Le forze alleate del presidente in esilio Hadi sono riuscite ieri a
conquistare la città di Mokha (sul Mar Rosso) dopo violenti scontri con i
ribelli sciiti houthi. A rivelare la notizia è stato il Brigadiere
Generale Ahmed Seif al-Yafai nel corso di una conferenza stampa.
L’avanzata in città è molto importante dal punto di vista strategico: l’obiettivo della coalizione a guida saudita che sostiene Hadi è “liberare” l’intera costa occidentale
(compresi i porti di Hodeida e as-Saleef) dove arrivano cibo e beni di
prima necessità per le regioni settentrionali del Paese (controllate
dagli houthi) e dove, afferma Riyadh, giungerebbero per i ribelli anche
le armi iraniane. Se si riuscissero a interrompere i rifornimenti via mare, sostiene Riyadh, gli houthi sarebbero isolati dal mondo:
la coalizione ha infatti già imposto una no-fly zone che di fatto rende
inutilizzabile l’aeroporto della capitale Sana’a ancora sotto il
controllo delle forze sciite.
Le forze armate di Hadi e i combattenti di “Resistenza del sud”, aiutati dai bombardamenti della coalizione e da un piccolo contingente di truppe e di carri armati degli Emirati Arabi Uniti, hanno lanciato l’offensiva lunga la costa occidentale del Paese lo scorso 7 gennaio.
Oltre a impedire i rifornimenti alle regioni settentrionali yemenite
controllate dai ribelli, la campagna militare nell’area mira anche a
proteggere lo stretto di Bab al-Mandeb dove transitano circa 4 milioni
di barili di petrolio al giorno diretti verso Europa, Stati Uniti e
Asia. Gli scontri in questa zona tra houthi (sostenuti dai sostenitori dell’ex presidente Saleh) e
i lealisti di Hadi sono stati molti volenti: soltanto tra sabato e
domenica, infatti, 66 combattenti sono stati uccisi (52 i morti tra i
ribelli).
I progressi militari della coalizione giungevano nelle stesse ore in cui l’inviato Onu per lo Yemen, Ismail Ould Shaykh Ahmed,
terminava la sua visita ufficiale nel Paese. Durante la sua missione
diplomatica, l’alto funzionario internazionale ha incontrato a nord i
ministri dell’esecutivo ribelle (non riconosciuto internazionalmente) e
ha visitato a sud Aden, la “capitale” temporanea di Hadi.
“Entrambe le parti devono porre fine alla violenza in modo da alleviare
le sofferenze del popolo yemenita e aprire la strada ad un negoziato di
pace” ha dichiarato Shaykh Ahmed. Quello di cui abbiamo bisogno
in questa fase – ha poi aggiunto – non sono solo parole, ma impegno e
risultati”. Una mancata pacificazione, ha infatti spiegato, causerà
“altri morti e un ulteriore peggioramento della situazione economica e
umanitaria”.
Secondo un ufficiale del governo di Aden citato dall’Ap, la visita
dell’inviato Onu all’esecutivo ribelle ha fatto infuriare Hadi perché ha
di fatto legittimato un organismo non riconosciuto dalla comunità
internazionale. Hadi, sostiene la fonte, si sta impegnando a rimettere
in moto il processo di pace sponsorizzato dagli Usa che prevede la
formazione di un governo di unità nazionale con i ribelli.
L’ufficiale, che si è espresso in condizione di anonimato perché non
autorizzato a parlare, ha detto però che il presidente yemenita in
esilio accetterà un accordo di pacificazione solo se si baserà sulla
risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu (ritiro dei ribelli
dalle città conquistate e la consegna di tutte le armi in loro possesso)
rigettando qualunque altra soluzione che non contenga questa
condizione.
Ieri, intanto, l’organizzazione non governativa Save the
Children ha esortato il governo britannico a fare maggiori pressioni
sull’Arabia Saudita affinché vengano difesi i diritti dei bambini
yemeniti. “Riyadh sta utilizzando sistemi aerospaziali
britannici e ha ricevuto licenze per un valore di 3 miliardi di sterline
per equipaggiamento militare. E’ uno dei principali alleati del Regno
Unito, ma tuttavia ha fatto poco per difendere i bambini” ha denunciato
il direttore dell’organizzazione, Kevin Watkins. “E’ giunta l’ora che
[Londra] alzi la sua voce in campo diplomatico e ribadisca come le
nazioni che bombardano indiscriminatamente scuole e che conducono assedi
umanitari privando i bambini di medicine e cibo stanno agendo al di
fuori dei valori che proteggono la politica estera del Regno Unito”.
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, 7.400 persone sono
state uccise in Yemen da quando è iniziata la guerra civile (marzo
2015). Il dato delle vittime potrebbe essere però ben più elevato: un
portavoce dell’Onu ha infatti dichiarato che sono morte più di 10.000
persone.
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