di Gideon Levy – Haaretz
(traduzione di Cristiana Cavagna – Zeitun.info)
I palestinesi e gli arabi israeliani sono un bersaglio facile. Lo sono nei territori occupati e in Israele. Lo sono perché il loro sangue vale poco.
Vale poco a Umm al-Hiran e vale poco al checkpoint di Tulkarem. Vale
poco nei cantieri edili [molti palestinesi lavorano come muratori in
Israele, ndtr] e vale poco ai posti di blocco.
Quando le persone uccise sono arabe, a nessuno importa.
Quando un soldato viene ucciso in un incidente, è una notizia da prima
pagina. Ma quando un palestinese viene ucciso mentre sta camminando
verso casa sua, a nessuno importa. Nessuna delle persone uccise
negli ultimi giorni sarebbe stata colpita a morte se non si fosse
trattato di un palestinese o di un beduino. Ci sono dubbi sul fatto che
ognuno di loro meritasse di morire. E’ stata una strage al fine di
spostare l’attenzione da altre vicende, come è già successo in Israele e
come è normale nei regimi poco trasparenti? Difficile dirlo. Ma si può con certezza dire: sono un facile bersaglio.
Lo sono stati mercoledì nel Negev. Ecco il sionismo del 2017 –
la distruzione di una comunità di rifugiati beduini per costruire al
suo posto una comunità ebraica. E’ la violenza che sta alla
base del sionismo, nazionalista e razzista. Se si confronta questo caso
con quello dell’avamposto di Amona (insediamento di coloni che doveva
essere sgomberato in base ad una sentenza dell’Alta Corte israeliana,
ndtr.) si ha la prova evidente dell’apartheid: negoziati e risarcimenti
per gli ebrei, brutalità per gli arabi.
In nessuna situazione di espulsione di ebrei la polizia avrebbe sparato in quel modo. A Umm al-Hiran lo si può fare.
E’ anche consentito ferire il capo della Lista Unita Ayman Odeh, perché
la polizia è stata addestrata a pensare che i membri arabi della
Knesset sono dei traditori. Questo è quanto hanno sentito dire dal loro
ministro della pubblica sicurezza, Gilan Erdan (del partito di destra
Likud, ndtr.).
Yakub Abu al-Kiyan, un insegnante, è stato colpito a morte
nella sua macchina perché l’avrebbe lanciata di proposito contro un
poliziotto. Immediatamente le autorità hanno diffuso le loro
menzogne su di lui. Hanno detto che era legato allo Stato Islamico e che
aveva quattro mogli. (Il deputato Ahmad Tibi [della Lista Unitaria,
coalizione di partiti palestinesi di Israele, ndtr.] afferma che l’unica
moglie di Abu al-Kiyan ha un dottorato di ricerca, e che suo fratello è
un ispettore del Ministero dell’Educazione [i cui funzionari arabi sono
selezionati in base alle informazioni dei servizi di sicurezza,
ndtr.]).
Dopo questo, come si può credere alla polizia, che si è
affrettata a dichiarare che lui stava deliberatamente lanciando l’auto
contro un poliziotto? Almeno un testimone, Kobi Snitz, ha detto
ad un sito web di aver visto il contrario. Prima la polizia ha
sventagliato di proiettili l’auto di Abu al-Kinyan, e poi lui ha perso
il controllo della vettura. Anche un video postato mercoledì solleva
pesanti sospetti su quanto accaduto. Si ha l’impressione che gli spari
siano stati precedenti all’investimento.
Ma molto altro nel corso della settimana scorsa ha preceduto
gli avvenimenti di Umm al-Hiran. Nel campo profughi di Fara i soldati
hanno ucciso un uomo che si era appena svegliato: 11 pallottole a
bruciapelo di fronte a sua madre; i soldati affermano che stava
cercando di aggredirli. Mohammed al-Salahi era figlio unico e viveva
con la madre in un’unica stanza.
Nella città palestinese di Tuqu la polizia di frontiera ha ucciso un diciassettenne, Qusai al-Amour,
che aveva lanciato pietre – ovvia vendetta. Poi hanno trascinato il
ragazzo morente per terra come un sacco di patate. Mentre lo facevano,
ha battuto la testa sulle pietre, mentre le telecamere filmavano la
scena.
Il giorno dopo le telecamere hanno documentato anche l’uccisione di Nadal Mahadawi, di 44 anni, al checkpoint di Tulkarem.
Una scena orribile. Lo si vede tranquillamente fermo in piedi quando i
soldati sparano senza apparente ragione. Quando cerca di fuggire, in
quella che sembra una corsa per salvarsi, loro lo uccidono.
Ma nulla di grave, il “terrorista” è stato ucciso.
Così i media hanno descritto il fatto. Il modo in cui è stato trascinato
il giovane ferito a Tuqu e l’esecuzione al checkpoint dovrebbero
sconvolgere chiunque. Soprattutto dovrebbero sconvolgere tutti gli
israeliani, perché chi ha fatto questo sono i loro figli, i loro soldati
e i loro poliziotti. Ma le vittime erano palestinesi.
Un unico filo unisce Umm al-Hiran, Tuqu, Fara e Tulkarem – il
filo della disumanizzazione che guida soldati e polizia. Inizia con le
campagne di istigazione e finisce con le truppe dal grilletto facile.
Le radici sono profonde; devono essere riconosciute. Per la maggioranza
degli israeliani tutti gli arabi sono uguali e non sono esseri umani
come noi. Loro non sono come noi. Loro non amano i propri figli o la
propria vita come facciamo noi. Sono nati per uccidere. Non c’è
nessun problema ad ucciderli. Sono tutti nemici, oggetti sospetti,
terroristi, assassini – la loro vita e la loro morte valgono poco.
Quindi uccideteli, perché non vi succederà niente. Uccideteli, perché è l’unico modo di trattarli.
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