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29/01/2017

Vaccini: un dibattito tra sordi

Dopo la polemica scoppiata a Livorno in seguito all’intervento del sindaco Nogarin che si è schierato contro l’obbligatorietà della vaccinazione esavalente, vogliamo chiarire alcuni aspetti sull’argomento, perché la polemica muro contro muro non aiuta a capire cosa sta succedendo su un tema fondamentale come quello della salute.

Il dibattito sulle vaccinazioni pediatriche troppo spesso si riduce in uno scontro tra due fazioni opposte: i vaccinisti a tutti i costi e i contrari a prescindere. E diventa un pantano da cui non si esce.

Con la Regione Toscana (insieme all’Emilia Romagna) che ha reso obbligatori i vaccini per poter iscriversi alla scuola dell’infanzia, il dibattito si è nuovamente infiammato. Naturalmente diventando sui social network l’ennesima arena tra tifosi della cieca fiducia nella scienza e complottisti da bar. Ma in realtà dietro a questa polemica ci sono dibattiti più importanti.

Partiamo innanzitutto da tre premesse e una domanda.

1. Che i vaccini abbiano portato la salute pubblica e l’aspettativa di vita a livelli prima inimmaginabili è un fatto storico e riconosciuto da tutta la comunità internazionale, scientifica, politica e culturale.

2. Non ci pare che ciò sia messo in dubbio né da chi ha fatto la legge (ovviamente), né da chi si oppone.

3. La Costituzione italiana all’art. 32 dice che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Concetto ribadito anche da leggi, convenzioni e carte dei diritti. Che poi per la salute pubblica serva un equilibrio tra libertà individuale e interessi collettivi, è ovvio.

4. Con queste tre premesse il dibattito dovrebbe a nostro avviso incentrarsi nel merito di ciò che propongono le parti. Il fatto che i vaccini abbiano portato avanti la civiltà umana significa che nessuno debba più occuparsi nel merito di cosa ci propone la Regione o il servizio sanitario?

Il ragionamento che invece sarebbe auspicabile dovrebbe portare a rivedere le pratiche stesse di vaccinazione. È così necessario vaccinare con l’esavalente (6 vaccini in uno) a soli tre mesi di vita e da lì intraprendere un percorso vaccinale standard omologato che è uguale per tutti? Se una parte della comunità scientifica sostiene che prima di si inizia e meglio è per il sistema immunitario, esistono pareri altrettanto autorevoli che lo smentiscono. Stesso discorso per gli effetti collaterali, dove è innegabile che manchino studi indipendenti (che significa non pagati magari dalle case farmaceutiche che producono il siero vaccinale). Insomma se le questioni fossero più chiare forse ci sarebbero anche meno remore. Perché non promuovere invece dei piani vaccinali ad personam, magari fornendo la possibilità di accedere a singole vaccinazioni e non vaccinazioni multiple (che già per legge dovrebbero essere possibili, ma nella pratica sono chimere)? Perché non cambiare approccio verso la vaccinazione e passare da un tanto al chilo a piani personalizzati dove il pediatra è la figura centrale per il controllo dello stato di salute del bambino da sottoporre a vaccinazione? Non basta, infatti, “non avere la febbre” per ridurre i possibili effetti collaterali. Basta una malattia o infezione asintomatica e il sistema immunitario forse non si trova nelle migliori condizioni possibili. E per ultimo, come affidarsi ad un sistema che obbliga alla vaccinazione (con il deprecabile ricatto della non ammissione al nido e prima infanzia) previo consenso informato sui possibili danni? È evidente che tutto questo non può che portare alla diffidenza. Per non parlare che ogni regione fa cosa vuole. Se è un bene lo dovrebbe essere per tutto il territorio nazionale. Troppe le incertezze e nel dubbio meglio andare a fondo e cogliere questa occasione per rivedere completamente i protocolli vaccinali.

Di seguito proponiamo alcuni link dei comunicati politici e la delibera della Regione Toscana. Almeno chi legge può farsi un’idea.



Senza Soste redazione

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