Non so se ve ne siete accorti, ma la guerra è scomparsa dalla campagna elettorale di tutti i principali partiti e dei loro alleati.
Il governo Draghi e Meloni hanno portato l’Italia in guerra contro la Russia, hanno inviato armi (e continuano a farlo), hanno deciso di aumentare le spese militari, hanno proclamato sanzioni di cui paghiamo e pagheremo costi enormi. Questo contro la grande maggioranza del popolo italiano.
Ora, mentre la guerra continua anche con il nostro contributo, i leader politici non ne parlano più. Sì ogni tanto si punzecchiano su chi siano gli amici di Putin, ma con il tono e la serietà di una battuta da bar.
Poi si inventano altro e la ragione è molto semplice: sull’impegno italiano in guerra, in un modo nell’altro, sono tutti d’accordo.
I più guerrafondai di tutti, Enrico Letta e Giorgia Meloni, devono far finta di essere nemici acerrimi. Altrimenti risalterebbe troppo che sulla più importante decisione della politica italiana dal 1945 ad oggi, stanno convintamente assieme.
Salvini fin dall’inizio del conflitto ha dovuto farsi perdonare le magliette con Putin, quindi vota e si allinea alla NATO, poi parla dei cognomi a scuola. Berlusconi fa il padre nobile della destra e non ama che gli si ricordi il lettone offerto, sempre a Putin.
I centristi Calenda, Renzi, Di Maio, sono impegnati in non si sa cosa con grande successo mediatico, eppure essi, che si definiscono i più fedeli alla NATO, oggi preferiscono distinguersi su altro. Anche perché altrimenti si scoprirebbe che euroatlantici sono tutti, quindi la loro esistenza avrebbe ancora meno senso.
I ‘pacifisti’ come Fratoianni dovranno fare i cespugli con le liste dei guerrafondai, altrimenti addio poltrona, quindi per loro la guerra è finita.
Ed infine Conte, che avrebbe duramente rotto con Draghi mentre invece i suoi ministri sono ancora dentro il governo, già che dice Conte sulla guerra?
Nulla, proprio nulla di concreto. Nei 9 punti presentati a Draghi, oggi immeritatamente considerati la Bibbia di non so quale “sinistra”, la guerra non è nemmeno nominata.
Cosa chiedono i Cinquestelle sulla guerra, a parte essere trattati meglio ed essere considerati veri euroatlantici da tutti gli altri? Nulla.
Essi in realtà non si sono mai davvero pronunciati contro l’impegno bellico italiano e credo che se si votasse cento volte su questo, come la prima volta sarebbero a favore.
Ecco perché la guerra è scomparsa dalle elezioni, non dalla vita, in Italia. Perché sono tutti in guerra, fanatici o anche riluttanti. Mentre la maggioranza del paese non vorrebbe esserlo.
Il no alla guerra è una pregiudiziale, è il primo spartiacque della politica: o di qua o di là. Per questo tutti quelli che stanno di là non ne parlano, perché vogliono raccogliere voti facendo finta di essere in grande conflitto tra loro, mentre sul conflitto vero, quello dove piovono le bombe e la gente muore, sono tutti d’accordo. O vogliono mettersi d’accordo.
Ecco io vorrei alleanze tra coloro che vogliono dare voce a quel 55% di italiani che rifiuta la guerra, contro il 95% dei politici a favore di essa.
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