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25/07/2022

La UE scopre che in Africa non è più la benvenuta

È una intervista illuminante quella rilasciata dall’inviata speciale della Ue per l’Africa, Emanuela Del Re, all’agenzia Agi.

Le missioni militari europee Barkhane e Takuba si sono dovute ritirare dal Mali ed anche negli altri paesi africani cresce l’insofferenza per una presenza militare e coloniale non richiesta.

“Noi europei ci siamo resi conto che non sempre i nostri principi ispiratori sono condivisi o automaticamente comportano reazioni prevedibili da parte di altri attori internazionali” afferma l’inviata della Ue.

Paradossalmente, ma solo per chi ha una consolidata visione eurocentrista del mondo, l’atteggiamento oltranzista della Ue contro la Russia ha riservato amare sorprese alle cancellerie europee abituate a considerare il Sahel il proprio “cortile di casa”.

A lasciarlo capire è proprio la Del Re affermando che “quando c’è stata la risoluzione Onu che condannava l’invasione russa dell’Ucraina, in Africa le reazioni non sono state tutte a favore. In realtà ci aspettavamo un’adesione corale, ma ciò non è avvenuto. Le motivazioni, così come me le hanno spiegate alcuni capi di stato africani, sono dovute al senso di distanza dalla questione Ucraina e dal timore di perdere i piccoli vantaggi che derivano dal loro rapporto con la Russia”.

Da questo nasce il campanello d’allarme nei rapporti tra Ue e Sahel. “Non sono motivazioni sufficienti, per l’Ue, ma ci devono far riflettere” – dice l’inviata della Ue – “Non possiamo dare per scontata la nostra autorevolezza in materia di valori soprattutto legati ai diritti umani e contro le aggressioni arbitrarie. Se vogliamo restare ancora autorevoli e vogliamo ancora mantenere questo primato di produttori di forti principi ispiratori per la politica internazionale è arrivato il momento di rivedere alcuni nostri linguaggi e alcuni nostri comportamenti per renderli più adatti alle sfide contemporanee”.

La maggiore preoccupazione dell’Unione Europea nel Sahel è quella di perdere il controllo sui paesi africani che dispongono di materie prime preziose per la transizione industriale. Per questa ragione, la consapevolezza autocritica dell’inviata europea, cede subito il passo alla logica della competizione – in particolare con la Russia ma anche con la Cina.

E anche in questo caso ci si rifugia dietro l’alibi della disinformazione della Russia come fattore consolatorio per la propria sconfitta sul terreno. Ad esempio anche sulla crisi del grano.

“La crisi alimentare è alle porte. Oltretutto si inserisce in un contesto già estremamente provato” afferma la Del Re – “Io mi trovo spesso a dover ribadire in Africa, e qui torniamo al discorso della disinformazione, che non è l’Unione europea ad aver voluto questo. Si sta diffondendo una narrativa denigratoria falsa contro l’Unione europea che è in realtà il partner principale, più affidabile del Sahel, come dico spesso “naturale” della regione”.

Viene da chiedersi come mai la Ue non si ponga il problema di fondo. L’Africa è strastufa del colonialismo europeo e della sua pretesa di egemonia. Se così non fosse, non ci sarebbe disinformazione che tenga, anche perché gli europei dispongono di molti più strumenti di comunicazione francofoni e anglofoni in Africa di quanti ne disponga la Russia. Hanno una rete enorme di Ong che probabilmente sul terreno si sono fatte apprezzare molto meno di quanto vorrebbero farci credere gli spot televisivi alla continua ricerca di donazioni private da affiancare a quelle dei governi.

I paesi africani hanno fiutato che il mondo sta cambiando e che nella sua dimensione multipolare possono cominciare a negoziare con maggiore forza anche con l’Unione Europea, le sue multinazionali, le sue Ong, i suoi governi e, quando necessario, di poterne farne a meno perché hanno altri interlocutori – dalla Russia, alla Cina, alla Turchia – che, almeno nell’immediato, hanno una visione meno corta della cooperazione di quella stabilita negli accordi-capestro che la Ue ha imposto all’Africa in questi anni di dominanza del liberismo e del colonialismo di ritorno.

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