Per anni ho vissuto nella convinzione che l'"heavy-metal" non avesse granché da dire. Dio, i Metallica, gli Slayer, gli Iron Maiden
e compagnia bella non mi dispiacevano affatto, ma poi compresi, poco
alla volta, che, in fondo, non c'era spazio nel mio cuore per il
"metallo pesante" (figurarsi, poi, per tutti i suoi sottogeneri
ultra-violenti e ultra-inutili...). Ma, come spesso succede, avevo
tralasciato qualche particolare... O meglio: non avevo fatto i conti con
la band di Peter Steele, un ex-poliziotto newyorkese con la "passione"
per le degenerazioni del sesso, le scorciatoie del cervello e
l'heavy-metal più truce e scomposto. In un primo momento restai
spiazzato: "Ma come – pensavo- quest'uomo inneggia all'odio, alla
violenza, alla misoginia... È un pazzo!". Niente di più sbagliato.
Quest'uomo è solo un realista; anzi: un "iperrealista".
Quest'uomo, a volerla dire tutta, è un genio. Perché solo un genio può
riuscire a spargere colate di ironia su tematiche così pericolose. Il
problema è capire dove finisce l'ironia e dove incominciano i suoi
problemi. Difficile dirlo con certezza. Non che me ne importi molto, a
dire il vero. L'unica cosa certa è che "Slow, Deep And Hard" è un
capolavoro. Forse, "il" capolavoro dell'heavy-metal tutto.
Ora, prima di dare vita ai Type O Negative,
Steele si era fatto le ossa nei micidiali Carnivore, di cui almeno
"Retaliation" va ascoltato con attenzione, forte della sua allucinante
commistione tra doom, progressive, hardcore e gotico. L'ascolto è quasi
obbligatorio, almeno se si vuole capire bene in che modo sia stato
preparato un disco come "Slow, Deep And Hard". I Carnivore durarono
poco, pochissimo. Due dischi è tutto quello che ci hanno lasciato.
Steele ricominciò a bazzicare i bassifondi della sua New York, in preda
a una profonda depressione. Ma non aveva dimenticato la musica. I Type O
Negative, infatti, sono il segno di una passione inesauribile. Ma
qualcosa andava cambiato. Innanzitutto, con l'assunzione di un
tastierista, tale Josh Silver, ebreo (giusto per far tacere le
malelingue su di un suo possibile antisemitismo...). Poi con una
rivisitazione (che era anche, e soprattutto, una rivalutazione) di
quella commistione di generi, mediante l'adozione di una scrittura più
nitida e meno dispersiva; e, poi, con l'inserimento nel tessuto musicale
di elementi "industrial", che non fanno mai male. E, per concludere,
non più violenza gratuita e pose da macellai di provincia. Giustificare
il tutto con un'opera completa, straordinaria, inarrivabile: questa la
nuova parola d'ordine di Steele.
E la giustificazione arrivò
puntuale, e fu tutt'altro che piacevole; almeno per l'ortodossia metal.
"Slow, Deep And Hard" è diviso in 7 brani, uno dei quali, "The
Misenterpretation Of Silence And Its Disastrous Consequences" funge da
pausa (1' 04") tra il penultimo e l'ultimo brano. Un altro pezzo
"eccentrico" è "Glass Walls Of Limbo (Dance Mix)", una messa nera delle
più impenetrabili e abissali. Un coacervo di cori d'oltretomba, paesaggi
spettrali, lamenti di peccatori e una mestizia senza fine.
I
restanti 5 brani, invece, vanno a costituire uno dei momenti più
efferati, violenti, folli e senza compromessi del rock. È qui che ho
ritrovato la fiducia un tempo smarrita. Solo profondo rispetto e stupore
senza fine. Soprattutto per quel suono di basso; un suono infernale,
terribile: come una increspatura di angoscia ribollente sulla pelle.
Senza dubbio: "il suono" di Peter Steele.
