Le dimissioni di Draghi – vedremo fino a che punto definitive – arrivano proprio mentre cresce la consapevolezza tra le forze sindacali e politiche conflittuali e di base, della necessità di mettere in campo iniziative forti e determinate per cacciarlo via.
Di fronte ad una politica bellicista, economicamente tendente ad una nuova fase di austerità da far pagare a lavoratori e famiglie già in enorme difficoltà, alle prese ogni giorno con la propria condizione di povertà crescente, precarietà, disoccupazione, la fine del governo Draghi è una bella notizia, anche se di per sé non risolve i problemi sul tavolo, e va salutata come tale.
La fine del governo di tutti sotto l’egida dell’Unione Europea e degli Usa, che oggi ne sostengono invece la sopravvivenza affinché prosegua la complicità con gli intenti della NATO, è una precondizione per provare ad affrontare in campo aperto le contraddizioni fortissime, dalla partecipazione alla guerra, alla gestione dell’economia, dalla compressione dei diritti sociali a quelli civili, che oggi attraversano il nostro Paese.
A questo deve prepararsi chi vuole davvero tornare ad essere punto di riferimento credibile per larghe masse di lavoratori e persone che oggi sono abbandonate al populismo e la cui rabbia sociale viene strumentalmente utilizzata dalle destre.
In questo quadro la posizione espressa della Cgil, di sostanziale sostegno a Draghi e al suo ritorno al governo, è la plastica conferma della deriva di questo sindacato e dei suoi sodali Cisl e Uil.
Alle parole roboanti di qualche giorno fa, ha fatto immediatamente seguito il piagnucolio di Landini che auspica che nulla cambi, che Draghi torni, che si continui ad inviare armi, a privatizzare il privatizzabile, a mantenere milioni di persone in povertà.
Qualcuno si stupisce della posizione espressa dalla Cgil, ma evidentemente non vive e non tocca con mano ogni giorno, nei posti di lavoro, la funzione di contenimento della rabbia di classe e di gendarme degli interessi padronali che questa organizzazione esercita costantemente per impedire che il conflitto le tolga potere e consensi.
Se ne vada Draghi e il suo governo, se ne vada con lui Landini e chi invoca la pace sociale per lasciare campo libero ai padroni e al capitale.
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