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26/03/2014

Libano tra corsa presidenziale e ripercussioni siriane

Secondo una fonte di sicurezza libanese citata dall’AFP ventisei persone, la maggior parte delle quali civili, sarebbero state uccise in 12 giorni di scontri tra combattenti pro e anti regime siriano a Tripoli, la seconda città libanese.

Un bilancio che potrebbe salire considerando che i cecchini di entrambi gli schieramenti sono ancora in azione in città. Scuole e negozi sono ancora chiusi nelle aree più “calde” di Tripoli ma, approfittando della relativa calma di ieri, hanno riaperto nel resto della città per la prima volta dopo alcuni giorni. Tuttavia il gran numero dei rifugiati siriani, le minacce di gruppi qaedisti, i razzi che dalla Siria cadono in territorio libanesi non lasciano molto spazio ad illusioni.

Lo sa bene il Ministro degli Esteri libanese, Jibran Bassil, che ieri ha chiesto ai suoi omologhi arabi di aiutare il suo Paese affinché non venga lacerato dalle conseguenze della guerra civile siriana. Sono quasi un milione i siriani che si sono rifugiati in Libano. Una cifra ancora più enorme se si considera che la popolazione libanese conta poco meno di 5 milioni di persone. Una numero che sta mettendo a dura prova le infrastrutture del Paese e potrebbe sconvolgere gli equilibri tra le varie comunità.

Bassil ha parlato di rischio mondiale qualora lo stato libanese dovesse crollare. Infatti “si creerebbe un pericolo per l’intera umanità perché se il modello libanese scompare, bisognerà attendersi una grande scontro tra culture, religioni e tra tutte le differenze presenti al mondo”.

Paure forse esagerate ma il pericolo di un inasprimento del settarismo è condiviso da molti. Il potere, infatti, in Libano è diviso tra sciiti, sunniti e cristiani. Secondo molti libanesi il massiccio numero di rifugiati siriani sunniti presenti ora nel Paese potrebbe rompere il fragile equilibrio demografico che vige tra le varie comunità. Anticipando le discussioni del vertice della Lega araba in corso in Kuwait, Bassil ha aggiunto: “Speriamo che queste decisioni si traducano in un aiuto concreto e diretto, con un sostegno all’esercito libanese, perché l’esercito sta combattendo il terrorismo per tutti gli arabi e per il mondo”.

Intanto il quotidiano libanese The Daily Star rivela che il Presidente del Parlamento, Nabih Berri, ha formato una Commissione che dovrà raccogliere i nomi dei candidati alla Presidenza della Repubblica proposti dai vari partiti politici. Entro 10 giorni la Commissione dovrebbe presentare i suoi risultati a Berri il quale, consultandosi con i leader dei differenti schieramenti politici, dovrà scegliere una data per eleggere il nuovo Presidente.

Oggi, infatti, in Libano ha inizio il termine costituzionale di due mesi che consente al Parlamento di eleggere un nuovo Presidente. Secondo la Costituzione, Berri deve convocare il Parlamento due mesi prima che finisca il mandato dell’attuale Presidente Michel Suleiman (che scade il 25 maggio).

Berri, inoltre, dovrebbe incontrare anche il Patriarca Beshara Rai a capo della Chiesa maronita la quale riveste molta importanza nella scelta del Presidente.

Molti analisti escludono la possibilità che il nuovo Presidente possa essere eletto ad aprile o inizio maggio a causa delle divergenze tra l’Alleanza dell’8 Marzo e quella del 14 Marzo, acerrimi avversari anche se alleati nel governo di “interesse nazionale”. I commentatori politici ritengono probabile che l’elezione del Presidente possa avvenire nell’ultima settimana di maggio poco prima che il mandato di Sleiman termini.

Sull’importanza del rispetto dei tempi per la scelta del prossimo Presidente è stato molto chiaro il neo Premier Salam. “Noi abbiamo una semplice missione da compiere ed è l’elezione presidenziale. Se raggiungiamo questo obiettivo entro due mesi, abbiamo ottenuto un risultato estremamente importante per il Paese: affermare che il nostro sistema è democratico”.

Il nuovo esecutivo, guidato da Tammam Salam è nato la scorsa settimana con il voto favorevole di 96 parlamentari su 101 dopo un difficile compromesso su una dichiarazione relativa al ruolo della “Resistenza” contro Israele. L’esecutivo avrà però vita breve. La legge libanese prevede infatti l’elezione di un nuovo governo dopo che è terminato il mandato di sei anni del Presidente della Repubblica.

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