L'inizio è in
crescendo, sibilante. L'esplosione imperiosa di "Unsuccessfully Coping
With The Natural Beauty Of Infidelity" è una mazzata devastante, un
pugno nello stomaco, uno sputo in faccia... ("Trust and you will be
trusted says the liar to the fool…" (...) "Do you believe in forever? I
don't even believe in tomorrow..."). La progressione è impareggiabile.
Steele mostra una indignazione molto, molto pericolosa. E siamo solo
all'inizio. Giusto il tempo di un intermezzo perverso di chitarra
acustica e voce lasciva, ed ecco ripresentarsi la dirompente carica
iniziale, preludio all'incredibile melodia tastieristica di "I Know
You're Fucking Someone Else" (ricordiamo che, essendo suddivisi in varie
parti, questi brani rappresentano delle vere e proprie "suite"); una
melodia condotta in maniera vertiginosa lungo direttive dalla forte
impronta "progressive". "Der Untermensch" (chiaro il titolo, no?) è "il"
brano dei Type O Negative: intro distorto di basso, battiti meccanici,
thrash-metal al fulmicotone, pause, esplosioni, e, poi,
quell'impareggiabile seconda parte che scarica odio su odio dentro le
viscere, e declina asprezze, tormenti e risentimento senza limiti.
L'heavy-metal al suo massimo grado, certo. Ma siamo ancora in territori,
tutto sommato, "ortodossi". Un ulteriore passo in avanti viene
effettuato con la successiva "Xero Tolerance", che assembla un intro di
speed-metal, un intermezzo d'organo memore di Bach, rumori di onde
schiumanti, e una cavalcata esagitata a ritmo di slam-dance, con tanto
di promesse omicide di Steele... Una sorta di collage abnorme di immagini
immonde e bislacche, impreziosito nel finale da una chitarra
classicheggiante.
"Prelude To Agony" giunge ancora una volta
dalle tenebre, mischiata ai sospiri inquieti di Steele. La "teatralità"
della band tocca in questi 12 minuti il suo vertice indiscusso.
Tematiche? Sempre le solite: amore, morte, misoginia. Pow-wow
schiacciasassi e cori oltremondani; equilibri melodici dissolti, stasi
tormentate che puzzano di slow-core marcio; rintocchi apocalittici di
campane suonate a morto. Rimette tutto sulla retta (!) via
"Jackhammerape", ancora speed-metal allucinato, prima della catastrofe
finale, che è la catastrofe della psiche, il caos che annebbia la mente e
che conduce all'omicidio, alla violenza sessuale più abietta e
meschina.
Ciò che resta è "Gravitational Constant:
G="6.67x10-8cm3gm-1sec-2"" (sic!), il punto di non ritorno di Steele,
qui intento a rivelare i suoi problemi (o presunti tali...): "I've got no
more reason to live and I've got no more love to give...". La struttura
del brano è ormai quella "classicamente non ortodossa": tasselli su
tasselli di emozioni che trovano corrispettivi sonori dei più disparati.
Le parti più importanti di tutto il brano sono "Acceleration: due to
gravity" (dove il "suono" sembra precipitare in un vortice profondissimo
fatto di riverberi psichici) e "Requiem for a souless man" (dove lo
strazio del vocalist è fin troppo tangibile, e viene accompagnato verso
l'ultima risoluzione – "suicide is self expression" – in un clima che
ricorda ancora alcune soluzioni di matrice "religiosa" tanto care al
gotico).
Cosa ci sia dietro questo disco è spiegato
nell'apposita scheda sui Type O Negative. Oggi, più di ieri, resto
dell'avviso che questo sia il punto più alto del metal (di ieri e di
oggi). O, almeno, questo è quanto pensa uno che di metal non ha mai
amato niente, almeno fino a quando quel sibilo iniziale non gli ha
svelato l'arcano irrisolto di Peter Steele. Perciò, ai fondamentalisti
del genere lascio le loro idee. Io mi tengo le mie.
29/03/2021
Type O Negative - 1991 - Slow, Deep And Hard
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento