di Michele Paris
L’inattesa sconfitta nel primo turno delle primarie presidenziali in
Francia dell’ex primo ministro, Manuel Valls, rischia di aggravare la
profonda crisi in cui versa il Partito Socialista d’oltralpe (PS) dopo
cinque anni sotto la guida del super-screditato François Hollande e dei
governi da lui nominati. Valls ha chiuso al secondo posto dietro al
“frondista” e suo ex ministro Benoît Hamon, in grado di intercettare la
maggior parte dei consensi di un elettorato Socialista che continua a
chiedere politiche progressiste e a respingere la deriva liberista
accentuatasi in questi ultimi anni.
La destra del PS francese è
apparsa essere in netta minoranza nella consultazione di domenica.
Valls, emblema stesso dell’involuzione reazionaria del suo partito, si è
fermato a poco più del 31%, mentre Hamon ha superato quota 36%.
Se
ai voti del 49enne ex ministro dell’Educazione e deputato del
dipartimento di Yvelines si aggiunge il 17,6% ottenuto da un altro ex
membro di “sinistra” del primo governo Valls, Arnaud Montebourg, si
comprende agevolmente come la maggioranza dei votanti auspichi una
svolta in senso progressista del Partito Socialista. Sia Hamon che
Montebourg erano stati di fatto allontanati dal governo Valls nel 2014
per avere criticato le politiche economiche liberiste dell’allora primo
ministro.
Al di là dei risultati, le primarie di domenica si sono
tenute prevedibilmente in un’atmosfera di relativa indifferenza.
L’ostilità dei francesi nei confronti dei governi Socialisti e del
presidente Hollande si è manifestata con un’affluenza che è stata meno
della metà rispetto a quella registrata qualche settimana fa nelle
primarie della destra gollista, vinte anch’esse a sorpresa da François
Fillon.
Hollande sta facendo segnare il minimo storico nei
livelli di approvazione per un presidente in carica dopo che il suo
mandato è stato caratterizzato dall’implementazione e dal tentativo di
implementazione di misure di austerity e dallo smantellamento dei
diritti dei lavoratori. Ancora, Hollande e lo stesso Valls sono
identificati con l’adozione di misure anti-democratiche, come lo
scavalcamento delle prerogative del Parlamento e lo stato di emergenza
tuttora in vigore, quest’ultimo destinato teoricamente a combattere la
minaccia di attentati terroristici.
Hamon ha in ogni caso
incassato già nella serata di domenica l’appoggio di Montebourg, anche
se il conforto della matematica potrebbe non essere sufficiente a
garantirgli il successo nel secondo turno delle primarie di domenica
prossima. Per i media francesi, a influire sulle scelte degli elettori
del PS potrebbe essere il dibattito televisivo previsto a metà settimana
tra Hamon e Valls.
Chiunque
esca vittorioso dalle primarie, il candidato Socialista alla
successione di Hollande, il quale ha da tempo ha annunciato di non
volersi ripresentare alle elezioni per evitare una clamorosa batosta,
sembra essere comunque destinato a una sonora sconfitta nel primo turno
delle presidenziali nel mese di aprile.
I più recenti sondaggi
danno addirittura l’aspirante presidente del PS in quinta posizione nel
primo turno delle presidenziali, dietro a Fillon e a Marine Le Pen del
Fronte Nazionale (FN) di estrema destra, ma anche all’indipendente ex
ministro Socialista, Emannuel Macron, e a Jean-Luc Mélenchon del Partito
di Sinistra (PG).
Dietro a Hamon si sono coalizzate quelle forze
che cercano di conservare una qualche credibilità del PS, impostando
una campagna elettorale basata sulle critiche all’impopolare presidenza
Hollande e proponendo l’illusione di un partito che, dietro le pressioni
popolari, possa mettere in atto misure come l’istituzione di un reddito
minimo universale garantito per tutti.
Quest’ultima è una delle
due proposte cardine di Hamon, da finanziare con una ancora più
improbabile tassa sulla ricchezza in un clima nel quale le classi
dirigenti di qualsiasi schieramento, in Francia come altrove, appaiono
sempre più ostili anche a un minimo aumento della spesa sociale. L’altra
iniziativa propagandata da Hamon è l’ulteriore riduzione dell’orario
lavorativo settimanale da 35 a 32 ore.
La fragilità del PS
rischia di aggravarsi dopo il secondo turno di domenica prossima.
Un’eventuale vittoria di Hamon acuirebbe le divisioni interne, nascoste a
malapena negli ultimi cinque anni dal timore di riconsegnare il governo
alla destra. Sotto la spinta dell’estrema destra e con la prospettiva
sia di vedere all’Eliseo un presidente gollista critico dell’Unione
Europea sia di sparire virtualmente dalla mappa elettorale francese, la
maggioranza del PS e le forze borghesi europeiste che a esso fanno
riferimento potrebbero optare per una soluzione clamorosa.
Invece
di appoggiare Hamon per la presidenza, questi ultimi potrebbero cioè
dare il proprio sostegno a Emmanuel Macron, lasciando il candidato
Socialista ufficiale a poter contare solo sui “frondisti” della
“sinistra” del partito. Già alla vigilia delle primarie, decine di
membri del PS che ricoprono cariche elettive a livello regionale avevano
annunciato il loro appoggio a Macron, mentre fonti vicine a Hollande
avevano affermato, prima di smentire le loro stesse dichiarazioni, che
lo stesso presidente era pronto ad appoggiare l’ex banchiere ed ex
ministro dell’Industria diventato indipendente.
Quali che siano
le scelte di Hollande, è innegabile che Macron trovi ampi consensi nelle
stanze del potere in Francia, soprattutto tra coloro che, ormai sicuri
dell’inevitabile rovescio elettorale che attende i Socialisti, intendono
puntare su un candidato che rappresenti un punto di riferimento per il
business all’interno di un quadro europeista.
Macron,
in altre parole, potrebbe essere l’unica residua speranza per
installare all’Eliseo un presidente che, presentandosi con un’apparenza
di modernità e un finto appeal da giovane imprenditore vincente,
prosegua con le distruttive politiche di austerity di Hollande e si
adoperi per evitare l’implosione dell’UE.
Se Valls dovesse quindi
fallire, buona parte dei vertici del PS e dei poteri che a questa
fazione fanno riferimento potrebbe essere pronta a scommettere su un
candidato dal chiaro profilo ultra-liberista, chiudendo così
definitivamente il cerchio di un percorso verso destra.
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