Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

02/07/2022

Il generale britannico Sanders: “L’Ucraina è il nostro 1937”

Il Regno Unito con la guerra in Ucraina sta affrontando il suo “1937” e deve essere pronta a “combattere e vincere” per scongiurare la minaccia dalla Russia. È quanto ha affermato pochi giorni fa il generale Patrick Sanders, nel suo primo discorso pubblico da capo di Stato maggiore dell’Esercito britannico.

Sanders ha affermato che il Regno Unito deve essere preparato ad “agire rapidamente” per contenere l’espansionismo russo. Sanders ha inteso fare un chiaro paragone tra l’invasione russa e l’ascesa della Germania nazista, in particolare dopo l’attacco missilistico al centro commerciale di Kremenchuk, nella regione ucraina di Poltava, che ha provocato la morte di 18 civili.

Nel suo discorso, fatto alla vigilia del vertice della Nato, il generale Sanders ha detto che scoraggiare la Russia significa avere “la maggior parte dell’esercito pronto per la maggior parte del tempo”, dal giovane commilitone all’ufficiale più alto in grado.

“Il mondo è cambiato dal 24 febbraio e ora c’è l’imperativo categorico di forgiare un esercito in grado di combattere a fianco dei nostri alleati e di sconfiggere la Russia in battaglia”.

Il Capo di Stato Maggiore vuole “accelerare la mobilitazione e la modernizzazione dell’Esercito per rafforzare la Nato e negare alla Russia la possibilità di occupare altre zone d’Europa. Siamo la generazione che deve preparare l’esercito a combattere ancora una volta in Europa”.

È probabile che i suoi commenti siano finalizzati a far pressione sul premier Boris Johnson affinché mantenga le attuali dimensioni delle forze armate britanniche, dopo che sono stati annunciati piani per ridurre i numeri del personale nel tentativo di passare a un esercito più moderno.

“Questo è il nostro momento del 1937”, ha detto Patrick Sanders. “Non siamo in guerra, ma dobbiamo agire rapidamente in modo da non essere coinvolti in una guerra dal mancato contenimento dell’espansione territoriale”, ha concluso il generale.

“La mobilitazione non è solo un obiettivo interno. Dobbiamo portare dalla nostra parte l’industria per realizzare e accelerare gli ambiziosi obiettivi di modernizzazione che ci siamo prefissati... Non possiamo accendere i forni delle fabbriche in tutta la nazione alla vigilia della guerra; questo sforzo deve iniziare ora se vogliamo evitare che la guerra si verifichi”.

Particolarmente inquietante è stato il riferimento al JEF (Joint Expeditionary Force, una serie di accordi militari bilaterali extra-Nato tra Gran Bretagna, Svezia, Finlandia, Olanda, Norvegia, Estonia, Lettonia, Lituania, Danimarca e Islanda), che potrebbe essere usato per “provocare” un conflitto con la Russia nel Baltico e far scattare di conseguenza l’art. 5 del trattato Nato, che obbliga tutti i partner a “difendere” il membro minacciato.

Il governo britannico ha poi disapprovato la posizione del capo di Stato maggiore dell’esercito, per le sue critiche agli stanziamenti destinati al settore militare per i prossimi tre anni. Ma si tratta di una critica “di merito”, sul modo migliore di realizzare gli stessi obiettivi, non di una smentita.

Il portavoce di Boris Johnson ha infatti affermato che i tagli previsti avrebbero assicurato che l’esercito sia “della taglia giusta”. “Sarebbe sbagliato, dato quello che stiamo vedendo verificarsi davanti ai nostri occhi, concentrarci esclusivamente sui numeri quando possiamo vedere l’impatto che le ultime tecnologie, attrezzature, formazione, intelligence, stanno avendo”.

Notevole il silenzio della politica italiana dopo questo annuncio guerrafondaio, anche se bisogna dire che diversi media ne hanno parlato, seppure senza titoloni in prima pagina.

