A Vienna è tornato a riunirsi il Gruppo 5+2 che nel 2015 riuscì a quadrare un accordo sul nucleare iraniano. In questa riunione gli Usa – usciti dall’accordo nel 2018 – hanno tenuto un basso profilo, ma qualche passo in avanti sembra essere stato fatto.
Sono stati istituiti due gruppi di lavoro: uno per la revoca o la riduzione delle sanzioni Usa contro l’Iran (ma “internazionalizzate” dagli stessi Usa, coinvolgendo gli altri paesi); l’altro sul controllo del rispetto dei limiti nucleari concordati con Teheran, come per l’arricchimento dell’uranio.
Il nodo delle sanzioni è stato messo con decisione sul tavolo del negoziato. “Gli Stati Uniti dovrebbero revocare tutte le sanzioni illegali contro Teheran, mentre la parte iraniana dovrebbe riprendere il pieno rispetto dell’accordo nucleare del 2015 su tale base“.
Ad affermarlo è stato il rappresentante cinese alle Nazioni Unite, Wang Qun, a seguito dell’incontro a porte chiuse che si è svolto a Vienna il 6 aprile, con la partecipazione di diplomatici di alto livello di Cina, Francia, Germania, Russia, Gran Bretagna e Iran, in pratica il Gruppo 5+2 che ha gestito nel 2015 e in seguito l’accordo sul nucleare iraniano.
Alla riunione erano presenti anche un inviato degli Stati Uniti che, dopo il ritiro dall’accordo deciso da Trump nel 2018, ancora devono decidere ufficialmente se prendervi nuovamente parte nonostante il veto israeliano.
L’incontro di Vienna è servito a discutere la questione delicata, ma dirimente, della revoca delle sanzioni contro l’Iran e del possibile ritorno degli Stati Uniti all’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa).
L’inviato cinese Wang Qun ha sostenuto che “il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo e la sua pressione contro l’Iran sono state le cause principali della situazione attuale. Pertanto, il rapido ritorno degli Stati Uniti all’accordo sarebbe la chiave per risolvere le controversie”. Gli Stati Uniti “dovrebbero revocare tutte le sanzioni contro Teheran e, su questa base, l’Iran potrà riprendere il pieno rispetto dell’accordo sul nucleare”, ha aggiunto Wang Qun.
L’inviato cinese ha ribadito che Pechino si oppone fermamente a qualsiasi sanzione unilaterale imposta dagli Stati Uniti, salvaguarderà i propri diritti e interessi legittimi, riaffermando così anche il senso della Risoluzione contro le sanzioni presentata e approvata in sede di Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Si tratta dello spirito e della risoluzione contro cui ha votato anche il governo italiano suscitando una ondata di proteste nel nostro paese, soprattutto perché tra i paesi sottoposti a sanzioni risulta esserci anche Cuba.
Il capo della delegazione e viceministro degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, inizialmente non voleva tenere “alcun colloquio diretto o indiretto con gli Stati Uniti”, ma ha dichiarato alla riunione della commissione che “la revoca delle sanzioni statunitensi è il primo e necessario passo per rilanciare l’accordo nucleare del 2015“.
“Se Cina, Gran Bretagna, Francia, Russia e Germania riusciranno a convincere Washington a revocare tutte le sanzioni con qualsiasi mezzo conoscano, allora l’Iran si atterrà” nuovamente all’accordo, ha dichiarato Araqchi.
La delegazione Usa a Vienna è stata guidata dall’inviato Robert Malleya, il quale ha affermato lunedì in conferenza stampa che “l’obiettivo dei colloqui era quello di preparare il terreno per un reciproco ritorno al rispetto dell’accordo del 2015, ma senza prevedere una svolta immediata“.
L’attuale presidente Usa Joe Biden ha affermato che “se l’Iran tornasse al pieno rispetto del Pacg, gli Stati Uniti farebbero lo stesso”. L’Iran ha insistito che il ritiro delle sanzioni Usa deve essere il primo passo verso il ritorno all’accordo.
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