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27/03/2021

Il Recovery Fund si ferma a Karlsruhe

Ci risiamo. E non è un “normale” incidente di percorso. La Corte Costituzionale di Karlsruhe, equivalente tedesco della nostra Consulta, ha ordinato al presidente federale Frank-Walter Steinmeier di non ratificare la legge approvata dai due rami del Reichstag sulle cosiddette nuove “Risorse Proprie”; almeno, non prima che la Corte stessa si sia pronunciata sui ricorsi legali.

Di fatto, questo implica che il Recovery Fund non può partire, affossando la “narrazione” secondo cui staremmo per essere sommersi da una “marea” di soldi europei, che dovremmo solo “spendere bene”. Scopo per cui i saggi poteri continentali ci hanno inviato Mario Draghi, di modo che le “condizionalità” previste dai trattati e dallo stesso Recovery Fund siano rispettate fino in fondo fin dal momento di stendere i provvedimenti.

Come per i vaccini, però, manca la materia prima. In questo caso i soldi. E se per i primi Draghi potrebbe sempre dire di non essere competente, per i soldi non può certo dire altrettanto.

Lo stop di Karlsruhe arriva in seguito al ricorso presentato dal partito di estrema destra Afd, secondo cui i 750 miliardi del fondo europeo sarebbe una “condivisione del debito” a livello comunitario – illegale secondo la Grundgesetze tedesca – che esporrebbe il Paese a “rischi finanziari incalcolabili”.

Vista la dimensione del Recovery (759 miliardi divisi tra i 27 membri UE), si tratta chiaramente di una motivazione inesistente dal punto di vista economico-finanziario (ogni Paese garantisce pro quota e riceve in proporzione al bisogno, dunque Berlino dovrà “garantire” un po’ più di quanto riceverà, ma nell’ordine di poche decine di miliardi).

Dal punto di vista istituzionale, invece, il problema è serio. L’unico Paese dell’Unione Europea in cui le normative comunitarie non assumono ipso facto “dignità costituzionale” è appunto la Germania. In pratica, ogni trattato europeo può essere lì impugnato e sottoposto al giudizio della Corte Costituzionale. In tutti gli altri no. Sa un po’ di marchese del Grillo (“io so’ io, e voi non siete un cazzo”), ma così è.

C’è da dire che fin qui la Corte di Karlsruhe ha espresso parere negativo in un solo caso – che riguarda i “quantitative easing” della Bce diretta da Mario Draghi – ma senza conseguenze pratiche (le iniezioni di liquidità erano già avvenute e Bundesbank non poteva dunque più ritirarsi).

Però in questo caso c’è stato un piccolo salto di qualità nella “comunicazione” della Corte, che ordina al Presidente della Repubblica di non ratificare la legge parlamentare fino a sentenza.

Questo blocca sul serio l’approvazione del Recovery da parte della Germania e quindi tutto l’iter dell’accordo. I “Paesi frugali” (Olanda, ecc.) avevano infatti chiesto ed ottenuto che nello schema del Recovery fosse prevista l’approvazione esplicita da parte di tutti e 27 i Parlamenti; e di sicuro nessun meccanismo finanziario continentale può avanzare senza la partecipazione della Germania.

A Berlino si viaggia del resto da anni sul filo del rasoio. La “condivisione del debito” con i Paesi mediterranei è un tabù intoccabile per quasi tutti i partiti, ma soprattutto per la Cdu-Csu, i liberali del Fdp e ovviamente per l’estrema destra. Ma anche per i “socialdemocratici”.

I liberali, addirittura, avevano avanzato una proposta di legge che affidava alla Germani il “diritto” di sindacare sul come ogni singolo altro Paese avrebbe usato i fondi (al posto della Commissione Europea, largamente egemonizzata da Berlino, che esprime persino il presidente Von der Leyen). Non era poi passata, ma chiarisce bene quale sia l’humus che domina nel Bundestag e nell’opinione pubblica (rimpinzata per decenni con orride storie sulle “cicale mediterranee”).

I tempi decisionali della Corte sono abbastanza rapidi, in genere, circa tre mesi. Ma per un percorso già particolarmente lento, partito in ritardo, che avrebbe dovuto erogare a giugno la prima tranche pari a circa il 20% della dotazione, questo significa rinviare tutto fino all’autunno. Con il rischio che anche nei Paesi dove l’approvazione non è ancora avvenuta (undici) possano sorgere problemi analoghi.

Questa decisione è una mazzata per tutta la retorica “europeista”. Ovviamente è partita subito la strategia “minimizzatrice”, che cerca di presentare la Corte come un ente quasi ininfluente. E si continua a parlare dei fantastiliardi europei come una cornucopia pronta da spalmare sul pane.

Ma intanto, come i vaccini, ad oltre un anno dall’inizio della pandemia, da Bruxelles non è uscito un soldo. Anzi, i vaccini a questo punto sembrano quasi un “successo”. Ed è tutto dire…

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