Eppure tutti i discorsi, sia dei “migliori” sia di quelli “così così”, si sforzano di dirci che – solo se li seguiamo senza fare storie – stanno preparando per noi un mondo quasi paradisiaco.

Se qualcuno resta vivo...


Di seguito il commento del generale italiano Fabio Mini, ora in pensione, e certamente uno dei militari più attenti alla “teoria della guerra”, apparsa su Il Fatto Quotidiano.

*****

La Nato vuole trascinare l’Europa alla guerra con la Russia

Il generale sir Patrick Sanders, nuovo capo di Stato maggiore dell’esercito britannico (CGS) ha preceduto i grandi della Nato nella cosa più ostica per quasi tutti i suoi membri: la dichiarazione di guerra.

Sebbene la dichiarazione formale non sia più necessaria, quella de facto si è sempre affiancata a essa e in molti casi l’ha sostituita. Il Giappone dichiarò guerra agli Usa con l’attacco di Pearl Harbour alcuni minuti dopo (o prima) della dichiarazione formale.

Inoltre la guerra può iniziare non solo con i primi colpi di cannone o le scaramucce di frontiera, ma con la stessa preparazione della guerra. La Prima guerra mondiale fu innescata, pretesti a parte, dalle mobilitazioni specie se irreversibili, come dissero i generali allo zar titubante.

La mobilitazione era già allora una dichiarazione di guerra de facto. Perciò, per garantire la sorpresa veniva fatta nel segreto o simulata, o veniva sbandierata con la propaganda per aumentare la deterrenza o accendere gli animi o nascondere la propria debolezza.

Bene, Sanders, al prestigioso think tank RUSI (Royal United Services Institute), chiama Gran Bretagna e Nato alla mobilitazione contro la Russia. In pratica confida nella mobilitazione – la più grande ed esplicita dichiarazione di guerra – per la dissuasione di Putin che, a suo dire, si è già dimostrato refrattario alla deterrenza militare e perfino economica. Ovviamente a fin di bene, per evitare la guerra, prevenirla e non farla.

Chiede di “mobilitare l’esercito per far fronte alla nuova minaccia: un pericolo chiaro e presente che si è concretizzato il 24 febbraio quando la Russia ha usato la forza per impadronirsi del territorio dell’Ucraina, un Paese amico del Regno Unito”.

La guerra a cui si riferisce non è quella in atto tra Russia e Ucraina, ma quella tra Nato e Russia. La prima è forse già perduta: “Non sappiamo ancora come finirà la guerra in Ucraina, ma nella maggior parte degli scenari, dopo l’Ucraina la Russia sarà una minaccia ancora maggiore per la sicurezza europea”.

Eppure: “Il Regno Unito ha risposto all’aggressione di Mosca. Ha lavorato a un ritmo fenomenale per riunire una coalizione di partner per fornire materiale, intelligence e formazione per sostenere l’Ucraina contro gli invasori russi. Il nostro rapporto bilaterale con Kiev è andato di bene in meglio; abbiamo inviato 9.500 missili anticarro. Abbiamo già fornito addestramento nel Regno Unito a 6500 soldati ucraini e nei prossimi mesi l’esercito britannico fornirà competenze vincenti ad altri 10.000”.

Il fatto è che “la portata della guerra è senza precedenti: 103 gruppi tattici a livello di battaglione impegnati: fino a 33.000 russi morti, feriti, dispersi o catturati; un tasso di perdite fino a 200 al giorno tra i difensori ucraini; 77.000 kmq di territorio conquistato (dai russi, ndr); tassi di consumo di munizioni tali da esaurire in pochi giorni le scorte combinate di diversi Paesi Nato; l’obiettivo deliberato di civili con 4.700 morti e 8 milioni di rifugiati. Per noi, la natura viscerale di una guerra terrestre europea non è solo una manifestazione di lontane nuvole di tempesta all’orizzonte; la vediamo ora”.

