Dopo la polemica scoppiata a Livorno
in seguito all’intervento del sindaco Nogarin che si è schierato contro
l’obbligatorietà della vaccinazione esavalente, vogliamo chiarire
alcuni aspetti sull’argomento, perché la polemica muro contro muro non
aiuta a capire cosa sta succedendo su un tema fondamentale come quello
della salute.
Il dibattito sulle vaccinazioni
pediatriche troppo spesso si riduce in uno scontro tra due fazioni
opposte: i vaccinisti a tutti i costi e i contrari a prescindere. E
diventa un pantano da cui non si esce.
Con la Regione Toscana (insieme all’Emilia Romagna) che ha reso obbligatori i vaccini per poter iscriversi alla scuola dell’infanzia, il dibattito si è nuovamente infiammato. Naturalmente diventando sui social network l’ennesima arena tra tifosi della cieca fiducia nella scienza e complottisti da bar. Ma in realtà dietro a questa polemica ci sono dibattiti più importanti.
Partiamo innanzitutto da tre premesse e una domanda.
1. Che i vaccini abbiano portato la
salute pubblica e l’aspettativa di vita a livelli prima inimmaginabili è
un fatto storico e riconosciuto da tutta la comunità internazionale,
scientifica, politica e culturale.
2. Non ci pare che ciò sia messo in dubbio né da chi ha fatto la legge (ovviamente), né da chi si oppone.
3. La Costituzione italiana all’art. 32
dice che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento
sanitario se non per disposizione di legge”. Concetto ribadito anche da
leggi, convenzioni e carte dei diritti. Che poi per la salute pubblica
serva un equilibrio tra libertà individuale e interessi collettivi, è
ovvio.
4. Con queste tre premesse il dibattito
dovrebbe a nostro avviso incentrarsi nel merito di ciò che propongono le
parti. Il fatto che i vaccini abbiano portato avanti la civiltà umana
significa che nessuno debba più occuparsi nel merito di cosa ci propone
la Regione o il servizio sanitario?
Il ragionamento che invece sarebbe
auspicabile dovrebbe portare a rivedere le pratiche stesse di
vaccinazione. È così necessario vaccinare con l’esavalente (6 vaccini in
uno) a soli tre mesi di vita e da lì intraprendere un percorso
vaccinale standard omologato che è uguale per tutti? Se una parte della
comunità scientifica sostiene che prima di si inizia e meglio è per il
sistema immunitario, esistono pareri altrettanto autorevoli che lo
smentiscono. Stesso discorso per gli effetti collaterali, dove è
innegabile che manchino studi indipendenti (che significa non pagati
magari dalle case farmaceutiche che producono il siero vaccinale).
Insomma se le questioni fossero più chiare forse ci sarebbero anche meno
remore. Perché non promuovere invece dei piani vaccinali ad personam,
magari fornendo la possibilità di accedere a singole vaccinazioni e non
vaccinazioni multiple (che già per legge dovrebbero essere possibili, ma
nella pratica sono chimere)? Perché non cambiare approccio verso la
vaccinazione e passare da un tanto al chilo a piani personalizzati dove
il pediatra è la figura centrale per il controllo dello stato di salute
del bambino da sottoporre a vaccinazione? Non basta, infatti, “non avere
la febbre” per ridurre i possibili effetti collaterali. Basta una
malattia o infezione asintomatica e il sistema immunitario forse non si
trova nelle migliori condizioni possibili. E per ultimo, come affidarsi
ad un sistema che obbliga alla vaccinazione (con il deprecabile ricatto
della non ammissione al nido e prima infanzia) previo consenso informato
sui possibili danni? È evidente che tutto questo non può che portare
alla diffidenza. Per non parlare che ogni regione fa cosa vuole. Se è un
bene lo dovrebbe essere per tutto il territorio nazionale. Troppe le
incertezze e nel dubbio meglio andare a fondo e cogliere questa
occasione per rivedere completamente i protocolli vaccinali.
Di seguito proponiamo alcuni link dei
comunicati politici e la delibera della Regione Toscana. Almeno chi
legge può farsi un’idea.
Senza Soste redazione
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