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22/03/2014

Erdogan zittisce twitter. Basterà?

Nel cuore della scorsa notte il governo turco ha deciso di oscurare Twitter. Oscurare, ma non bannare completamente, poiché tramite un cambio di Dns è in realtà ancora possibile accedere al social network. Non bisogna rimanere sorpresi. Solo una settimana fa Erdogan, il primo ministro turco, aveva promesso che sarebbe stato fatto il possibile per preservare “l’integrità morale e materiale del governo” e se le notizie false e tendenziose fossero continuate a circolare sui social ci sarebbero stati provvedimenti. Detto fatto.

Ma quali sarebbero queste notizie false e tendenziose? È da metà dicembre che lo scandalo della corruzione – una tangentopoli alla turca – investe in pieno il governo e la fuoriuscita di documenti sulle mazzette è all’ordine del giorno. Tanto che la gente ormai non si sorprende più. Già. La gente non si sorprende più: questo è il problema!

Il problema è che dieci morti sul groppone dovrebbero far pensare. Perché dieci morti pesano. Non ultimo Berkin Elvan, ragazzino di quindici anni, morto dopo 270 giorni di coma. Era andato a prendere il pane Berkin, ma a casa non è più tornato, è stato colpito da un lacrimogeno vagante. Sì, i morti pesano come e se non di più di questo ennesimo tentativo di arginare alcuni cittadini e il loro modo di fare informazione. Disinformazione, secondo il governo. E a volte il governo ha ragione; a volte sì, ma non tutte le volte. Purtroppo l’informazione in Turchia è andata in vacanza da tempo, ricordate i pinguini? Uno dei simboli della protesta di Gezi Park, poiché mentre la CNN International mandava in onda gli scontri di piazza, la CNN Turkey mandava in onda i documentari su questi animali. È per questo che la gente continua a postare sui social network – in maniera forsennata – quel che vede, sente o legge.

Ma da ieri su Twitter non è più possibile, poiché l’Istituto Tecnologico delle Comunicazioni (Btk) l’ha oscurato. Cambierà qualcosa? Non credo. Almeno fino al 30 di marzo, giorno delle prossime elezioni amministrative. Quel giorno il popolo turco è chiamato a decidere, e dalle urne sapremo chi sarà il vincitore. E badate che le amministrative contano molto poiché in diverse città si gioca il futuro degli appalti, parte importante dell’economia turca. Sapremo se Erdogan e la sua intelligence hanno fatto bene a fare questa mossa, oppure no. Tramite twitter e facebook il governo controlla milioni e milioni di utenti che, compresi gli ignari postatori di selfie, pubblicano ogni giorno quel che gli succede intorno. Rinunciare a monitorarli comporta dei rischi, Erdogan avrà fatto i suoi conti. Come Report Turk, del resto, secondo una sua statistica i siti bannati in Turchia sono stati: 1 nel 2002, 4 nel 2006, 835 nel 2008, 1667 nel 2010, 8409 nel 2012, 10295 nel 2013 e 35038 nel 2014.

Il giorno della resa dei conti è vicino ma chi spera che Erdogan sia finito, ahimè, si sbaglia di grosso. Io mi auguro solo che l’oste, il popolo, sappia tener di conto.

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