In realtà qualche precedente ci sarebbe, ma l’enfasi è l’anticamera del protagonismo.

“L’Articolo V [del Trattato Nato] rimane la pietra miliare della nostra sicurezza nazionale. Il conflitto in Ucraina annuncerà, credo, un cambiamento di paradigma nel modo in cui la Nato provvede alla deterrenza collettiva; da una dottrina di reazione alle crisi a una di dissuasione. Questo è il principio al centro dell’operazione di mobilitazione: la Russia deve sapere che non può ottenere una rapida vittoria localizzata, che in qualsiasi circostanza e in qualsiasi lasso di tempo perderà se si scontrerà con la Nato”.

E non c’è solo l’Ucraina: “La Difesa non può ignorare l’ascesa esponenziale e la sfida cronica della Cina, non solo nel Mar cinese meridionale, ma anche attraverso le sue attività sotto-traccia in tutto il mondo. Pechino osserverà con attenzione la nostra risposta alle azioni di Mosca. Ma cedere altro territorio a Putin potrebbe rivelarsi un colpo fatale al principio di sovranità nazionale che ha sostenuto l’ordine internazionale dal 1945” (salvo qualche piccola eccezione nei Balcani, in Medio Oriente e altrove dove siamo stati noi a violarlo).

E allora: “Visti gli impegni degli Usa in Asia negli anni 20 e 30 [di questo secolo], credo che l’onere della deterrenza convenzionale in Europa ricadrà sempre più sui membri europei della Nato e della JEF. A mio avviso è giusto così: assumersi l’onere in Europa significa poter liberare maggiori risorse statunitensi per garantire la protezione dei nostri valori e interessi nell’Indo-Pacifico”.

Sanders con queste parole sembra escludere l’onere della deterrenza nucleare che la Nato già rivendica dal 2010. Sembra poi assecondare il desiderio statunitense di affidare a Londra il ruolo di sceriffo europeo per conto della Nato e quello inglese di assumerlo. In tale direzione sembra andare il riferimento in sordina alla JEF (Joint Expeditionary Force, ndr).

Il Regno Unito assieme alla Polonia è stato il primo paese a fornire armi e aiuti a Kiev e fin da prima dell’invasione ha allertato le proprie forze strategiche nucleari (sommergibili e missili Trident) e attivato la cosiddetta “Nato del nord”, struttura prevalentemente navale costituita da forze Nato e non Nato dirette dalla Gran Bretagna, la JEF, appunto.

La struttura si basa su accordi bilaterali con Svezia, Finlandia, Olanda, Norvegia, Estonia, Lettonia, Lituania, Danimarca e Islanda per l’impiego di un corpo di spedizione e risposta rapida nell’area del Mare del Nord, del Baltico e dell’Europa orientale.

Sanders si rende conto che con la JEF la Gran Bretagna possiede già gli strumenti giuridici e operativi per fare la guerra contro la Russia, ma ritiene che non bastino né a parare la minaccia né a coinvolgere tutta la Nato. “La guerra in Ucraina ci ricorda anche l’utilità del Potere terrestre: ci vuole un esercito per tenere e riconquistare il territorio e difendere gli abitanti. Ci vuole un esercito per dissuadere. E l’esercito britannico, farà la sua parte insieme ai nostri alleati”.

Anzi, di più: “Il vertice di Madrid è un’opportunità tempestiva per dimostrare la nostra leadership nella Nato e il nostro impegno duraturo coi nostri alleati. Mobilitare l’esercito per prevenire la guerra è l’atto di leadership più tangibile che io possa offrire: il Regno Unito guiderà [la Nato] con l’esempio”.

