Inviata in Venezuela per mediare fra governo e opposizione, la delegazione dei ministri degli Esteri dell’Unasur (Unione delle nazioni sudamericane) ha concluso alcune ore fa la sua prima missione incontrando al palazzo di Miraflores il presidente Nicolás Maduro, a cui ha rivolto una serie di raccomandazioni. Il capo della diplomazia di Caracas, Elías Jaua, ha riferito che oggi la presidenza di turno dell’Unasur emetterà un comunicato ufficiale sulla sua visita di 48 ore, che ha incluso anche colloqui con l’opposizione ed alcuni esponenti della cosiddetta società civile.
L’opposizione ha tuttavia chiarito che in attesa di conoscere la posizione ufficiale dell’organismo continentale le manifestazioni di piazza non cesseranno. E’ intanto rientrata nel paese la deputata antichavista radicale María Corina Machado, di cui l’Assemblea nazionale – nella quale il governo gode di un’ampia maggioranza – ha annunciato lunedì la destituzione per aver violato alcuni articoli della Costituzione, in particolare il 191 e il 149 che vietano ai funzionari pubblici di accettare incarichi da un governo straniero senza l’autorizzazione del parlamento. L’articolo 191 della Costituzione stabilisce che i deputati “non potranno accettare o esercitare incarichi pubblici senza perdere la loro investitura, salvo per attività docenti, accademiche, accidentali o assistenziali, sempre che queste non prevedano una dedica esclusiva”.
Accusata dal governo di aver organizzato manifestazioni violente – accusa che risuona fin dall’inizio delle proteste, il 12 febbraio – la deputata ‘antichavista’ radicale María Corina Machado, è stata destituita. Il presidente dell’Assemblea nazionale ed esponente di spicco dell’esecutivo, Diosdado Cabello, ha spiegato che la decisione è stata presa dopo la partecipazione di Machado a una riunione dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) in qualità di “rappresentante alternativa” di Panama, paese con il quale Caracas ha recentemente rotto le relazioni diplomatiche, accusando il piccolo paese centroamericano di ingerenza e di subalternità alla politica statunitense. Venerdì scorso Machado era stata invitata dal governo del paese di Panama a rappresentarla a una sessione dell’Osa che includeva nell’agenda del dibattito anche la crisi venezuelana; un punto infine escluso dall’incontro per volontà della maggior parte dei delegati latinoamericani. Che Machado ha rimproverato accusando l’Osa di complicità “con la dittatura di Maduro” dopo il rifiuto di imporre sanzioni al governo di Caracas.
Machado, 46 anni, firmataria del documento di appoggio al tentato colpo di stato confindustriale del 2002 contro Hugo Chavez, aveva catturato l’attenzione dei media lo scorso anno quando fu coinvolta in una violenta rissa in parlamento. Insieme al dirigente del partito di destra radicale Voluntad Popular Leopoldo López, arrestato un mese fa per istigazione alla violenza, è una delle promotrici de “La salida” (l’uscita), la copertura politica all’ondata di manifestazioni violente inscenate da gruppi minoritari dell’opposizione che finora hanno portato alla morte di ben 36 persone.
Proveniente da Lima in compagnia di tre parlamentari peruviani, al suo arrivo all’aeroporto di Maiquetía, Machado ha dichiarato ai giornalisti di sentirsi “più deputata che mai” e di essere più che mai decisa “a continuare ad agire sia dentro che fuori l’Assemblea nazionale”.
Non è chiaro al momento quale sarà la sorte di Machado: secondo alcune fonti di stampa, il governo intende privarla dell’immunità parlamentare per indagare sul suo ruolo nelle proteste dell’oligarchia e negli omicidi di numerosi agenti di polizia, esponenti delle organizzazioni di sinistra e anche manifestanti antigovernativi freddati da esponenti delle bande di guarimberos o da cecchini. Come una donna ventottenne, interprete dei segni per non udenti in una tv di opposizione e incinta di cinque mesi, uccisa da uomini armati mentre cercava di rimuovere una barricata di chiodi, cemento e spazzatura per tornare a casa.
Il ruolo della aggressiva deputata non sembra del resto secondario nella strategia di destabilizzazione della situazione in Venezuela dietro la quale si celano, e neanche tanto, l’amministrazione statunitense, la destra colombiana e alcuni ambienti reazionari continentali. Machado è arrivata fino in Salvador, dove il Fmln a capo di un fronte progressista ha vinto le presidenziale per una manciata di voti, per incitare i fascisti e i liberal-nazionalisti di Arena a non riconoscere i risultati ufficiali, esattamente quanto ha fatto la destra oligarchica venezuelana ogni volta che a Caracas i risultati elettorali gli hanno dato torto, come dopo le elezioni comunali dell’8 dicembre scorso.
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