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17/05/2017

Elezioni. Genova tra passato... e futuro

Intervista al consigliere comunale Antonio Bruno esponente di “Genova in Comune”. Questa è la prima di una serie di interviste che, in procinto delle elezioni amministrative, verranno fatte ad alcuni noti attivisti “base” della Superba. Antonio Bruno, è uno dei consiglieri comunali che, elettro tra le fila della Federazione della Sinistra, si è maggiormente distinto (insieme a Giampiero Pastorino) per l’opposizione coerente delle politiche intraprese ben presto dalla Giunta Doria, nonostante fosse stato eletto appoggiando l’ultimo baluardo della “rivoluzione arancione”.

Le domande, partendo dall’oggi, vanno a ritroso lungo la sua ventennale esperienza di consigliere e militante politico della sinistra anti-liberista.

Puoi fare un quadro sintetico dell’ultima fase della Giunta Doria, in particolare ciò che concerne il tentativo di aggregazione AMIU-IREN e le misure più rilevanti del bilancio approvato?

Il Consiglio Comunale eletto nel 2012 è il Consiglio Comunale che vede una presenza di “sinistra” più marcata rispetto a tutti gli altri. Il Pd non è più maggioranza assoluta e il Sindaco Doria appare espressione di movimenti impegnati per la difesa del servizio pubblico, la lotta alle grandi opere e la partecipazione. Forse sono queste caratteristiche percepite che gli permettono di vincere le primarie contro l’ex Sindaco Vincenzi e la non ancora ministra Pinotti e non permettono al Movimento 5 stelle di Paolo Putti [fuoriuscito dal Movimento e ora candidato sindaco per la lista civica “Chiamami Genova”. NdC] di andare al ballottaggio.

Lo stesso programma del Sindaco appare ambiguo solo sul Terzo Valico, mentre apre spazi interessanti sulle altre questioni.

Ma da subito i Comitati Doria – che erano un luogo di partecipazione – vengono chiusi o marginalizzati e, durante il mandato, la Giunta Doria approva la Gronda Autostradale di Ponente: raddoppio della autostrada tra Genova Voltri e Genova Ovest, con limitati interventi sul nodo di Genova Ovest, che è il vero tappo di bottiglia del traffico genovese. Inoltre appoggia costantemente la costruzione del collegamento ad alta velocità ferroviaria Genova-Fegino – Tortona, chiamato Terzo Valico, anche se di valichi tra Genova e il Piemonte ce ne sono già tre.

Queste due Grandi Opere, 4 milioni di euro per la Gronda, 6,2 miliardi la Tav – Terzo Valico, sono significative per il sistema economico che governa la Liguria: grandi investimenti – nel caso del Terzo Valico tutti pubblici – , senza alcuna gara europea, grande impatto sulle popolazioni e sulla loro salute, visto che tra l’altro le colline attorno a Genova sono piene di materiale amiantifero.

Da decenni queste opere sono proposte sotto diversa forma “Bretella Autostradale Voltri Rivarolo” – la Gronda; “Supertreno” o “Alta Capacità” – il Terzo Valico.

Da decenni associazioni, comitati e politici (pochi) si oppongono, propongono – senza essere ascoltati – soluzioni alternative.

Inoltre, la Giunta Doria promuove lo svilimento dei servizi pubblici tentando dapprima di privatizzare l’azienda del trasporto pubblico AMT e poi la s.p.a. in house AMIU. Obiettivi, al momento, non raggiunti per la strenua opposizione di alcuni di noi e dei lavoratori.

Doria rompe poi decisamente con le aree dei centri sociali, durante il suo mandato si assiste allo sgombero del LSOA Buridda, mentre per quanto riguarda le politiche abitative, non vi è stata alcuna politica di blocco degli sgomberi per i “morosi incolpevoli”. L’unico impegno assolto è quello sui diritti di genere e per i migranti con il progetto “Chanche”.

Sei stato uno dei pochi rappresentanti della politica “ufficiale” a prendere nettamente parola contro il decreto ora legge Minniti-Orlando ed il DASPO urbano, e in generale a rivelare i rischi di una torsione autoritaria in città. Tenendo conto che una giovane generazione di attivisti che dall’Onda in poi si è affacciata alla politica è stata criminalizzata con uno stillicidio di denunce, processi e condanne: come ci si può opporre a questa tendenza neo-autoritaria delle istituzioni?