È il famoso esempio “trascinatore”, ma anche un preciso disegno strategico: le iniziative al di fuori della Nato porterebbero a una guerra diretta tra Londra e Mosca ben prima di eventuali aggressioni e a prescindere da esse. Di fatto tali iniziative permettono comportamenti provocatori e aggressivi, magari non voluti o autorizzati dalla Nato, per poi invocare l’art. 5 e trascinarla in guerra.

L’ambiguità della JEF, come di altre iniziative bi o multilaterali contro la Russia, costituisce la premessa “capestro” per la Nato e per gli Usa.

Sempre al livello strategico, dice Sanders: “In Ucraina abbiamo visto i limiti della deterrenza attraverso la punizione”. In effetti, la minaccia di punizione non ha funzionato: Putin non è stato frenato dal timore e quando ha ritenuto che fosse stata superata la linea rossa della minaccia esistenziale per la Russia ha assunto il rischio di punizione in tutti i modi previsti da Usa, Nato ed Europa: sanzioni e cessione di armi a Kiev compresi.

Per Sanders, l’andamento del conflitto “ha rafforzato l’importanza della deterrenza attraverso la negazione – dobbiamo impedire alla Russia di impadronirsi del territorio – piuttosto che aspettare di rispondere a una presa di terreno con una controffensiva ritardata... Se non riusciamo a dissuadere, non ci sono altre buone scelte, dato il costo di un potenziale contrattacco e la relativa minaccia nucleare. Dobbiamo quindi opporre forza alla forza fin dall’inizio ed essere pronti a combattere per il territorio Nato.

Se questa battaglia arrivasse, probabilmente saremmo in inferiorità numerica nel punto di attacco e il combattimento sarebbe infernale. È improbabile che gli scontri aerei, marittimi o informatici possano dominare. Nessuna singola piattaforma, capacità o tattica potrà risolvere il problema, il dominio decisivo sarà ancora quello terrestre”.

I passi per la mobilitazione: “Primo, e più importante, aumentare la prontezza. La Nato ha bisogno di forze altamente pronte che possano schierarsi con breve preavviso... e che l’esercito sia sempre più pronto a una guerra ad alta intensità in Europa. Per questo motivo accelereremo il ritmo dell’addestramento alle operazioni combinate e ci concentreremo sul combattimento urbano. Ricostituiremo le nostre scorte [quasi azzerate dagli aiuti all’Ucraina] e rivedremo la funzionalità dei veicoli corazzati...

In secondo luogo, accelereremo la modernizzazione descritta nel Soldato Futuro. La Nato ha bisogno di eserciti moderni e tecnologicamente avanzati...

Cercheremo di accelerare la consegna dei nuovi equipaggiamenti previsti, tra cui i sistemi di fuoco a lunga gittata, l’aviazione d’attacco, la sorveglianza continua e l’acquisizione degli obiettivi, i dispositivi logistici per le forze di spedizione, la difesa aerea terrestre, la mobilità protetta e le tecnologie che si riveleranno fondamentali per la nostra ambizione digitale: CIS e guerra elettronica. E tutto questo inizierà ora, non in un momento imprecisato del futuro...

In terzo luogo, ripenseremo il nostro modo di combattere. Abbiamo osservato da vicino la guerra in Ucraina e stiamo già imparando e adattandoci. Molte lezioni non sono nuove, ma vengono ora applicate. Ci concentreremo sulla manovra combinata, soprattutto nella battaglia in profondità, ed elaboreremo una nuova dottrina radicata nella geografia, integrata con i piani di guerra Nato e sufficientemente specifica da guidare investimenti mirati e pertinenti e ispirare l’immaginazione del nostro popolo a combattere e vincere se richiesto”.

In pratica si tratterebbe di un ritorno alla Air-Land Battle e altre concezioni degli anni '70-'80 del secolo scorso, che Sanders non può aver conosciuto, ma dei cui piani la Nato ha le casseforti piene.

