di Carlo Musilli
Nella surrealtà della politica italiana può capitare che la sinistra
Pd si schieri su posizioni vetero-liberiste, e che al contempo un
ministro destrorso si produca in un discorso di sinistra. E' successo in
relazione al caso di Mauro Moretti, amministratore delegato delle
Ferrovie, che venerdì ha minacciato di dimettersi se lo Stato deciderà
di ridurgli lo stipendio.
A favore di questa sparata si sono
espressi il rarefatto Fabrizio Barca e Massimo D'Antoni, già capo della
segreteria tecnica di Stefano Fassina. A sorpresa, lo scatto di dignità
più significativo è arrivato da Maurizio Lupi: “È un manager efficiente
del nostro Stato, ha dimostrato di aver lavorato bene - ha detto il
ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture -, ma se il padrone, in
questo caso lo Stato, decide che rispetto a quello stipendio bisogna
dare un segnale anche nella direzione dei cittadini (perché circa 50mila
euro al mese non mi sembra che siano pochi), giustamente siamo in
un mercato libero. Se Moretti ha altre offerte, se vuole andare
alle Ferrovie tedesche, lo può fare tranquillamente”.
Forse
sarebbe ancora meglio licenziarlo, giusto per far capire che aria tira
ai suoi colleghi manager pubblici, visto che siamo in periodo di nomine.
Di certo non si arriverà a tanto, perché Moretti è stato confermato da
poco e probabilmente - per ragioni legali - non si riuscirà neppure a
toccare i suoi 850mila euro l'anno (contro una retribuzione media dei
lavoratori delle Fs pari a 38.500 euro). La discussione innescata dalle
parole dell'ad di Fs dimostra però quanto sia provinciale la cultura
manageriale italiana e quanta confusione si faccia nel nostro Paese fra
pubblico e privato.
Il discorso di Moretti è il seguente: "Credo
vogliano tagliare gli stipendi dei super-manager dello Stato. Io prendo
850mila euro l'anno e il mio omologo tedesco ne prende tre volte e
mezza tanto. Siamo imprese che stanno sul mercato ed è evidente che sul
mercato bisogna anche avere la possibilità di retribuire, non dico alla
tedesca e nemmeno all'italiana, ma un minimo per poter far sì che i
manager bravi rimangano ad operare là dove ci sono imprese complicate e
dove c'è del rischio ogni giorno da dover prendere. Lo Stato può fare
quello che desidera, sconterà che una buona parte di manager vada via,
lo deve mettere in conto".
Morale: se vuoi un manager bravo devi
pagarlo a prezzo di mercato, altrimenti ti arrangi con qualcuno di più
scarso. Se ci limitiamo al principio basilare del rapporto fra domanda e
offerta, l'esternazione di Moretti non fa una piega. La realtà è però
molto diversa, per una serie di ragioni. Almeno quattro.
Primo:
l'entità astratta cui fa riferimento Moretti - il mercato - non impone
regole assolute nello spazio e nel tempo. Rispetto all'ad di Fs, è vero
che l'omologo tedesco guadagna molto di più, ma è anche vero che il suo
collega francese guadagna circa un terzo. Ne potremmo dedurre che il
manager d'oltralpe sia una mezza calzetta, peccato che il sistema
ferroviario francese sia di gran lunga superiore al nostro. I conti non
tornano.
Secondo: siamo proprio sicuri che, riducendo lo
stipendio, non riusciremmo a trovare un manager allo stesso livello di
Moretti? E' davvero un genio ineguagliabile? L'attuale amministratore
delegato si attribuisce il merito di aver risanato le Ferrovie, che
sotto la sua gestione sono passate dalla perdita di 2,1 miliardi del
2006 al profitto di 16 milioni già nel 2008 (quando è stato lanciato il
servizio Freccia Rossa).
Il
ritorno all'utile è stato possibile grazie a un taglio consistente del
personale e a un rincaro delle tariffe pari in media al 7%. Sennonché,
ancora oggi il gruppo deve la sua sopravvivenza allo Stato, che versa
alle Fs oltre due miliardi di euro (su otto di fatturato) per garantire
il servizio universale. Sul fronte degli investimenti, invece, dei 3,8
miliardi stanziati dalle Ferrovie nel 2012, ben 2,4 sono arrivati dal
Tesoro (dopo i 3,5 del 2011). Purtroppo, nonostante tutti questi
trasferimenti, il gruppo ha un debito di nove miliardi, superiore
perfino ai ricavi.
In condizioni simili, è evidente che per
guidare le Fs non si richiede alcuna genialità: i risultati sono legati
ai soldi che arrivano dallo Stato, mentre i manager devono concentrarsi
soprattutto sul taglio dei costi. Un aspetto su cui Moretti si è
rivelato piuttosto efficiente, visto che da quando è salito in sella nel
2006 ha ridotto il numero dei dipendenti da 98 a 72 mila.
Terzo:
Moretti pretende uno stipendio che risponda a logiche di mercato, ma -
di fatto - né lui né la sua azienda sono sul mercato. Le Ferrovie non
hanno più il monopolio nel loro settore, ma non devono nemmeno operare
in un vero regime di concorrenza, considerando la debolezza di Italo,
che ha già un rosso da 76 milioni e un debito di quasi 700 milioni.
Quanto all'amministratore delegato, che oggi si dipinge come uno dei
manager più contesi d'Europa, non ha mai lavorato altrove: è dipendente
delle Ferrovie dal 1978. Non mettiamo in dubbio che, se si dimettesse,
avrebbe decine di aziende del globo terracqueo pronte ad accaparrarselo a
suon di quattrini. Ma negli ultimi 36 anni, a quanto pare, non si è
fatto avanti nessuno.
Quarto: guidare una società pubblica non è
affatto come gestire un'azienda privata. Chi lavora per lo Stato non
dovrebbe avere come unico obiettivo il massimo profitto possibile, ma
anche e soprattutto l'interesse della collettività, il famoso bene
comune. Una meta ancora lontana per le Fs, basti pensare che il
trasporto passeggeri regionale è tornato a livelli da anteguerra
(chiedere ai pendolari), la sicurezza è spesso discutibile e il costo
dei biglietti sale, mentre i treni sono fetidi (aver cacciato chi non
sapeva tener lontano le pulci dagli scompartimenti è bastato),
sovraffollati e in perenne ritardo.
Se la sente l'ingegner
Moretti di affrontare queste sfide, invece di proteggere la propria
rendita nel nome di un capitalismo in cui non ha mai lavorato? Se pensa
di poterlo fare, probabilmente ha abbastanza senso delle istituzioni e
dello Stato da capire quanto ribrezzo abbiano prodotto le sue parole in
un momento simile. Altrimenti, come diceva il mitico Biagio Antonacci,
"se devi andare, vai".
Fonte
Moretti vai a casa, per non dire di peggio!!!
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