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25/03/2014

Yemen, tra al-Qa’eda e ribelli huthi


Lontano dai riflettori della stampa internazionale continuano le violenze in Yemen. Ieri uomini armati hanno ucciso 20 soldati yemeniti ad un checkpoint nella provincia dell’Hadramawt. A riferirlo è l’agenzia di stampa yemenita Saba.

Secondo un ufficiale intervistato dalla Reuters, la maggior parte dei soldati dormiva quando l’attacco ha avuto luogo. Sebbene una fonte militare yemenita ritenga al-Qa’eda responsabile per la sparatoria di ieri, nessun gruppo al momento si è attribuito la responsabilità dell’attacco.

Non è il primo attacco operato recentemente nel Paese dall’organizzazione fondamentalista islamica. Lo scorso febbraio al-Qa’eda nella Penisola Araba (AQAP) colpì la prigione centrale della capitale Sana'a. Le vittime furono 11, tra cui sette guardie di sicurezza.

Gli attacchi del AQAP alle forze dell’ordine sono frequenti. Al-Qa’eda è molto attivo nel sud ed est del Paese nonostante le diverse campagne militari lanciate dal governo centrale contro di essa.

La scorsa settimana un’autobomba guidata da un presunto militante di al-Qa’eda è esplosa nei pressi del quartiere generale dell’Intelligence militare. Nell’esplosione una persona è morta e i feriti sono stati 13.

Tre presunti militanti del network terrorista sono morti tre giorni fa nella provincia meridionale di Shabwa quando l’autobomba che stavano preparando è esplosa per errore.

Ma a destare preoccupazione a Sana’a non è solo la branca di al-Qa’eda in Yemen. Da anni va avanti un conflitto serrato tra governo centrale e i ribelli Huthi nel nord del Paese.

Sabato scorso 12 persone sono state uccise negli scontri tra le forze yemenite e i ribelli Huthi alla periferia di Amran, nel nord del Paese.

I ribelli, conosciuti come Huthi o Ansaar Allah, erano giunti nella città per prendere parte ad una manifestazione di protesta. Ma la situazione è presto degenerata quando hanno insistito ad attraversare armati un checkpoint all’entrata settentrionale della città.

La scorsa settimana, huthi armati con fucili di assalto erano sfilati ad Amran chiedendo le dimissioni del “governo corrotto”. Da diversi anni gli huthi combattono il governo centrale perché si sentono marginalizzati da Sana’a. La rimozione nel 2012 dell’ex Presidente Saleh, in seguito alle proteste popolari della “Primavera araba”, non ha migliorato la situazione.

Lo scorso mese, il Presidente Abd Rabbo Mansur Hadi e i leader di partito hanno concordato a trasformare lo Yemen in una federazione a sei regioni. I ribelli però, temendo che l’intenzione del governo sia quella di dividere il Paese in regioni povere e ricche, cercano di allargare la loro zona di influenza spingendosi nelle aree più vicine alla capitale. Negli scontri con le tribù locali lo scorso febbraio sono morte più di 150 persone. Dal canto suo Sana’a crede che l’obiettivo dei ribelli sia quello di prendere possesso di Amran per poi assediare la capitale.

Dopo dieci mesi di Conferenza Nazionale del Dialogo, conclusasi lo scorso dicembre e il rinnovo di un anno del mandato ad interim del Presidente Hadi, sarebbe dovuta iniziare una nuova fase che avrebbe dovuto trasformare il Paese in un sistema federale multi regionale ponendo così fine alle violenze. In realtà, però, la possibilità di una partizione federalista del Paese ha ingolosito i vari gruppi che cercano di ampliare la loro influenza garantendosi l’accesso alle materie prime e una maggiore vicinanza alla capitale. Negli scontri tra le varie etnie, soprattutto al Nord, l’esercito ha scelto di delegare a milizie lealiste la difesa dei luoghi sensibili.

Ma a condizionare l’operato del governo Hadi vi sono le pressioni esterne di Usa e Arabia Saudita. Al Presidente è richiesta la pacificazione del Paese cosicché possa essere arginato il fenomeno al-Qa’eda e possa essere garantita la continuità dei flussi commerciali verso l’estero.

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