"In quarto luogo, sono pronto a rivedere la struttura del nostro esercito... tuttavia, sarebbe perverso se lo Stato maggiore sostenesse la riduzione delle dimensioni dell’esercito mentre in Europa infuria una guerra terrestre e le ambizioni territoriali di Putin si estendono al resto del decennio, e oltre l’Ucraina...

Ma la mobilitazione richiede anche di ridurre ciò che ci rallenta. Voglio che tutti voi, mi rivolgo all’Esercito, identifichiate quelle aree delle nostre procedure e della nostra burocrazia che vi portano via tempo – come ogni istituzione pubblica, abbiamo accumulato alcuni ostacoli che ci rallentano – ma non siamo un’istituzione qualsiasi, quindi è ora di eliminarli.

La mobilitazione non è solo un obiettivo interno. Dobbiamo portare dalla nostra parte l’industria per realizzare e accelerare gli ambiziosi obiettivi di modernizzazione che ci siamo prefissati... Non possiamo accendere i forni delle fabbriche in tutta la nazione alla vigilia della guerra; questo sforzo deve iniziare ora se vogliamo evitare che la guerra si verifichi”.

E, last but not least: “Dobbiamo stare attenti alle attività maligne della Russia più lontano: i nostri hub globali, tra cui il Kenya e l’Oman, continueranno a svolgere un ruolo vitale nel momento in cui cercheremo di mobilitarci per far fronte alle aggressioni in Europa, permettendoci di aiutare i nostri partner [Usa, Taiwan, Giappone, Australia?] a garantire un vantaggio strategico in altre parti del mondo.

Questa è la guerra alla quale ci stiamo mobilitando per prevenire, preparandoci a vincere. Con i nostri partner Nato e JEF. Contro la minaccia russa. Nell’Europa orientale e settentrionale. E così facendo spero che non dovremo mai combatterla”.

Tutto molto razionale e militarmente ortodosso. Ed è in questa direzione che sembra stiano andando le risorse. Tuttavia, la mobilitazione e la preparazione della guerra contro un avversario che “dopo la guerra in Ucraina sarà più forte e pericoloso di prima” porta o al conflitto aperto Usa/Nato-Russia o al muro blindato e corazzato tra Europa e Russia, cosa che abbiamo già visto e vissuto e che questa volta non avrebbe né il salvagente della reciproca deterrenza nucleare né la prospettiva di vivere senza l’assillo di altri conflitti.

Del ragionamento di Sanders rimane da verificare se i presupposti dell’immanenza e imminenza della minaccia russa siano corretti. In ogni caso, le premesse da lui enunciate rendono vana la sua stessa speranza di non dover combattere la guerra alla quale occorre prepararsi.

In tutto questo, ci si può chiedere che fine viene riservata all’Ucraina, o di ciò che ne rimarrà, e ai profitti della Ricostruzione in cui tutti sperano. Nella visione di Sanders sembra destinarla a essere ricostruita come base avanzata delle forze Nato in Europa, completamente militarizzata, con la leadership politica in mimetica e costante videoconferenza, con le infrastrutture specializzate per l’attacco militare come una grande Corea del Nord.

L’organizzazione sociale sarà rivolta al supporto alle truppe di trenta e più paesi. La Gran Bretagna potrà finalmente rischierare tutto il proprio esercito in Europa come già avvenuto con l’Armata del Reno in Germania che potrà chiamarsi Armata del Dnepr.

La Polonia e la Germania potranno spostare le proprie basi in avanti e la Francia tornare in Germania. L’Ucraina avrà l’occasione di vivere di rendita militare assicurando i “servizi” di cui tutti gli eserciti del mondo hanno bisogno quando non sono a casa propria.

Non importa se dovrà sacrificare le proprie preziose coltivazioni alle esigenze dei campi di cricket, golf, football e calcio e a quelle altrettanto serie dei poligoni permanenti per le migliaia di carri armati e artiglierie che da qualche parte si dovranno pur addestrare per combattere assieme.

Non male, come inizio, Sir.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento