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21/03/2014

L'illusione della precarietà espansiva

Il vertice di Berlino tra Angela Merkel e Matteo Renzi conferma che l’Italia è già oltre il vincolo del deficit statale al 3%. Per adesso, tuttavia, il governo tedesco non sembra volere insistere sui conti pubblici. L’attenzione, piuttosto, è rivolta all’impegno del governo italiano a realizzare nuove riforme del mercato del lavoro. Sembra dunque confermato lo scenario che era stato previsto dal “monito degli economisti” pubblicato lo scorso 23 settembre sul Financial Times: per fronteggiare la crisi dell’eurozona adesso si insiste un po’ meno sulla politica di austerity e si scommette piuttosto su una politica di ulteriore flessibilità dei contratti di lavoro. Il problema è che nemmeno questa ricetta trova riscontri empirici adeguati: la ricerca economica ha infatti evidenziato che la flessibilità dei contratti da un lato agevola la creazione di posti di lavoro ma dall’altro favorisce la loro distruzione, determinando così un effetto del tutto incerto sull’occupazione [1]. L’unico effetto prevedibile della precarietà è un ulteriore indebolimento contrattuale dei lavoratori, che può indurre un calo dei salari relativi. Parte del successo dell’economia tedesca è dovuto proprio al fatto che le riforme del mercato del lavoro hanno determinato una crescita salariale in Germania molto inferiore alla crescita salariale media dell’eurozona. La Germania ha visto così aumentare i propri occupati, ma ciò è avvenuto in gran parte a scapito degli altri paesi europei. Anche per questo, pensare di riequilibrare l’eurozona replicando il modello tedesco di competizione salariale è un’illusione. Dopo la fantasiosa dottrina della “austerità espansiva” tocca dunque alla “precarietà espansiva”? Stando alle evidenze disponibili si annuncia un’altra doccia fredda. Massimo Alberti intervista Emiliano Brancaccio (Università del Sannio).

[1] Uno dei numerosi esempi in tal senso è una rassegna di Boeri e van Ours, dalla quale si evince che un aumento della flessibilità dei contratti di lavoro determina effetti assolutamente incerti sugli stock di occupazione e disoccupazione: Tito Boeri e Jan van Ours, Economia dei mercati del lavoro imperfetti, Egea, Milano 2009, p. 249.


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