Difficilissimo. Certo si tocca con mano che settori della società che non hanno rapporti – riferimenti politici, specie in Parlamento, oggi sono massacrati e indifesi sin nella loro dignità. D’altro canto, si sta diffondendo un virus securitario e paranoico.

Siamo arrivati al punto che in Consiglio Comunale sono Prefetto e Questore a dirci che i reati sono in calo e che l’emergenza criminalità è frutto di campagne politiche montate ad arte.

Alti esponenti della Polizia intervengono per dire che questo o quel centro sociale sono comunque importanti perché “lì si fa politica”, mentre media e molti colleghi consiglieri strepitano contro l’illegalità diffusa degli antagonisti.

Telecamere e ronde sono un effetto placebo e un formidabile strumento di campagna politica di criminalizzazione verso minoranze, specie quelle politiche.

Bisognerebbe riannodare i fili politici tra settori antagonisti e forze che intendono lavorare anche nelle istituzioni.

Quali sono stati secondo te i nodi politici principali che emergono da questa esperienza amministrativa del centro-sinistra nel suo complesso?

Il centro sinistra è subordinato alla finanza e alla tecno-burocrazia, si limita a “gestire le miserie”, “curare i feriti di una guerra” che in effetti subisce quando non condivide.

Purtroppo ci sono esponenti della società civile che seguono i loro interessi particolari (giardinetto, progettino, ecc.) rinchiudendosi in un recinto che non mette in discussione le regole del gioco.

Quando e come hai deciso di uscire dalla maggioranza, nonostante tu avessi partecipato a quell’ampio e variegato arco di forze che avevano appoggiato la candidatura di Doria alle precedenti elezioni?

Sono uscito quando è stato dato il parere positivo alla Gronda Autostradale, una grande opera inutile, fortemente impattante sul territorio, da parte del Consiglio Comunale, anche di chi è stato eletto perché contrario a questo intervento. Nel frattempo si stava delineando lo sfascio dei servizi pubblici e l’apertura a banche e fondi speculativi.

Quali sono stati invece le grandi trasformazioni introdotte a Genova grazie all’operato dell’amministrazione comunale prima con Pericu, poi con la Vincenzi e negli ultimi anni Doria che hanno cambiato il volto della città e che costituiscono l’eredità in negativo per la Superba e i suoi abitanti?

La mancanza di una riconversione ecologica e sociale dell’economia ha consegnato la città a diventare un corridoio per le merci prodotte con sfruttamento bestiale di persone e natura nel Sud del mondo. Messa sul mercato della ricchezza maggiore dell’Amministrazione: i servizi pubblici, primo tra tutti il servizio idrico, prima con la vendita (illegittima) degli invasi, poi con la trasformazione di Amga in Spa durante la giunta Sansa, in ultimo la formazione in multi utility prima Iride (con aziende piemontesi), successivamente Iren (con ingresso comuni emiliani).

Quali sono le maggiori trasformazioni intercorse lungo la tua lunga esperienza di consigliere nella rappresentanza politica, in particolare in quelli che ne sono stati i vettori politici quali i partiti?

I partiti erano luoghi dove comunque si discuteva e da cui passavano tutte le decisioni, che alla fine venivano assunte dai segretari che dettavano la linea ai Sindaci. Oggi apparentemente è tutto più liquido, tutto più casuale. In effetti è il potere che si è trasformato, cerca di instillare alcuni paradigmi efficientisti, apparente buon senso. Quante volte sentiamo dire: “la rumenta non è di destra o di sinistra”, oppure “la sicurezza non è di destra o di sinistra”. Di fatto significa che Amiu deve essere privatizzata e un tutti gli uomini sono uguali, però i profughi un po’ meno e così alcuni politici, dopo aver votato l’indigeribile tornano dalla loro cooperativina, dalla loro associazione, dal comitatino con le briciole elemosinate per un voto favorevole o un mal di pancia al momento giusto.

E quando il gioco si fa duro, allora... Vedi sono stato in consiglio comunale coabitando con esponenti che, si diceva, avevano cattive amicizie, ma nessuno aveva mai tentato di intimidirmi, minacciando un mio amico, come è stato in occasione dell’aggregazione di Amiu con la multiutility Iren. Beh, almeno ho finito in bellezza.

Qual è stato il rapporto tra le istanze dei movimenti sociali e consiglieri come te in questi anni, qual è stata in sintesi la dialettica tra movimento reale e rappresentanza politica, e come pensi possano essere strutturati in futuro?

