Il generale Figliuolo era appena risalito in automobile, dopo avere detto che in definitiva in Lombardia grandi problema non ce n’erano, che il presidente Fontana riceveva altre due imputazioni nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisto di attrezzature sanitarie dalla ditta di suo cognato, Andrea Dini, partecipata anche dalla moglie.
Ricordiamo che nella scorsa primavera, durante la prima emergenza Covid, ARIA spa, la centrale per gli acquisti della Regione Lombardia, aveva trattato in procedura d’urgenza con la ditta di proprietà di Dini l’acquisto di abbigliamento sanitario per un totale di oltre 500.000 euro.
Quando tale acquisto, chiaramente in conflitto d’interessi, era stato denunciato dalla stampa, l’acquisto era stato trasformato in “donazione” (non è chiaro se mai consegnata alla Regione). Per risarcire il cognato della perdita dell’affare, Fontana gli aveva versato 250.000 euro provenienti da un conto svizzero, su cui erano depositati oltre 5 milioni di euro, tra l’altro provenienti dalle Bahamas e dal Liechtenstein.
Lo scandalo aveva tra l’altro costretto alle dimissioni il direttore di ARIA, Bongiovanni, mentre Fontana era stato iscritto nel registro degli indagati per frode in pubbliche forniture.
Ora i magistrati vogliono vedere chiaro sulla provenienza di quei 5 milioni, che Fontana dice essere l’eredita lasciatagli dalla madre, dentista. I magistrati sospettano che almeno 2 di quei milioni vengano da attività professionali che Fontana non ha denunciato al fisco. Per questo l’ipotesi di reato per auto riciclaggio e falsa dichiarazione.
Intanto la Regione ha pubblicato un calendario di possibili prenotazioni per i prossimi mesi, attraverso il sistema nazionale delle Poste, che arriva a comprendere gli oltresessantacinquenni, ma è noto che in Lombardia prenotazione non vuole dire certezza di vaccinazione.
Lo sanno bene gli ultraottantenni che ancora a migliaia attendono di essere vaccinati e i disabili che dovrebbero riceverla a casa e attendono invano.
Un altro punto che resta critico è la revisione della legge regionale 23/2015, quella che ha sfasciato del tutto la sanità lombarda, essendo quindi responsabile del tracollo pandemico. Tale legge doveva essere sottoposta a revisione con il governo nello scorso agosto, poi in dicembre, quindi a marzo e ora la giunta dice di non poter presentare il progetto definitivo prima di fine luglio.
Un ennesimo rinvio che dissimula chiaramente la volontà della giunta di attendere che le acque agitate della pandemia si acquietino almeno un po’ per cercare di salvare ciò che può salvare dopo il fallimento di tale legge travolta dalla pandemia.
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