lavoratori. Interesse che un tempo, a
giusta ragione, si riteneva coincidente con l’interesse generale
dell’intera collettività.
Permettetemi anche di esprimere due brevissime considerazioni di ordine politico.
In primo luogo, auspico che ci si liberi
presto dall’illusione che la tremenda crisi economica e democratica che
stiamo attraversando possa essere affrontata assecondando i fatui
fuochi dell’individualismo narcisistico, il cui nefasto corrispettivo
politico è sempre costituito dal leaderismo plebiscitario. Per
affrontare le colossali sfide del tempo presente la funzione dei
singoli, per quanto illuminati, è pressoché irrilevante. Piuttosto,
sarebbe utile dare inizio a un investimento generazionale, un lavoro
critico e costruttivo per delineare una nuova concezione del collettivo,
in particolare della forma-partito.
La seconda considerazione che vorrei
condividere con voi è maggiormente legata alla campagna per le elezioni
europee. L’attuale scenario politico può esser ben descritto
tratteggiando un orrido trittico: al centro l’arrocco intorno alle leve
del potere dei pasdaran favorevoli all’euro e all’austerity; al fianco
di quell’arrocco la comparsa di un nuovo liberismo gattopardesco, pronto
a sbarazzarsi dell’euro pur di proseguire con le politiche di
smantellamento dei diritti sociali; ed infine, all’orizzonte, l’avanzata
in certi casi poderosa di nuove forze ultranazionaliste e xenofobe.
Ebbene, è stato detto che all’interno di questo cupo scacchiere politico
esisterebbe per la sinistra uno spazio ancora inesplorato. In effetti,
nel mio pur modesto ambito, ho avuto modo di verificare che uno spazio
in cui esercitare un efficace antagonismo contro i tre gruppi descritti
sussiste davvero: lo testimonia il fatto che la protervia dei pasdaran
pro-euro e dei gattopardi anti-euro si scioglie sistematicamente, come
neve al sole, in ogni confronto dialettico che sia fondato su basi
scientifiche; e che nelle società europee è ancora possibile trovare
anticorpi sociali e culturali contro la funesta avanzata
dell’ultranazionalismo reazionario.
Tuttavia, se questa è la durissima sfida
nella quale ci si vuol cimentare, allora mi permetto di avanzare una
duplice riflessione. L’idea che una forza orientata a sinistra possa
vincere una battaglia di tali proporzioni scimmiottando le ipocrite
banalizzazioni interclassiste dei gattopardi anti-euro è ovviamente
assurda. Ma la stessa battaglia rischia di esser perduta in partenza se
si rimarrà subalterni al dominio ideologico degli apologeti dell’euro e
si commetterà quindi l’errore di considerare l’eurozona un dato fuori
discussione. Un errore strategico che temo pregiudicherebbe ogni margine
di manovra politica in Europa, e che diventerebbe quindi previsionale.
Da questo punto di vista, è inutile
negarlo, Alexis Tspiras è in una posizione delicata. Per molte ragioni,
non ultima la sua possibile ascesa al governo della Grecia, egli
potrebbe essere indotto a tenere la sua dialettica rigidamente confinata
nei limiti angusti di una incondizionata fedeltà all’euro. Se così
fosse, il perimetro della sua azione potrebbe restringersi al punto da
soffocare l’indubbia forza attrattiva della sua candidatura alla
presidenza della Commissione europea. Eppure, nel testo di investitura,
egli ha scritto che “l’Unione Europea sarà democratica o cesserà di esistere. E per noi, la Democrazia non è negoziabile”.
La Democrazia, per l’appunto: non la moneta unica, né il mercato unico
europeo. Sarebbe un dato interessante se Tsipras centrasse la campagna
su queste sue stesse parole. La lista italiana e le altre forze europee
che lo sostengono ne trarrebbero notevole vantaggio. E le possibilità di
anticipare gattopardi e ultranazionalisti aumenterebbero. Staremo a
vedere.
Emiliano Brancaccio
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