Ad un bar che nel 2019 ha fatturato 90 mila euro e a causa della pandemia l’anno scorso ha perso il 50% del fatturato – evidenzia la Cgia – sarà riconosciuto, nelle prossime settimane, un importo di di 2.250 euro, praticamente il 5% della perdita.
Ancora peggio per un’agenzia di viaggi che, ad esempio nel 2019 ha registrato un fatturato di 200 mila euro e l’anno successivo ha subito un calo dell’80%, gli verrà riconosciuto infatti un rimborso di 6.667 euro, pari al 4,2% della perdita di fatturato.
Un albergo che nel 2019 ha fatturato 500 mila euro e nel 2020 ha visto contrarsi lo stesso del 60% riceverà 10 mila euro, ”coprendo” il 3,3 per cento delle perdite.
Una piscina o una palestra con un fatturato di 2 milioni di euro e un calo del medesimo registrato nel 2020 del 75 per cento, ”porterà” a casa 37.500 euro. Cifra che ammonta al 2,5 per cento della perdita subita.
Una azienda tessile con un fatturato 2019 di 7 milioni di euro e una perdita avvenuta nel 2020 del 35% gli verrà riconosciuto un indennizzo di 40.833 euro. Importo, quest’ultimo, che compenserà l’1,7% delle perdite.
Il governo dei migliori ha avuto il coraggio di piazzare addirittura un condono.
Praticamente tutti chiedono un nuovo scostamento di bilancio per le misure di restrizione ancora più dure con il governo Draghi, ma nessuno denuncia che il nuovo metodo di calcolo dei ristori, che non tiene più conto dei codici ATECO e quindi non riesce più ad individuare le categorie più colpite, è estremamente penalizzante soprattutto per i settori che lavorano di più nelle festività o a livello stagionale.
Infatti, le riaperture estive hanno permesso al settore turistico, (ristoranti, alberghi) di respirare qualche mese per poi dover restare chiuso a dicembre.
Il calcolo della perdita del fatturato annuale, diviso 12, fa sì che nessuno possa recuperare più del 4/6 % del fatturato perduto.
Mentre Amazon triplica il fatturato, le piccole e medie imprese, tessuto vitale dell’economia italiana, rischiano di scomparire per sempre, di diventare preda della criminalità organizzata, di entrare a far parte dei nuovi poveri, da “riconvertire” in nuovi schiavetti senza più diritti e dignità.
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