A proposito della “libertà di scelta delle famiglie” riguardo all'educazione dei figli e delle figlie, la neo-ministra Giannini ritiene che “la libertà di scelta educativa anche in Italia debba trovare un suo spazio politico e un suo spazio culturale concreto”.
Come darle torto? Chi avrebbe il coraggio di opporsi alla “libertà”? Siamo in un paese democratico, mica in una dittatura! “Libertà” è la parola d'ordine: libertà di procreare (e libertà di far morire i tuoi figli di fame e/o freddo se non puoi pagarti cibo e affitto), libertà di abortire (magari in un cesso, ma tant'è), libertà di espressione (magari poi ti denunciano per un presidio, ma vabbè), e le ben più garantite libertà di investimento, libertà della proprietà privata, libertà del mercato...
Già, la “libertà di scelta educativa” è un argomento serio. Del resto, se ne dibatte anche negli Stati Uniti, paese che ai nostri paladini della libertà piace prendere a modello, in ambito scolastico come in altri. Se non fosse che anche negli Stati Uniti qualche dubbio su questa “libertà di scelta” qualcuno ce l'ha, come emerge in questo articolo di qualche giorno fa, dall'eloquente titolo “I riformatori della scuola amano la 'scelta' in campo educativo, tranne quando...” dove si elenca una serie di simpatici contesti in cui sulla “libertà di scelta”, beh, si può tranquillamente soprassedere.
Libertà di scelta, dunque:
- tranne quando i genitori vorrebbero sottrarre i propri figli e figlie ai test standardizzati;
- tranne quando i genitori vorrebbero più risorse per le scuole piuttosto che farle chiudere perché “poco performanti” (in base a norme fortemente volute anche da Obama, negli Usa numerosissime scuole di periferia sono costrette a chiudere se gli studenti per alcuni anni consecutivi ottengono risultati scadenti nei test o se sono sottodimensionate rispetto a uno standard – a Chicago ne hanno chiuse 50, per dire. Caso vuole che poi vengano riaperte come charter schools, ovvero scuole che utilizzano fondi pubblici ma sono gestite da organismi privati... un'ideuzza che alla Giannini secondo me non dispiace...);
- tranne quando i genitori vogliono eleggere gli organi che amministrano la scuola (per rifarsi all'ambito italiano: non avere consigli di amministrazione in cui siedano fondazioni e manager di grandi aziende, per dire);
- tranne quando i genitori non vogliono che i loro figli e figlie prendano parte a corsi obbligatori di didattica online (potremmo dire lo stesso sull'uso di Lim, tablet e altri costosi – e profittevoli per le solite grandi aziende – ammennicoli tecnologici);
- tranne quando i genitori vogliono che il curriculum includa arte, educazione fisica, storia e scienze (negli Usa il focus è su matematica e inglese, le uniche discipline valutate nei test);
- tranne quando i genitori non vogliono che gli insegnanti dei loro figli e figlie siano valutati tramite i test dei loro studenti (nell'ottica della “premialità” che anche alla ministra neoliberista nostrana piace tanto);
- aggiungo io: tranne quando gli studenti reclamano spazi, appunto, di libertà all'interno o all'esterno della scuola, e vengono bellamente manganellati/denunciati, o organizzano incontri in cui si parla di omosessualità e transgender, come accaduto al Liceo Muratori di Modena, iniziativa che, secondo il sottosegretario al Miur, mina la “libertà” dei genitori ad educare i figli “come vogliono”. Giusto, dunque perché insegnare la lotta contro il fascismo, contro l'apartheid, contro la discriminazione: io genitore potrò pur aver la libertà di educare mio figlio fascista, razzista e omofobo!
Le libertà di cui sopra, però, no. Eh, le “libertà” non sono mica tutte uguali!
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