31/03/2014
Disgelo tra Israele e Turchia
Tel Aviv e Ankara sembrano procedere spedite sulla strada della riconciliazione, dopo quattro anni di rottura delle relazioni, causata dalla morte di nove cittadini turchi durante un blitz delle forze speciali israeliane sulla nave Mavi Marvara, l’ammiraglia della Freedom Flotilla diretta nella Striscia di Gaza con un carico di aiuti umanitari.
Al momento dell’attacco, il 31 maggio del 2010, l’imbarcazione era in acque internazionali e la vicenda fece cadere il gelo tra Israele e Turchia, storici alleati di Washington nella regione mediorientale. Ankara richiamò il suo ambasciatore e cacciò quello israeliano, sospese tutti i contratti militari ed energetici con Tel Aviv e si schierò contro l’embargo israeliano su Gaza. Inoltre, ha sempre preteso scuse ufficiali e un risarcimento per le vittime del blitz.
Ieri è stato Israele a lanciare un segnale di distensione, annunciando che consentirà alla Turchia di fare entrare a Gaza il materiale necessario a terminare la costruzione di un ospedale. I lavori sono iniziati nel 2011 utilizzando materiale contrabbandato attraverso i tunnel che collegano la Striscia all’Egitto, unica fonte di approvvigionamento per gli abitanti di questo lembo di terra chiuso al mondo dal 2007, quando il movimento islamico Hamas ne ha preso il controllo. Adesso, invece, con i tunnel chiusi anche grazie all’impegno egiziano, il materiale potrà entrare da Israele e per il ministro turco degli Esteri, Ahmet Davutoglu, “la distanza tra le parti si sta riducendo”, cioè un accordo sui risarcimenti ai parenti delle vittime è vicino. “Sono stati fatti progressi, ma sarà necessario un nuovo incontro per chiudere l’intesa finale”, ha aggiunto Davutoglu, mostrandosi ottimista su una veloce conclusione della vicenda, come ha già auspicato all’inizio della settimana il vice premier turco Bulent Arinc.
La diplomazia pare muoversi nella direzione giusta, ma resta da sciogliere il nodo dell’entità dei risarcimenti e dello status legale delle scuse, su cui si attende una risposta di Tel Aviv. Ankara ha sempre preteso un documento con valore legale e lo stesso primo ministro Recep Tayyip Erdogan ha assicurato che la questione sarà in cima alla sua agenda appena si chiuderanno i seggi delle amministrative che si tengono domenica prossima [la domenica appena passata]. Un test che potrebbe decretare il futuro politico del premier, al centro di aspre polemiche negli ultimi mesi per gli scandali di corruzione che hanno coinvolto il Partito della giustizia e dello sviluppo e che hanno travolto il governo. E sono stati mesi intensi per Erdogan anche per le proteste, represse con la forza, scatenate dalla vicenda di Gezi Park e per la crisi delle alleanze nel fronte dell’islam politico moderato. Il voto, inoltre, è preceduto da una serie di misure restrittive sul Web (chiusura di twitter e youtube) volute proprio dal premier.
Turchia e Israele potrebbero presto tornare a essere gli alleati di una volta, a conclusione di una difficile trattativa iniziata un anno fa con la mediazione del presidente Usa, Barack Obama, che ha portato a una svolta nella vicenda con le scuse israeliane per la morte dei cittadini turchi. A febbraio, però, Erdogan ha rilanciato chiedendo la fine delle restrizioni imposte a Gaza ed è stato accusato di ostacolare l’accordo sui risarcimenti. In questi giorni i toni sono tornati concilianti e, come ha detto Davutoglu, “c’è uno slancio positivo e un processo in una direzione positiva”.
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