Il CALP (Collettivo autonomo lavoratori portuali) reagisce con sdegno alla risposta, definita “banale e sciocca” del Sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano all’interrogazione presentata dalla parlamentare Yana Ehm del gruppo ManifestA sul transito di armi nel porto di Genova.
Di Stefano ammette che la nave “Bahri Jeddah” battente bandiera dell’Arabia Saudita, attraccata nel porto lo scorso aprile, proveniente da Baltimora (USA) e diretta verso Alessandria (Egitto) con sbarco di destinazione a Jeddah (Arabia) e Jebel Ali (Emirati Arabi Uniti) trasportava “materiale militare, anche pericoloso ed esplosivo, ma non radioattivo”.
Con una giravolta tecnica di rara ipocrisia, Di Stefano afferma poi che questi transiti, contrastati anche in passato da scioperi e blocchi del porto di Genova, non violino la legge 185/90 sull’esportazione di armi, perché queste non vengono scaricate o maneggiate dai portuali, ma rimangono nelle stive o nei container. Dunque “non si ravvede la necessità di assumere specifiche iniziative in proposito.”
Ma possibile, chiedono i portuali, assistiti dallo studio dell’avvocato Andrea Danilo Conte che “la necessità di rispettare le normative internazionali sui trasporti prevalga su quella di rispettare le normative internazionali sui diritti umani?” Merci prima di esseri umani, insomma. Logica economica a discapito della vita umana. Risposta tecnica invece che politica.
Eppure il transito di armi destinate a Paesi in conflitto e per di più colpevoli di gravi violazioni di diritti umani viola l’articolo 9 del Trattato sul commercio delle armi e anche l’articolo 11 della Costituzione. Inoltre, ricorda il CALP, “il 20 dicembre 2020 la Commissione Esteri della Camera ha votato la risoluzione n. 7-00588 di embargo nei confronti dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, così come hanno fatto molti Paesi dell’Unione Europea. Il 17 settembre 2020 il Parlamento Europeo ha stabilito che le armi esportate in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti vengono utilizzate nella guerra dello Yemen, dove 22 milioni di persone hanno bisogno di protezione e aiuti umanitari”.
“Contrastare il traffico delle armi per noi portuali è una cosa che sentiamo dal profondo del cuore. I nostri padri hanno combattuto il traffico delle armi nella guerra del Vietnam, nel colpo di stato in Cile e nel regime dei colonnelli greci. Noi continueremo sempre a combattere questo traffico della morte. Ci troveranno sempre qua, a prescindere dal governo che ci sarà” promettono.
Ugualmente dura la reazione della deputata Yana Ehm: “La risposta del Sottosegretario Di Stefano alla mia interrogazione è stata assurda. Pur riconoscendo il fatto che le navi “Bahri” sono utilizzate per trasferire armamenti dal Nord America verso l’Arabia, Di Stefano ha addotto delle motivazioni improbabili per giustificare l’ingiustificabile. Il nostro Paese non può far transitare armamenti destinati ai territori di guerra e invece questo accade e sarebbe già accaduto anche in passato.
“Tutti i principali porti italiani sono interessati al transito di armamenti destinati ad aree di conflitto” prosegue la nota della parlamentare di ManifestA. “Nel febbraio 2020, a Genova, fu ordinato il sequestro del cargo libanese «Bana», i cui ufficiali sono stati accusati di traffico d’armi dalla Turchia alla Libia.
Nel maggio e giugno 2021 sono transitati dai porti di Genova, Livorno, Napoli, Ravenna mezzi carichi di bombe destinati a Israele per il bombardamento di Gaza, mezzi contenenti armamenti ed esplosivi di fabbricazione francese sono stati trasportati in oltre 200 container dalle navi della compagnia Ignazio Messina da Marsiglia-Fos (passando per Genova) ai porti sauditi nel periodo 2017-2020. Al largo di Dakar in Senegal è stata sequestrata la nave «Eolika» – sotto bandiera guyanese – partita da La Spezia con un carico di munizioni Fiocchi destinato alla Repubblica Dominicana.
I transiti descritti, se provati, contrasterebbero palesemente il valore costituzionale sancito dall’art. 11, i principi sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”
Dal canto suo The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei denuncia “l’assoluta assenza di trasparenza e la negazione concreta dell’accesso alla documentazione di carico delle navi saudite” e ritiene “del tutto legittime e ragionevoli le proteste di lavoratori, abitanti e associazioni, vista una situazione di pericolo oggettivo che si ripete nel porto di Genova in media ogni tre settimane da ben otto anni.”
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