Domani la Corte Costituzionale discuterà sull’Italicum,
anche se non è detto che la decisione sia immediata (alcuni dicono che
la sentenza sarebbe già pronta da ottobre, quando venne rinviata).
Comunque, con il clima che c’è,
con il Parlamento immobilizzato in attesa delle sue decisioni, non è
probabile che la sentenza si faccia attendere troppo, per lo meno per
quanto attiene ai dispositivi. Dopo verranno le motivazioni, nel giro di
due-quattro settimane.
La cosa un po’ surreale è che la Corte sta decidendo su una legge elettorale che il Parlamento ha già deciso di sostituire,
un po’ come fare una tonsillectomia su un cadavere. In realtà, questa
sta diventando una sentenza “preventiva”, nel senso che la decisione,
più che la legge sottoposta ad esame, riguarda la prossima e per due
motivi: in primo luogo, perché fisserà la situazione di partenza per il
negoziato fra le forze politiche, in secondo perché fisserà i paletti
entro i quali dovrà (dovrebbe: non è la faccia quello che manca ai
politici...) tenersi il Parlamento per la prossima legge elettorale. Quindi la cosa più importante sarà il deposito delle motivazioni, ma già
dal dispositivo capiremo di che sa il vino che berremo.
Le questioni sottoposte al giudizio sono cinque:
– entità del premio di maggioranza;
– doppio turno;
– ampiezza dei collegi e capolistature “blindate”;
– candidature plurime;
– clausole di sbarramento.
Venendo al cuore del problema, si tratta di decidere
se il meccanismo del doppio turno, con soglia del 40% al primo turno
per ottenere il premio, sani o meno l’imperfezione costituzionale della
legge precedente, il cui premio venne ritenuto eccessivo dalla Corte con
la sentenza del 3 dicembre 2013.
Per la verità, la Corte non aveva fissato limiti precisi ma era
restata sul vago, dicendo che l’esigenza di garantire la
rappresentatività del Parlamento prevale su quella della governabilità.
Ora però il problema è molto più stringente, perché la legge un
limite lo ha posto: il 40% al primo turno, per cui occorre dire se un
premio che può raggiungere il 14% (la legge garantisce il 54% dei seggi)
sia accettabile o no e, quindi, occorre fissare una qualche soglia.
Tenendo conto che l’indice di disrappresentatività sarà anche superiore
per effetto delle soglie di sbarramento che lasceranno fuori un certo
numero di liste (nel 2013 restarono senza rappresentanza circa il 7%
degli elettori). Ma fissato un qualche limite numerico, questo poi si
riflette anche su altri sistemi come, per esempio, quello uninominale
(ma ne parliamo più avanti).
Poi viene la questione del ballottaggio che non risolve ma anzi aggrava il problema.
Infatti, se è vero che il premio viene deciso da chi prende il 50% più
un voto, è però vero che l’indice di disrappresentatività si calcola sui
voti ottenuti al primo turno, per cui è possibile che vinca quello che
era arrivato secondo e magari aveva ottenuto solo il 20% dei voti.
Infatti, la letteratura internazionale (Lijphart per tutti) indica i
sistemi a doppio turno come quello francese ancora più
disrappresentativi di quello inglese calcolando un tasso probabile di
discostamento intorno al 12%. Qui, per di più, abbiamo un sistema
politico a tre, per cui il tasso sarebbe anche più alto. Quindi, è poco
probabile che il ballottaggio possa resistere all’esame di
costituzionalità, a meno di non smentire la sentenza di tre anni fa.
E se dovessero essere confermate le soglie di sbarramento
occorrerebbe tenere presente che un tasso di forzatura ci sarebbe già,
per cui occorrerebbe, in qualche modo, fissare una tasso complessivo
espresso in un valore numerico (quantomeno approssimativo), entro il
quale il sistema elettorale sia compatibile con il principio di
rappresentatività.
Ad esempio, se la nuova legge dovesse alzare sensibilmente la soglia
di sbarramento, ad esempio al 7 o 8% (in Grecia, in un certo periodo si
era arrivati al 12% se ben ricordo), praticamente solo i 4 partiti
maggiori (Fi, M5s, Pd e Lega) ma escludendo dalla rappresentanza una
fetta di elettorato che potrebbe raggiungere il 20%: sarebbe
tollerabile?
Un tasso approssimativo porrebbe anche problemi ad una reviviscenza del famigerato Mattarellum,
perché il sistema uninominale ha di per sé un tasso di
disrappresentatività abbastanza alto: gli esperti parlano di “legge del
cubo” in quanto ad ogni differenziale dei voti assoluti corrisponde uno
spostamento tendenziale in seggi elevato al cubo; ad esempio, se il
primo partito prende il 2% in più del secondo, la differenza in seggi
sarà dell’8% (2x2x2) e se è del 3% la differenza sarà del 27% (3x3x3),
Ovviamente si tratta di valori tendenziali, perché, man mano che il
differenziale cresce, l’effetto in seggi diventa meno che “alla terza”.
Ma qui, per di più, abbiamo una competizione che è, bene che vada, a
tre, quindi siamo proprio alla lotteria.
Tuttavia abbiamo fondati motivi per ritenere che i giudici della Consulta
(ovviamente tutti laureati in Giurisprudenza e di formazione
umanistica) abbiano le idee particolarmente chiare in materia, perché
questo presupporrebbe una formazione matematica di cui è lecito
dubitare, ma staremo a vedere.
Comunque, quello che la sentenza dirà sarà in ogni caso vincolante (e
qui lasciamo perdere le questioni minori come le capolistature
bloccate, le candidature plurime, l’ampiezza dei collegi eccetera).
Sin qui le questioni puramente giuridiche, ma questa volta come non mai faremo i conti con una sentenza politica
(e quella sui quesiti della Cgil è stata già una avvisaglia). Qui
occorre tener conto che i presupposti stessi del maggioritario sono
venuti meno per il formarsi del terzo polo (il M5s che, come vedete, può
vantare benemerenze importanti), e soprattutto per il risultato del
referendum che ha travolto la cultura iper governista che l’aveva fatta
da padrona negli ultimi 20 anni. Inoltre, fra le forze politiche c’è una
decisa voglia di proporzionale. Praticamente a difendere il
maggioritario (ma senza sapere come fare ad evitare che avvantaggi il
M5s) c’è il solo Pd che però è il partito battuto al referendum e
quindi non può alzare la voce più di tanto.
Quindi, sembra probabile che la Corte opti per un sistema di
tipo sostanzialmente proporzionale con clausole di sbarramento, in
sostanza lo stesso modello del Consultellum proposto dalla Corte tre
anni fa.
Questo è quello che sarebbe logico accadesse, ma questo è un paese in
cui la logica non è il faro più seguito, per cui stiamo a vedere...
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento