In meno di una settimana il mondo è entrato a passo di carica in una nuova Guerra Fredda, tra dichiarazioni improvvide del presidente Usa, sanzioni e dossier, spesso impolverati, che vengono improvvisamente rispolverati e diventano dirimenti nelle relazioni internazionali tra “occidente” ed “oriente”.
La Cina ha convocato l’ambasciatore dell’Unione Europea a Pechino, Chapuis, per protestare contro l’imposizione di sanzioni “unilaterali” Ue per le violazioni ai diritti umani contro gli uiguri, l’etnia musulmana e turcofona che vive nella regione dello Xinjiang. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri di Pechino.
Secondo il governo cinese “l’Unione Europea non è qualificata per dare lezioni sui diritti umani” e la Cina “esorta l’Ue a riconoscere la gravità dell’errore, correggerlo e interrompere lo scontro, per non causare ulteriori danni alle relazioni”. La determinazione della Cina di proteggere i propri interessi di sovranità, sicurezza e sviluppo, ha concluso il vice ministro degli Esteri cinese, è “incrollabile”.
Ma la risposta della Cina questa volta avviene in piena sintonia con quella della Russia. Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov e il suo omologo cinese, Wang Yi, impegnati in un vertice bilaterale, hanno comunemente definito “inaccettabili” le sanzioni decise da Ue.
Secondo Cina e Russia, “gli Stati Uniti stanno cercando di affidarsi alle alleanze politico-militari della guerra fredda per cercare di distruggere l’architettura legale internazionale” ha detto Lavrov, in conferenza stampa stampa insieme con Wang Yi.
“L’intera infrastruttura delle relazioni con l’Unione europea è stata distrutta dai passi unilaterali compiuti da Bruxelles” e per questo la Russia interrompe le “relazioni ora” ha detto Lavrov, il quale poi ha avvertito “che sarà pronta a contatti per intensificare la cooperazione con l’Ue quando Bruxelles riterrà necessario eliminare le anomalie nelle relazioni bilaterali. Se e quando gli europei riterranno opportuno eliminare queste anomalie nelle relazioni con il loro più grande vicino, ovviamente, saremo pronti a costruire questi rapporti basati sull’uguaglianza e la ricerca dell’equilibrio degli interessi. A Est invece abbiamo un’agenda molto intensa, che diventa ogni anno più diversificata”, ha sottolineato il ministro degli esteri russo.
Ma se la convergenza tra Russia e Cina segna una novità rispetto al passato (quando i rapporti tra Mosca e Pechino erano di contrapposizione, ndr), con un’alleanza che ricorda i tempi della Guerra Fredda, l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Canada hanno adottato unilateralmente sanzioni contro la Cina.
Diversi funzionari cinesi sono stati sanzionati con l’accusa di reprimere uiguri musulmani nella regione dello Xinjiang, e Pechino ha immediatamente reagito con sanzioni contro una decina di personalità europee, tra cui cinque europarlamentari. Anche gli Stati Uniti hanno sanzionato due dei quattro funzionari cinesi individuati dagli europei. Secondo Washington le sanzioni statunitensi “completano” quelle dell’Ue e del Canada, secondo Washington.
Nelle sanzioni cinesi vengono prese di mira anche quattro “fondazioni europee”, tra cui l’Alleanza delle Democrazie, una fondazione danese guidata dall’ex segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. Pechino ha inoltre sanzionato il Comitato politico e di sicurezza (Cps), un organo che riunisce gli ambasciatori degli Stati membri della Ue che è poi l’organismo che ha preparato le sanzioni contro la Cina.
“Queste sanzioni sono inaccettabili”, ha dichiarato il capo della diplomazia europea, Josep Borrell. “Queste sanzioni non avranno alcuna influenza sulla determinazione dell’Ue a reagire a tutte le violazioni dei diritti umani”, ha affermato il responsabile della politica estera europea.
Ma l’Unione Europea non si è consapevolmente complicata l’esistenza solo con la Cina. I ministri degli Esteri della Ue hanno infatti dato il via a sanzioni anche contro alcuni funzionari russi per la repressione a danno delle persone Lgbt e degli oppositori politici in... Cecenia. Insomma dossier antichi ed abbastanza pretestuosi, che da un lato indicano il tentativo di un “basso profilo” (non hanno definito Putin un assassino come ha fatto l’establishment Usa), dall’altro rivelano come per la Ue – al contrario degli Stati Uniti – una nuova contrapposizione frontale con Russia e Cina sia tutta remissione.
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha avuto un colloquio telefonico con Putin che, da quanto risulta, è stato tutt’altro che cordiale.
“I legami tra l’Ue e la Russia sono a un punto basso” ha dichiarato Michel che ha confermato “l’approccio dell’Ue ai cinque principi guida, basato sui valori fondamentali dell’Unione”. Secondo Michel “dal punto di vista dell’Ue, le relazioni con la Russia possono prendere una direzione diversa solo se si registrano progressi costanti su questioni come l’attuazione degli accordi di Minsk, l’arresto degli attacchi ibridi e informatici agli Stati membri e il rispetto dei diritti umani”.
Il carico da undici lo ha aggiunto il segretario generale della Nato uscente, Jens Stoltenberg: “La Russia continua il suo comportamento di oppressione interna, verso i dissidenti pacifici, e di aggressione verso l’estero”, ha detto alla presentazione del vertice dei ministri degli Esteri della Nato che si terrà oggi e domani. E Stoltenberg si è allineato sulla aggressiva posizione dell’amministrazione Usa affermando che: “Il presidente Putin è, ovviamente, il responsabile ultimo di tutte le azioni svolte dallo stato russo, e abbiamo visto un modello di comportamento aggressivo, inclusi tentativi mirati e omicidi di avversari”.
Toni minacciosi, sanzioni, pretesti. Un avventurismo delle classi dirigenti dell’occidente liberale e liberista che stende un pesante velo di inquietudine sul futuro prossimo delle relazioni internazionali.
Qualcuno ha spesso sostenuto – e a ragione – che il sistema capitalista vede nella guerra lo strumento “creativo e distruttivo” per uscire dalle proprie crisi. Ma una guerra che oggi può disporre di armi nucleari in tutti i belligeranti, è una opzione talmente estrema da diventare impossibile da gestire con qualche speranza di beneficio duraturo. Lo stallo degli imperialismi storici nel mondo capitalista, è la fotografia dell’esistente. Ma quando tale crisi produce solo avventuristi nelle classi dirigenti, il cortocircuito che fa saltare l’impianto è dietro l’angolo.
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