È da qualche mese in circolazione il testo “Guerra digitale” sottotitolo “Il 5G e lo scontro tra Stati Uniti e Cina per il dominio tecnologico”, autori Francesca e Luca Balestrieri, edito dalla casa editrice LUISS, think tank di punta del liberismo nostrano.
Un testo su cui ci sembra opportuno richiamare l’attenzione per più ragioni: lo scenario, la competizione globale tra attori geo-politici; il campo d’indagine, il ruolo strategico per la supremazia economica assunto dal possesso e controllo delle tecnologie digitali; la visione complessiva, l’interazione della dimensione tecnologica con l’intero sistema di relazioni politico-economico e il ruolo nei passaggi di fase della competizione globale. A ciò aggiungiamo una strutturazione del testo capace di tenere insieme la molteplicità di relazioni, con una complessità anche tecnica di aspetti della materia, con perizia propria a “conoscitori e osservatori diretti” e con capacità divulgative.
Alcune cose è comunque opportuno rilevarle da subito: l’impianto del testo è fondamentalmente ancorato alla rappresentazione di una dimensione geopolitica della competizione fuori dall’indagine materialistica di classe; i protagonisti vengono compresi, ad esempio, nelle categorie dell’appartenenza nazionale e non come classi dominanti in competizione; come anche, l’equiparazione della relazione tra capitale privato e apparati statali di Stati Uniti e Cina non rende conto delle diversità socio-economiche di sistema.
Insomma, lo schema dei duellanti, appunto Stati Uniti e Cina, assolutizzato, sacrifica dalla visuale della competizione inter-imperialistica una ben più articolata materia sociale, così come relega sullo sfondo della scenario geo-politico una presenza multipolare non proprio ininfluente, come nel caso della UE.
Naturalmente questo riguarda il nostro modo di interpretare la realtà, ed è fuor di dubbio che il testo per le ragioni suesposte – scenario, campo d’indagine e costruzione di una visione generale – è interno alla nostra analisi delle dinamiche della competizione.
Ciò che immediatamente si impone sin dalle prime pagine all’attenzione del lettore sono i contenuti espressi con assoluta nettezza della “posta in gioco”: il dominio tecnologico architrave della supremazia economica nella competizione globale; questione assunta in un contesto storicamente inedito caratterizzato dalla crisi dell’egemonia del capitalismo a dominanza USA, padrone indiscusso dello scenario del mondo capitalistico per tutta la fase della guerra fredda e a seguire per almeno un trentennio, post anni '80, della fase cosiddetta unipolare.
L’affermarsi proprio in una fase di dominio incontrastato, facendo leva su quegli stessi aspetti dell’economia globalizzata che ne avevano garantito la supremazia, di un antagonista economico e politico, la Cina appunto, ritenuto per lunghi periodi gestibile se non addirittura funzionale agli equilibri geo-economici dominati dagli USA, è il punto di precipitazione di un intero sistema di relazioni.
Infatti, la presenza della potenza economica cinese, sviluppatasi, ribadiamo, all’interno dei meccanismi della globalizzazione, non solo minaccia il ruolo degli USA ma rischia di sopravanzarlo inesorabilmente sul terreno strategico delle tecnologie digitali ed informatiche ponendo in rotta di collisione i programmi di crescita cinesi con il modello di accumulazione a stelle e strisce.
Nell’intreccio di relazioni che caratterizzano i rapporti all’interno di un sistema economico, finanziario, commerciale globalizzato e perciò interdipendente, la gamma delle tecnologie digitali ed informatiche, concentrate in piattaforme tecnologiche, si configura come un tutto integrato, dalla produzione ai consumi, e la loro introduzione nei mercati equivale alla conquista potenziale di tutti gli spazi della valorizzazione.
Il 5G, la rete delle reti in mano prevalentemente cinese, è al riguardo “l’infrastruttura” digitale capace di porsi come interconnessione dell’intero agglomerato tecnologico, lo strumento che può determinare, senza contromisure politiche e tecnologiche, la supremazia del modello cinese.
In questa prospettiva il ripiegamento protezionistico degli Stati Uniti assume il significato del “posizionamento” in una guerra competitiva, di cui la vicenda dei dazi è solo la superficie. L’economia digitale ed informatica ridefinisce i mercati anche sotto il profilo politico: la sovranità tecnologica e la sicurezza dei sistemi divengono requisiti del modello sociale ed economico e la integrazione strutturale della sfera politica con quella economica è attestata dalla funzione crescente del capitale privato, legato ai grandi colossi big data, negli ambiti della ricerca e dello sviluppo tecnologico.
Il modello di trasferimento dello sviluppo scientifico dal militare al campo civile, che ha contrassegnato l’ammodernamento del sistema produttivo occidentale per tutto il ‘900, si ridefinisce con l’ingresso massiccio nel sistema di finanziamento dei capitali privati generando una osmosi pubblico-privato, militare-civile, che esprime anche il dualismo economico produttivo del sistema digitale ed informatico, le basi tecnologiche della produzione militare coincidono con quelle della produzione civile, e le questioni della sicurezza nazionale si combinano con il primato tecnologico ed industriale.
Anche da questi pochi cenni, è evidente che il punto di osservazione è il cambio di paradigma economico-produttivo attraverso le metamorfosi dei mercati ed evidenziando, aggiungiamo noi, come ogni fase del modello di produzione capitalistica si accompagna ad una nuova configurazione della relazione forze produttive e rapporti sociali di produzione.
Insomma, ciò che si dischiude a partire dalla dimensione tecnologica è una rappresentazione a tutto campo dello scenario della competizione o della guerra, per dirla con gli autori, organica al modello di accumulazione: dal ruolo delle città alla relazione centro-periferia, dalla stagnazione secolare alle diseguaglianze, dai programmi della Cina potenza globale alle difficoltà e ritardi della UE, dalla cyber-security alle terre rare, dalla sovranità e sicurezza alla nuova configurazione del potere statale ecc.
Una ricchezza di contenuti, sempre ben delineati, che investe in modo evidente il nostro campo di analisi della realtà. Ciò che ci sembra di percepire nella lettura è il limite della strumentazione interpretativa, per quanto post-ideologica come sembrerebbero dimostrare gli ammiccamenti alle “guardie rosse”, alla XI tesi di Marx su Feuerbach, a Lenin. Una materia che senza un orizzonte di trasformazione sociale ci relega ad una passività dai possibili risvolti tragici, non solo come evocazione del conflitto bellico sempre presente, ma con una declinazione “naturale” della guerra in cui siamo immersi quotidianamente.
Naturalmente una simile osservazione non riguarda gli intendimenti degli autori, la cui spregiudicatezza di indagine e solidità argomentativa dovrebbero servirci da monito circa l’urgenza di rendere funzionale il nostro armamentario conoscitivo alla critica di classe alla competizione globale. Un testo che sebbene maturato nel campo ideologico avverso, o forse proprio perché elaborato in una prospettiva di attenzione alle prospettive della competizione da parte di chi ne è protagonista, ne rivela senza infingimenti i contenuti.
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