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20/03/2021

L’Italia va alle guerre d’Africa e invoca la Nato nel Mediterraneo

“Vedo il nostro impegno militare in Sahel in piena complementarietà con quello in Libia, nel Corno d’Africa e nel Golfo di Guinea. Si tratta di un’unica area di crisi, con una forte recrudescenza jihadista, le cui conseguenze si riverberano nel Mediterraneo e in Europa”. A leggere queste parole sembra di essere tornati indietro di secolo e al colonialismo italiano sulla quarta sponda. In realtà si tratta di un passaggio dell’intervista rilasciata a La Repubblica dal ministro della Difesa Guerini (renziano incistato ancora dentro il Pd).

Si parla ovviamente del Mediterraneo, in un certo senso vocazione storica della proiezione internazionale italiana, ma si indicano anche ambizioni più a Sud, in quel Sahel diventato teatro di crisi e frontiera contesa tra molte forze in campo. “Nel Sahel – sostiene Guerini – oggi l’Ue può mettere in campo le sue capacità globali e dare un grande contributo alla stabilizzazione e allo sviluppo”.

Pochi sanno che da alcuni mesi i militari italiani oltre che in Niger sono stati inviati anche in Mali nel quadro della missione “Takuba”. La conferma viene anche dalla relazione presentata recentemente dai servizi di intelligence al Parlamento, secondo cui “l’Italia sta assumendo un ruolo più profilato, come dimostrano, tra l’altro, la nostra partecipazione al Gruppo Ristretto d’indirizzo politico della Coalizione per il Sahel, promossa dalla Francia, nell’ambito della quale a luglio è stata attivata, a sostegno delle Forze armate di Mali e Niger, la Task Force Takuba”.

Ma è soprattutto l’editoriale di Lucio Caracciolo sull’ultimo numero di Limes a segnalare l’aumentato rilievo strategico assunto dalla presenza militare italiana nel Sahel. Ufficialmente con la missione Takuba le truppe italiane sono lì per combattere i gruppi jihadisti e addestrare le forze armate locali. In realtà, secondo Limes “l’unico senso è ostacolare, d’intesa con gli americani e insieme ai francesi ed altri partner (ci sono anche truppe tedesche, ndr) l’espansione di russi, turchi, cinesi nel Sahel ricco di risorse”.

Insomma l’Italia è pienamente coinvolta in una articolazione del Grande Gioco nel quadrante africano, una partita del tutto complementare alla contrapposizione strategica che si è delineata nel Mediterraneo dove la guerra civile in Libia ha visto liquefarsi la storica influenza italiana e consolidarsi il posizionamento di Russia e Turchia anche nel Mediterraeo centrale. In quello orientale sia russi che turchi hanno già rafforzato la loro influenza nel contesto della guerra scatenata in Siria e della competizione sulle Zone Economiche Speciali in mare per le perforazioni sui giacimenti di gas.

Ma se nel Sahel, Francia, Italia e Germania stanno sperimentando la capacità di azione militare autonoma europea per tenere le mani sulle risorse naturali di quella regione, nel Mediterraneo l’Italia alza i toni della minaccia per invocare il ritorno della Nato (e degli Usa) nell’area dopo gli anni dello sganciamento Usa, più interessati alle sorti del Pacifico (in funzione anti cinese) e dell’Europa dell’Est (in funziona antirussa).

In tal senso appare scontato l’allineamento servile dell’Italia agli Usa e alla Nato, anche in presenza di dichiarazioni inaccettabili da ogni punto di vista come quelle rilasciate da Biden. “Io credo che alcune minacce ibride e i tentativi di influenzare i processi elettorali da parte di soggetti terzi siano fatti abbastanza documentati: ogni iniziativa malevola deve essere interpretata come una minaccia alle democrazie liberali, su questo non devono esserci timidezze” – ha detto Guerini commentando le dichiarazioni di Biden – “La Nato è anzitutto una comunità di valori e tra i suoi compiti c’è anche quello di difenderli, declinando questo impegno unendo dialogo e fermezza”.

La dichiarazione di irreversibile fedeltà euro-atlantica pronunciata da Draghi al suo insediamento, ci dà la cifra di una classe dirigente più che servile, che non ha in testa alcun orizzonte progressivo sul piano internazionale, al contrario. È ampiamente disponibile a mantenere il paese infilato dentro il passato e ad infilarlo nelle tragedie del futuro. Non riesce neanche ad immaginare le straordinarie possibilità offerte del non allineamento e della cooperazione internazionale possibile una volta sganciatisi dai vincoli internazionali che da decenni hanno chiuso il nostro ed altri paesi nella gabbia Ue/Nato.

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