Un
bilancio che potrebbe salire considerando che i cecchini di entrambi
gli schieramenti sono ancora in azione in città. Scuole e negozi sono
ancora chiusi nelle aree più “calde” di Tripoli ma, approfittando della
relativa calma di ieri, hanno riaperto nel resto della città per la
prima volta dopo alcuni giorni. Tuttavia il gran numero dei rifugiati
siriani, le minacce di gruppi qaedisti, i razzi che dalla Siria cadono
in territorio libanesi non lasciano molto spazio ad illusioni.
Lo sa bene il
Ministro degli Esteri libanese, Jibran Bassil, che ieri ha chiesto ai
suoi omologhi arabi di aiutare il suo Paese affinché non venga lacerato
dalle conseguenze della guerra civile siriana. Sono quasi un milione i siriani che si sono rifugiati in Libano. Una cifra ancora più
enorme se si considera che la popolazione libanese conta poco meno di 5
milioni di persone. Una numero che sta mettendo a dura prova le
infrastrutture del Paese e potrebbe sconvolgere gli equilibri tra le
varie comunità.
Bassil
ha parlato di rischio mondiale qualora lo stato libanese dovesse
crollare. Infatti “si creerebbe un pericolo per l’intera umanità perché se
il modello libanese scompare, bisognerà attendersi una grande scontro
tra culture, religioni e tra tutte le differenze presenti al mondo”.
Paure
forse esagerate ma il pericolo di un inasprimento del settarismo è
condiviso da molti. Il potere, infatti, in Libano è diviso tra sciiti,
sunniti e cristiani. Secondo molti libanesi il massiccio numero di
rifugiati siriani sunniti presenti ora nel Paese potrebbe rompere il
fragile equilibrio demografico che vige tra le varie comunità.
Anticipando le discussioni del vertice della Lega araba in corso in
Kuwait, Bassil ha aggiunto: “Speriamo che queste decisioni si traducano in un aiuto concreto e diretto, con un sostegno all’esercito libanese,
perché l’esercito sta combattendo il terrorismo per tutti gli arabi e
per il mondo”.
Intanto il quotidiano libanese The Daily Star rivela che
il Presidente del Parlamento, Nabih Berri, ha formato una Commissione
che dovrà raccogliere i nomi dei candidati alla Presidenza della
Repubblica proposti dai vari partiti politici. Entro 10 giorni la
Commissione dovrebbe presentare i suoi risultati a Berri il quale,
consultandosi con i leader dei differenti schieramenti politici, dovrà
scegliere una data per eleggere il nuovo Presidente.
Oggi,
infatti, in Libano ha inizio il termine costituzionale di due mesi che
consente al Parlamento di eleggere un nuovo Presidente. Secondo la
Costituzione, Berri deve convocare il Parlamento due mesi prima che
finisca il mandato dell’attuale Presidente Michel Suleiman (che scade il
25 maggio).
Berri,
inoltre, dovrebbe incontrare anche il Patriarca Beshara Rai a capo
della Chiesa maronita la quale riveste molta importanza nella scelta del
Presidente.
Molti
analisti escludono la possibilità che il nuovo Presidente possa essere
eletto ad aprile o inizio maggio a causa delle divergenze tra l’Alleanza
dell’8 Marzo e quella del 14 Marzo, acerrimi avversari anche
se alleati nel governo di “interesse nazionale”. I commentatori politici
ritengono probabile che l’elezione del Presidente possa avvenire
nell’ultima settimana di maggio poco prima che il mandato di Sleiman
termini.
Sull’importanza
del rispetto dei tempi per la scelta del prossimo Presidente è stato
molto chiaro il neo Premier Salam. “Noi abbiamo una semplice missione da
compiere ed è l’elezione presidenziale. Se raggiungiamo questo
obiettivo entro due mesi, abbiamo ottenuto un risultato estremamente
importante per il Paese: affermare che il nostro sistema è democratico”.
Il
nuovo esecutivo, guidato da Tammam Salam è nato la scorsa settimana con
il voto favorevole di 96 parlamentari su 101 dopo un difficile
compromesso su una dichiarazione relativa al ruolo della “Resistenza”
contro Israele. L’esecutivo avrà però vita breve. La legge libanese
prevede infatti l’elezione di un nuovo governo dopo che è terminato il
mandato di sei anni del Presidente della Repubblica.
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