C’è movimento sociale e movimento sociale. In genere i movimenti contro le Grandi Opere o per obiettivi specifici sono molto concentrati sul loro obiettivo e hanno un atteggiamento pragmatico. Quando avevo un ruolo importante nell’amministrazione venivo coinvolto, passando all’opposizione in un ruolo oggettivamente marginale questi movimenti si rivolgono a chi può incidere maggiormente. Le aree più antagoniste si sono progressivamente allontanate dal rapporto con le istituzioni. I movimenti “altermondialisti” che avevano un ruolo politico a tutto tondo oggi a Genova non esistono quasi più.

Sei stato uno dei principali e primi esponenti della piattaforma politico-sociale “Genova in Comune” che ha deciso di non sostenere organicamente nessuna lista elettorale, ma di appoggiare solo alcuni esponenti di “Chiamami Genova” e questa volta hai deciso di non candidarti. All’interno di questa lista ci sono alcuni candidati che rappresentano una certa continuità con il blocco di potere di cui la Giunta Doria è espressione (dirigenza della Lega delle Cooperative e della CGIL) o che hanno espresso posizioni non nette su alcuni nodi centrali della politica cittadina come Grandi Opere e Privatizzazioni: secondo te quali sono i limiti e le prospettive di “Chiamami Genova”?

“Chiamami Genova” potrebbe essere un’esperienza interessante che mette in relazione settori che contrastano il neoliberismo, pur provenendo da mondi differenti. Per riuscire a mobilitare l’astensionismo (fortissimo tra settori popolari e marginali) deve da un lato promuovere forme di politica dal basso e forme di democrazia partecipata inedite e non burocratiche, dall’altro gridare a gran voce quei due – tre punti che periferie e settori marginali attendono: lotta alla finanza, alle rendite di posizione, alle trame di potere affaristico criminale.

Direi servizi pubblici! Senza difendere l’esistente, ma coinvolgendo cittadini e lavoratori nella gestione delle aziende partecipate, meglio se tornano nella forma azienda speciale; contrastare lo scandalo di decine di migliaia di case vuote, mentre molti sono costretta a dormire per strada o a convivenza forzata – non mi pare estremistico prevedere la requisizione delle case sfitte di banche e fondi speculativi – pensare, insieme ai movimenti altermondialisti, una diversa economia: promuovere forme di vera cooperazione economica, blocco dei grandi supermercati – e quelli che ci sono paghino alla collettività una quota per i parcheggi a loro disposizione – basta speculazioni immobiliari nelle aree dismesse che vanno dedicate alle cooperative di cui sopra.

Per fare politica non basta essere dei “bravi ragazzi” (questo lo pensavano alcuni gruppi scout prima di Papa Francesco...) bisogna entrare nei conflitti e saperli gestire, dalla parte di chi è sfruttato e marginalizzato.

Un raggruppamento politico che vuole governare Genova deve dire chiaramente se proporrà la fusione Iren – Amiu, oppure se accetta la politica di austerità del governo.

In generale quale pensi possa essere il futuro per chi voglia costruire una rappresentanza politica delle classi subalterne in questo Paese che rompa con il quadro politico dato?

Mah, non saprei. Lavorare sul territorio e nello stesso tempo connettersi a esperienze e lotte italiane e mondiali. Ricostruire una narrazione non nazionalistica e un’alternativa globale. Il pianeta come patria, e l’umanità come popolo. Però sempre dentro le dinamiche locali.

Infine, un ultima domanda, sei sempre stato per sensibilità, cultura politica e impegno in prima persona, legato alle lotte ambientali e pacifiste. Quali sono secondo te i compiti attuali a Genova su questi due fondamentali nodi politici?

Non si possono scindere le due questioni. La riconversione economica e sociale dell’economia significa ciclo corto delle materie, nuove produzioni nella nostra città e non solo transito merci, ripresa agricoltura di famiglia, commercio equo solidale con il Sud del mondo, boicottaggio prodotti non equi e prodotti da soggetti sfruttatori, riallaccio di rapporti comunitari, contrastare la finanza e riprendere in mano le produzioni.

Ma soprattutto superare una concezione del mondo basato su stati – possono andare bene per le partite di calcio – e su popoli autosufficienti. Il solo fatto che sia stato possibile a Barcellona una grande manifestazione per l’accoglienza dei profughi, fa capire come siamo di fronte a un’esperienza esemplare. Barcellona è molto simile a Genova e, ad esempio, sta cercando di affrontare la questione turismo, senza che per questo le persone meno ricche debbano scappare per l’aumento del costo della vita nei quartieri del centro città.

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