Russia e Turchia sono favorevoli alla creazione di 4 “safe-zone” in
Siria per “diminuire” l’intensità del conflitto. È quanto emerso ieri
dall’incontro a Sochi tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo
pari turco Recep Tayyip Erdogan. Le quattro aree individuate
sono quelle delle province di Idlib, Homs, la Ghouta orientale vicino
Damasco e una zona al sud del Paese. Secondo l’intesa, questi 4
territori saranno monitorati da osservatori internazionali e
permetteranno il “volontario ritorno” dei rifugiati.
La proposta è stata subita salutata con favore dal governo siriano che, per bocca del suo ministro degli esteri, ha fatto sapere di “sostenere pienamente” l’iniziativa russa. Di
diverso avviso è l’opposizione che con un suo rappresentante, Ahmed
Ramadan, non ha nascosto le perplessità per un’intesa che avanza il
cessate-il-fuoco soltanto in alcune aree del Paese e non a
livello nazionale come si era concordato a dicembre. Senza dimenticare,
ha poi sottolineato Ramadan, che allora si era discusso anche del
rilascio dei detenuti, un punto che al momento non sembra essere in
agenda.
La proposta russo-turca giunge nelle ore in cui ad Astana
dovrebbe iniziare il quarto round dei negoziati tra Damasco e
opposizioni sponsorizzato da Russia, Iran (alleati del presidente siriano al-Asad) e Turchia
(sostenitrice dell’opposizione). Il condizionale è d’obbligo perché
fino a ieri sera i “ribelli” avevano deciso di non presentarsi agli
incontri. Una sospensione, dichiarava una loro fonte alla stampa,
dettata dai “violenti raid aerei compiuti da Assad contro i civili” e
che sarebbe durata “finché i bombardamenti non si sarebbero fermati in
tutta la Siria”.
La decisione aveva deluso non poco l’inviato dell’Onu in Siria,
Staffan de Mistura, che aveva subito esortato le due parti a non
distruggere “l’opportunità di [ottenere] buone notizie”. Ovvero una
possibile riduzione dell’intensità del conflitto che da 6 anni devasta
la Siria e che ha causato la morte di oltre 400.000 persone. Il
boicottaggio delle opposizioni è però durato poco: una notizia battuta
poche ore fa dalla Reuters, infatti, conferma la loro presenza al
vertice di Astana.
Un incontro, quello nella capitale kazakha, che vede tra i suoi aspetti più interessanti il ruolo attivo che vogliono tornare a giocare gli Stati Uniti sulla scena siriana.
Washington, infatti, ha fatto sapere che sarà presente in Kazakhistan
con un ufficiale del dipartimento di Stato. La decisione statunitense
sarà stata molto probabilmente concordata martedì nel corso di una
conversazione telefonica tra Trump e Putin durante la quale i due leader
si sono detti pronti a collaborare sulla Siria. Una cooperazione,
riferisce l’agenzia Tass, confermata dall’incontro che ha avuto
l’assistente del Segretario di Stato americano, Stuart Jones, con un non
meglio specificato rappresentante russo.
La notizia di possibili “safe-zone” in Siria è giunta nelle
ore in cui un’auto imbottita di esplosivo saltava in aria nella
cittadina di ‘Azzaz vicino agli uffici del “governo ad interim siriano”,
l’organismo che rappresenta l’opposizione nelle aree sotto il controllo
ribelle. Secondo l’osservatorio siriano per i diritti umani, ong di
stanza britannica e vicina alle forze anti-Assad, la violenta esplosione
ha ucciso almeno cinque persone. Almeno, perché il bilancio delle
vittime sarebbe destinato a salire visto che molti feriti versano in
gravi condizioni. L’attacco non è stato ancora rivendicato da alcun
gruppo, ma non è difficile immaginare chi vi sia dietro. ‘Azzaz,
infatti, è stata più volte teatro di feroci attentati rivendicati dal
cosiddetto Stato Islamico. Il più grave lo scorso gennaio quando sono
rimaste uccise più di 50 persone.
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