Intorno alla cosiddetta iniziativa franco-tedesca e alla presentazione da parte della Commissione europea di una (nuova) proposta di un quadro finanziario pluriennale, per il periodo dal 2021 al 2027, e di un cosiddetto fondo di recupero in vista degli impatti economici e sociali dell’epidemia nei diversi paesi che fanno parte dell’Unione Europea, il personale di servizio spende parole calorose, lanciando elogi all’UE e nascondendo le sue politiche che attaccano i diritti, aggravano le disuguaglianze e accentuano le asimmetrie.
Sono molteplici e significativi i problemi sollevati, in particolare a causa delle misure già presentate dai governi tedesco e francese.
Il primo è l’insistenza sulla cosiddetta sovranità europea. Un eufemismo in base al quale si cerca di nascondere un quadro istituzionale, gli obiettivi e le politiche dell’UE che mirano a garantire il predominio delle sue grandi potenze e il primato degli interessi delle sue multinazionali.
In effetti, come dimostra la realtà – e come la Corte costituzionale federale tedesca ha recentemente sottolineato – la sovranità europea significa soprattutto salvaguardare all’interno dell’UE gli interessi politici ed economici di questa potenza capitalista.
Allo stesso modo, la riduzione annunciata della dipendenza dall’UE è un artificio, attraverso il quale si tenta di nascondere le relazioni di dipendenza all’interno della stessa Unione.
Fondamentalmente, Germania e Francia intendono contrastare qualsiasi dipendenza strategica da un paese terzo, in particolare in relazione alla Cina, con l’intenzione di preservare e, se possibile, rafforzare le relazioni di dipendenza di altri paesi, come la cosiddetta periferia dell’UE.
La tesi dei governi tedesco e francese sulla necessità di rafforzare il controllo degli investimenti in settori considerati strategici a livello nazionale ed europeo (?) da parte di investitori non europei è illuminante, mentre si afferma che gli investimenti dovrebbero essere incoraggiati e (ri)collocati nell’UE.
Parole che costituiscono un autentico esercizio di cinismo, nella misura in cui nascondono la politica di liberalizzazione e privatizzazione dei settori strategici che i governi tedesco e francese promuovono, secondo gli interessi delle loro transnazionali, nei confronti di paesi terzi, anche all’interno dell’UE.
In realtà, è la dichiarazione della politica del “territorio di caccia”. Vale a dire che Germania e Francia sentenziano che i settori strategici di un paese che fa parte dell’UE sono, in primo luogo, di competenza e prevalenza dei cosiddetti grandi gruppi economici e finanziari europei, in particolare dei gruppi monopolistici tedeschi e francesi.
Allo stesso modo e non a caso, la sovranità economica e industriale dell’UE – eufemismo del predominio dei paesi con un maggiore sviluppo economico e industriale – è tassativamente accompagnata dall’approfondimento del mercato unico (economia digitale, energia, settore finanziario...) e dalla conseguente concentrazione e dominazione monopolistica a livello dell’UE.
Non è perdendo di vista questi e altri obiettivi esplicitati da Germania e Francia, ma è prendendo in considerazione la natura di classe dell’UE, nonché le contraddizioni intrinseche e crescenti che ne derivano, che le proposte presentate dalla Commissione europea dovrebbero essere analizzate.
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